“Era una consuetudine della musica blues il prendere a prestito versi e note da fonti coeve dell’epoca, tanto orali quanto registrate, addizionarle alla propria musica o a un proprio arrangiamento e ritenerla a tutti gli effetti una nuova canzone.” (Robert Palmer)
Robert Leroy Johnson (1911-1938), è considerato uno dei più grandi e influenti musicisti del ventesimo secolo. Fu parte integrante del blues nato sul delta del Mississippi, denominato Delta Blues, e la sua rivoluzionaria combinazione di tecnica chitarristica (Rolling Stone Magazine lo ha inserito tra i cento migliori chitarristi di sempre) canto e improvvisazioni, durante le ventinove registrazioni fatte tra il 1936 e il 1937, ha costituito una base imprescindibile per intere generazioni di musicisti a venire, tra cui Willie James Dixon.
“Il fenomeno più tipico della musica blues, sono le floating lyrics (testi fluttuanti). Queste linee di accordi e di testi, sono circolate così a lungo nelle comunità folk e blues che i vari interpreti, imbevuti di queste tradizioni, le richiamano immediatamente alla mente e le riordinano costantemente, spesso inconsapevolmente, per soddisfare la loro estetica personale e collettiva.” (Carl Lindhal).
Willie James Dixon (1915-1992), cantautore e contrabbassista blues ha incarnato una linea di assoluta continuità tra il blues rurale del delta del Mississippi, incorporandolo con quello del blues di Chcago e il rock and roll. I suoi blues sono stati fondamentali per la formazione artistica dei più grandi interpreti della musica degli anni 60 e 70. È stato anche arrangiatore e produttore discografico della Chess Records di Leonard Chess, specializzata in musica blues, rock and roll e rhythm ’n blues e, insieme ad artisti, tra gli altri, del calibro di Muddy Waters e Howlin’ Wolf, ha forgiato la carriera di assolute leggende quali: Bob Dylan, Jimi Henrix, The Rolling Stones, Jeff Beck, Eric Clapton, Yardbirds, Cream, Doors, Led Zeppelin.
Poirot consiglierebbe di vedere il film “Cadillac Records” (2008), dove viene raccontata la storia della Chess Records e delle origini del blues.
Ma adesso, dopo questa breve guida all’ascolto, da tenere sempre in mente per questa e anche per le prossime puntate, sembra quasi che la puntina stia per iniziare a fare il suo lavoro.
È il primo album della band, il loro nome e basta. L’appellativo di I, viene dato per comodità, onde per cui vi sfido a trovare un numero sulla copertina.
Esce nel gennaio del 1969 subito dopo il loro breve, ma sconvolgente, tour negli Stati Uniti. Sono sufficienti solo 36 ore di registrazione negli Olympic Studios di Londra, una velocità frutto da alcuni pezzi già provati dai “New Yardbirds, e da rivisitazioni di brani di Willie Dixon, per un album ampiamente influenzato dal blues e dal folk, come, del resto, i successivi.
All’epoca furono definiti “pesanti”, di cui “heavy”, o duri, da qui “hard”, come se una o uno, abituati al Commodore 64, si trovassero improvvisamente in mano un I-Phone (Direttore, se ravvisi pubblicità occulta, puoi cambiare la frase da “I primordi del pc” al “Ma perché devo essere sempre connesso?”).
Perdonatemi, ma non ce la faccio a catalogare i Led Zeppelin come i padri di qualcosa. Sono i Led Zeppelin, unici, inimitabili, e se proprio volete dargli l’etichetta hard, mettiamoci d’accordo sul definirli: hard blues & co, nonché varie ed eventuali. Mia personalissima opinione, ed è bene che, per la collettività, ognuna o ognuno abbia la propria di opinione.
Comunque il costo della produzione, compresa la copertina, di questo primo album è di circa 1.750 sterline.
Alcune fonti riportano che l’album, solo sino al 1975, abbia incassato sette milioni di dollari.
È, però, curioso il fatto che all’uscita del disco, la stampa specializzata lo accolga con freddezza, trasformandosi poi, man mano che le copie vendute scalavano le classifiche, in elogi a non finire e, quindi, naturalmente con il successo, alle prime accuse di plagio. Accanto al titolo di ogni brano trovate, tra parentesi, i crediti degli autori pubblicati nell’edizione originale del 1969 dell’Atlantic Records di Ahmet Ertegun.
“Ci ritrovammo a suonare in una stanza e, poco dopo, ci rendemmo conto di cosa stava succedendo. Iniziammo a ridere, per la gioia o per la consapevolezza di quel che potevamo fare noi quattro insieme.” (Jimmy Page)
Che la puntina prenda, finalmente, vita:
1 – Good Times, Bad Times (Page, Jones, Bonham)
Qui si va sul sicuro, nessuno, sino ad oggi, ha reclamato alcun che. È stato pubblicato come singolo per lanciare l’album e fa un po’ di tenerezza, ascoltandolo oggi, pensare che fosse ritenuto, all’epoca, così pesante e duro. Ma nessuno, prima, aveva ascoltato una batteria, una chitarra, un basso e una voce così.
2 – Babe I’m Gonna Leave You (Traditional arr. Page)
Adesso le cose si fanno un po’ più complicate. Page & Plant erano fans di Joan Baez, ascoltano una sua interpretazione del 1963 (chissà, forse proprio nella house boat di Jimmy), che non riporta l’autore del brano che stanno ascoltando, forse c’è scritto solo “traditional”. Questa è la versione, live, di Joan Baez del brano “Babe” , lasciate perdere che poi sul link trovate anche scritto “I’m gonna leave you”, l’aggiunta potrebbe, certamente, essere posticcia. Ascoltato? Ok, posso usare solo youtube, voi potete andare oltre con altri mezzi, in quanto, su quella piattaforma, non ho trovato il brano originale “Babe” di Anne Brendon, scritto nel 1950. Non so nemmeno se l’autrice si sia rivalsa con Joan Baez. Ma dalla fine degli anni ottanta in poi, (dopo un quasi innocuo patteggiamento) in tutte le ristampe di “Led Zeppelin”, vengono riportati, come autori: Anne Brendon, Jimmy Page, Robert Plant. Sebbene alcuni giri armonici, opinione personale, vanno ben oltre, come il riff di chitarra, in crescendo, o con l’estensione vocale di Plant, che aumentano il fascino del brano. Solo per curiosità, a prescindere, vi propongo un pezzo bellissimo dei Chicago (ammetto che non so se erano ancora conosciuti come Chicago Transit Authority), uscito nel 1970, quindi un anno dopo, il cui riff portante, un po’ mi somiglia: “25 or 6 to 4”
Ma, in fondo, che male si fa a trasformare la musica?
3 – You Shook Me (Dixon, Lenoir)
Come riportato nei crediti del brano, gli autori sono Willie Dixon insieme J.B. Lenoir, quindi, nessun plagio (eppure, all’epoca c’è stato qualcuno che lo ha scritto, che era un plagio), solo la genialità di dare un impulso innovativo al blues. Per un raffronto del lavoro fatto dagli Zeppelin, ecco la versione originale di Willie Dixon
Sei minuti e mezzo per un brano destinato a diventare uno dei simboli del gruppo. Dove il blues si mescola con la psichedelica, passando dall’intenso giro di basso di John Paul Jones all’intermezzo onirico dell’assolo di chitarra di Page, suonato con l’archetto del violino, alla performance vocale di Plant. Page scrive questo brano nel 1967 per gli Yardbirds, questa è la loro esibizione alla tv francese dello stesso anno , rielaborando il tema di un folk singer, Jack Holmes, questo . Evidente è la completa trasformazione del brano, tanto che Page si è sempre difeso con successo dalle accuse di plagio e solo nei crediti del famoso concerto per la riunione della band (Celebration Day, 2007), il brano riporta nei crediti: “ispirata da Jake Holmes”. Le accuse, all’epoca, continuano per il fatto che la canzone fosse stata già suonata dagli Yardbirds, ma non ci vedo niente di male se il suo autore, Page, allo scioglimento del gruppo, se la porta dietro insieme all’archetto del violino, espandendola e apportando ancora più nuove armonie nella versione dei Led Zeppelin. Ecco una versione live, tratta dal film “The Song Remains The Same” (1976), registrata al Madison Square Garden di New York durante la loro tournèe del 1973. Il brano viene espanso fino a quasi mezzora, quindi prendete le ferie per ascoltarlo e vederlo, sperimentando cosa i Led Zeppelin erano capaci di fare sul palco, con i battiti precisi e potenti del cuore pulsante della band, la batteria di Bonzo Bonham .
Ora, se fosse un vinile, bisognerebbe girare il disco sul lato B, ma, siccome si vuole essere moderni, si prosegue, con la numerazione del CD.
5 – You Time is Gonna Come (Page, Jones) / 6 – Black Mountain Side (Page)
Li ho messi insieme per non disturbare l’ascolto, proprio come sul disco, con il secondo brano che si sovrappone sulla fine del primo, youtube è davvero magico. Come l’organo Hammond, suonato da John Paul Jones, che fa da filo conduttore della traccia numero cinque, si direbbe oggi, o la prima del lato B, si dice ancora oggi, perché il vinile sta tornando.e il selfie tornerà a chiamarsi autoscatto, di cui i rullini. Il brano che si sovrappone è una divagazione acustica, una perla per i chitarristi o per gli ex-chitarristi come me. Ma, del resto, mi chiedevano sempre “La Canzone del Sole” (rispetto per Lucio). Vuoi mettere che era per il fatto che non avevo Bonzo a suonarmi le percussioni? Ma c’è anche questa, precedente, di Bert Jansch, si parla del mare della Scozia invece di una montagna . Sonorità tipiche di un brano del folk celtico, di cui i Pentangle, fondati da Jansch, ne sono stati maestri. Nessuno ne ha mai reclamato i crediti.
7- Communication Breakdown (Page, Jones, Bonham)
Altro brano di derivazione Yardbirds, dove però ci mettono le mani anche Jones e Bonham. Ho cercato il file preposto per il confronto ma ne ho trovato solo uno, con il nome “New Yardbirds”, che erano già gli Zeps, quindi, qualcuno, ci marciava sopra.
8 – I Can’t Quit You Baby (Dixon)
È il secondo brano di Dixon, come correttamente riportato nei crediti del disco. Questa è la sua
9 – How Many More Times (Page, Jones, Bonham)
Si potrebbe definire anche la fine di un’amicizia. Spero di no, e che, invece, Beck e Page si vogliano ancora bene. Jeff Beck aveva già registrato “You Shook Me” per un suo album, proprio come hanno fatto I Led Zeppelin. Afferma, inoltre, di avere scritto gran parte del brano numero nove, il terzo e ultimo di derivazione Yardbirds, la stessa cosa che dice anche Jimmy Page che ha anche prodotto il brano. Infine, alcuni elementi di questa canzone, secondo alcuni, possono richiamare un pezzo il Beck’s Bolero (di cui alla seconda puntata) . Sta di fatto che tutte queste divergenze, o convergenze, portano alla rottura di un’amicizia che perdurava dall’infanzia. Il mistero, continua. Appunto.
– continua –