C’è da chiedersi quante volte la parola “vita” venga pronunciata dai personaggi di “Tre sorelle”. Se analizzassimo il testo giungeremmo a contarne davvero tante. Vita, come un invito a vivere pienamente mai effettivamente realizzato, un invito ad andare ma senza muoversi, a resistere quando i sogni si scontrano con la realtà. È partendo da questa considerazione che Claudio Di Palma, il regista della pièce che ha debuttato in prima nazionale al Mercadante di Napoli, inserisce un elemento scenico apparentemente non conforme al testo: una barca arenata. Proprio a proscenio, incastrata tra le assi di legno del palco del Mercadante. «Perchè», scrive «non può andare da nessuna parte. Può eventualmente esprimere il segno di una partenza sperata, ma niente di più».
Si riferisce evidentemente al desiderio di Ol’ga, Maša e Irina, le tre sorelle protagoniste, di ritornare a Mosca. Le tre vivono infatti in una piccola città di provincia, da Mosca si erano trasferite anni prima insieme al padre, il generale Prozorov, venuto a mancare. Tre sorelle con desideri e sogni che si scontrano duramente con la realtà, che reagiscono diversamente all’insoddisfazione per l’ambiente in cui vivono. Tutte falliscono e dovranno chiedersi alla fine il perchè delle loro sofferenze quel “Poterlo sapere, poterlo sapere!” che dà tutto il senso dell’amarezza.
Ma come accade nei testi di Cechov l’azione manca, la scrittura del grande drammaturgo russo si fa quasi poesia nelle descrizioni, nella narrazione di ciò che è accaduto, di ciò che è stato ma anche filosofia in ciò che si desidera. Sembra di assistere ad una stasi tra passato e futuro narrato dai protagonisti sconfitti. Come mettere in scena tutto questo? Si opta spesso per il simbolo. Ed è proprio nel segno del simbolo che si è sviluppato lo spettacolo di Di Palma, con lo stesso cast già messo in scena per “Il giardino dei ciliegi”, l’ultimo lavoro teatrale di Cechov.
Questa volta si va a ritroso e si mette in scena il penultimo lavoro del drammaturgo russo, ma il risultato, come per “Il giardino dei ciliegi” con la regia di Luca De Fusco e in cui Di Palma vestiva i panni di Lopachin, va verso un simbolismo tedioso con una resa scenica priva di picchi, se non per poche eccezioni (molto brava Federica Sandrini nei panni di Irina). Del resto parliamo di due rappresentazioni molto simili: stesso cast e stessa messa in scena pregna di simbolismo. A partire dalle scene, con l’inserimento della barca e pochi elementi a rappresentare l’inconsistenza del luogo “illuminato” da un sole pallido e reso ancor più impalpabile dalle luci e dalle proiezioni che conferiscono un effetto ottico sfumato. Stesso discorso per i costumi, tinte unite per le tre sorelle e giubbe rosse per gli uomini, i colori decisi caratterizzano solo l’arcigna Natal’ja, fidanzata e poi moglie di Andrèj, il fratello di Ol’ga, Maša e Irina.
Non sfuggono agli spettatori altri inserimenti che vanno ad appesantire la già tediosa resa simbolica. Come ad esempio un monologo nel secondo atto, un brano tratto da “Guerra e Pace” sull’incendio di Mosca, messo in bocca al personaggio di Ferapònt. Parallelo tra l’incendio descritto da Tolstoj e quello che scuote la piccola cittadina di provincia nel secondo atto. In quanto all’interpretazione, se i personaggi femminili vengono delineati e interpretati con stile, rimangono in chiaroscuro i personaggi maschili. Pochi insomma i momenti alti, mentre si intravede di tanto in tanto qualche inserimento ironico a voler recuperare quel gusto per il “comico” che proprio Cechov avrebbe voluto venisse fuori nella rappresentazione delle sue opere.
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Andrèj Sergèevicˇ Prozorov Paolo Serra
Natal’ja Ivànovna (Nataša), sua fidanzata, poi sua moglie Sara Missaglia
Ol’ga, sorella di Andrèj SergèevicˇProzorov Sabrina Scuccimarra
Maša, sorella di Andrèj SergèevicˇProzorov Gaia Aprea
Irina, sorella di Andrèj SergèevicˇProzorov Federica Sandrini
Fiodor ll’ícˇKulygin, professore di ginnasio, marito di Maša Gabriele Saurio
Aleksàndr Ignàt’evicˇVeršinin, tenente colonnello, comandante di batteria Andrea Renzi
Nikolàj L’vovicˇTuzenbach, barone, tenente Giacinto Palmarini
Vasilij Vasíl’evicˇSolionyj, primo capitano Paolo Cresta
Ivàn Romànovicˇ Cˇebutykin, medico militare Alfonso Postiglione
Aleksèj PetrovicˇFedotik, sottotenente Massimiliano Sacchi
Vladimir KàrlovicˇRode, sottotenente Enzo Mirone
Ferapònt, vecchio usciere della giunta provinciale Enzo Turrin
scene Luigi Ferrigno
costumi Zaira de Vincentiis
luci Gigi Saccomandi
musiche Ran Bagno
assistente alla regia Alessandra Felli