Personaggi e interpreti:
Anja: Alessio Calciolari
Varja: Gianluca Di Lauro
Sarlotta: Sax Nicosia
Duniasa: Stefano Orlandi
Liuba: Lorenzo Piccolo
Firs: Ulisse Romanò
Assistente alla regia: Luisa Costi
Luci: Giulia Pastore
Audio: Giuliana Rienzi
Scene: Clara Storti, Selena Zanrosso
Costumi: Giada Masi
Produzione: Nina’s Drag Queens in collaborazione con Atir Teatro Ringhiera e Accademia di Belle Arti di Brera
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Ci sono luoghi dell’anima o di una vita intera da cui è arduo allontanarsi quando gli eventi lo costringono. Paesi natii, posti di lavoro, loci cordis zeppi di memorie, paesaggi mentali o sonori…e un giardino di ciliegi. L’ultimo lavoro di Cechov, scritto nel 1903, verte proprio su questo tema: Liuba ritorna nella proprietà di famiglia, in seguito messa all’asta per riuscire a pagare l’ipoteca. Ogni tentativo per salvare l’area dal disboscamento sarà vano, perché le dinamiche socio-economiche russe al declino del XIX secolo, quali la nascita della borghesia e la conseguente decadenza dell’aristocrazia, avranno la meglio.
Nina’s Drag Queens rilegge il capolavoro cechoviano in Il giardino delle ciliegie. Étude pour un vaudeville plein de paillettes. La vicenda è ridotta all’essenziale, per dare spazio all’intimo delle protagoniste, sei donne solidali fra loro costrette a farsi comunità nell’antica magione. Entrano in scena vestite di nero, come ombre di una dimensione ormai svanita, ma si svelano colorate farfalle uscite dal bozzolo grazie ai costumi di Giada Masi. Si trincerano nel giardino, simbolo di un mondo fragile, incerto e, se vogliamo, liminare. Quei pochi contrasti che emergono si risolvono con una risata, con uno sberleffo, con un ballo in allegria. Quando tutto ormai è perduto, rimane sul palco solo Firs che, trafitta da un raggio di luce, constata: “La vita è passata e non me ne sono neanche accorta”, come spesso ci capita nelle nostre quotidiane meditazioni.
La regia di Francesco Micheli si affida completamente all’esperienza delle attrici. Nina’s Drag Queens, compagnia composta da Alessio Calciolari, Gianluca Di Lauro, Sax Nicosia, Stefano Orlandi, Lorenzo Piccolo, Ulisse Romanò, si approccia a un classico del teatro in maniera intelligente e originale. Recitano non solo con la voce, ma soprattutto con una coralità corporea. La loro poetica è fatta “dei musical con Ester Willliams, i programmi del sabato sera, le feste barocche alla corte dei Medici, i video di Madonna, il Living Theatre, i film di David Lynch e i capelli di Moira Orfei”. Riuniscono in un solo fisico sessi diversi, opposti e contradditori, vivendo un’identità irrisolta come quella delle eroine di Cechov.
Suggestive le scene di Clara Storti e Selenza Zanrosso, che sospendono le protagoniste tra la terra e un cielo da cui pendono oggetti di plastica, a formare la chioma di un albero illuminata da vari tagli di luce curati da Giulia Pastore. Le donne diventano così rami di ciliegio, sospinte incessantemente dal vento dei ricordi, delle delusioni, delle passioni e di dure realtà da accettare. Intervallano i vari snodi drammatici della vicenda alcuni siparietti musicali, durante i quali rivivono Mina, Patty Pravo, Björk e l’Evgenij Onegin di Ciackovskji. Altri attimi sono commentati da covers particolari di Il cielo in una stanza, Volare, Yesterday.
Il pubblico di Mirano, non numeroso, ha gradito, chiedendo pure un bis, desiderio a cui la compagnia ha risposto con Volare.