La scrittura del drammaturgo e regista argentino Rafael Spregelburd (qui coadiuvato da Manuela Cherubini, sua traduttrice e qui anche co-regista) è semplicemente eversiva, quasi visionaria: Furia avicola, il nuovo spettacolo del drammaturgo e regista argentino (in scena fino al 22 febbraio al Teatro India di Rima) è sorprendente e surreale. Arte e burocrazia sono i due capisaldi entro cui si muove pretestuosamente lo spettacolo (due atti e un intermezzo) e la riflessione del regista sulla società moderna e sulla sua deriva. L’incipit è offerto da un semplice fatto di cronaca che vede protagonista un’anziana parrocchiana che decide arbitrariamente di “restaurare” un Ecce Homo, affresco della cappella di Borja, paesino non lontano da Saragoza, in Spagna. Il restauro di fatto si rivelerà una vera e propria deturpazione innescando polemiche, ma anche riflessioni sul senso dell’arte, della sua trasformazione e del suo impatto nella società moderna attraverso le dissertazioni di due snobissimi intellettuali-docenti francesi che tentano invano di offrire risposte a un evento più che altro mediatico. Il secondo atto approfondisce invece l’assurdo meccanismo della burocrazia che tende a fagocitare la società e a stravolgere, deformandoli gli uomini. In un ufficio non ben identificato si consumano e si trascinano le vite di una serie di impiegati e dirigenti che via via mostrano frammenti della propria vita alle prese con l’immobilità del proprio lavoro, delle difficoltà di relazionarsi, incapaci di affrontare e vivere a pieno il cambiamento.
A rendere ancor più incisiva la struttura e il senso dello spettacolo è anche certamente la contaminazione visiva e del linguaggio attraverso l’utilizzo di traduttori simultanei, di scene video e proiezioni (Video Igor Renzetti, immagini Ale Sordi, musica originale Zypce) che culminano nella spassosa e irriverente Babele centrale della lingua nell’intermezzo.
“Tutto cambia e si trasforma, i miti di unità e definizione cui siamo affezionati si mostrano inadeguati a incarnare la trasformazione, perché strumenti riduzionisti di fronte a una realtà complessa, così come ci dimostrano le basi della scienza della complessità” Spiegano Spregelburd e la Cherubini che portano argutamente la trasformazione perenne che gli uomini sembrano loro malgrado incapaci di gestire e di curare. Lo spettacolo nasce come proseguimento produttivo dell’esperienza dell’Ecole des Maîtres, il corso europeo di perfezionamento teatrale che il regista argentino ha diretto nell’estate 2012 con attori provenienti da quattro paesi europei e sul palco si avvicendano Rita Brütt, Fabrizio Lombardo, Luisa Merloni, Laura Nardi, Amândio Pinheiro. In scena fino al 22 febbraio al Teatro India di Roma.