Opéra-comique in quattro atti
di GEORGES BIZET
su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
dalla novella di Prosper Mérimée
Prima rappresentazione: Parigi, Opéra-Comique, 3 marzo 1875
(Edizione critica di Robert Didion – Copyright e edizione Schott Musik, Mainz;
Rappresentante per l’Italia Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano)
Allestimento del Teatro alla Scala (2009)
Direttore MASSIMO ZANETTI
Regia e costumi EMMA DANTE
Scene RICHARD PEDUZZI
Luci DOMINIQUE BRUGUIÈRE
Movimenti coreografici MANUELA LO SICCO
Personaggi e interpreti principali
Carmen Elīna Garanča (marzo) / Anita Rachvelishvili (giugno)
Don José José Cura (marzo) / Francesco Meli (giugno)
Escamillo Vito Priante (marzo) / Artur Ruciński (giugno)
Micaëla Elena Mosuc (marzo) / Nino Machaidze (giugno)
Frasquita Sofia Mchedlishvili
Mercédès Hanna Hipp
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Maestro del Coro BRUNO CASONI
Coro di Voci Bianche e Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala
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E’ ormai un classico acclamato, più volte ripreso, lo spettacolo di Emma Dante che aveva scandalizzato una parte del pubblico alla prima del 7 dicembre 2009. Una Carmen libera, laica e ribelle, immersa in un mondo mediterraneo fatto di degrado grigio e polveroso, agghindato con arredi sacri, ex-voto e squarci rosso sangue. Una Carmen fanciulla, incontaminata dalle ipocrisie sociali, una martire pura, quasi angelica a dispetto della sua rabbiosa sensualità.
La direzione è affidata a Massimo Zanetti, specialista d’opera stimato in tutto il mondo. Le recite di marzo vedranno protagonista il mezzosoprano lettone Elīna Garanča, al suo debutto operistico alla Scala, e il tenore argentino José Cura, applaudito dal pubblico scaligero da ultimo in Pagliacci nel 2011. Li affiancheranno il baritono Vito Priante nel ruolo di Escamillo e il soprano Elena Mosuc in quello di Micaëla. Per le recite di giugno tornerà nel ruolo della sensuale gitana Anita Rachvelishvili (che appena uscita dall’Accademia Scala esordì con grande successo in questo spettacolo alla Prima del 2009) insieme a Francesco Meli, Nino Machaidze e Artur Ruciński.
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Date:
Domenica 22 marzo 2015 ore 20 ~ prima rappresentazione
Martedì 24 marzo 2015 ore 20 ~ fuori abbonamento
Sabato 28 marzo 2015 ore 20 ~ turno B
Giovedì 4 giugno 2015 ore 20 ~ turno A
Sabato 6 giugno 2015 ore 20 ~ LaScalaUNDER30
Martedì 9 giugno 2015 ore 20 ~ turno C
Sabato 13 giugno 2015 ore 20 ~ turno E
Martedì 16 giugno 2015 ore 20 ~ turno D
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Prezzi: da 230 a 14 euro
Infotel 02 72 00 37 44
www.teatroallascala.org
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L’opera in breve
di Emilio Sala
L’opera, che i più accreditati compilatori di classifiche giurano essere quella
più rappresentata al mondo, ebbe in realtà, quando venne inscenata per la
prima volta al Teatro dell’Opéra Comique di Parigi (3 marzo 1875), un’accoglienza
piuttosto freddina. L’incomprensione del pubblico ferì profondamente
Bizet, che sarebbe morto tre mesi dopo, il 3 giugno, appena trentaseienne.
In realtà, l’opera contò ben 48 repliche, numero tutt’altro che trascurabile,
ma si giovò – paradossalmente – della fama di spettacolo indecente e delle
numerose scomuniche apparse sui giornali. “Le nostre scene sono sempre
più invase dalle cortigiane; è in questa classe che i nostri autori si compiacciono
di reclutare le eroine dei loro drammi e dei loro opéras-comiques”: così
inizia la recensione di Achille de Lauzières pubblicata nel periodico “La Patrie”
(8 marzo). E continua, poco dopo: “È la fille nella più ripugnante delle
sue accezioni [a essere stata messa in scena]; la fille folle del suo corpo, che
si concede al primo soldato venuto, per capriccio, a mo’ di bravata, alla cieca;
[…] sensuale, beffarda, sfrontata; miscredente, senza altra legge che
quella del piacere; […] insomma, una vera e propria prostituta da strada”. Il
cronista del “Petit Journal” (6 marzo) stigmatizzò così l’interpretazione di
Carmen: “La signora Galli-Marié ha trovato il modo di involgarire e di rendere
il personaggio di Carmen più odioso e abbietto di quanto non fosse in
Mérimée. Il suo è stato un trattamento brutalmente realista alla maniera di
Courbet”. Sul “realismo” e su Célestine Galli-Marié (la prima interprete di
Carmen) dovremo ritornare, ma va sottolineato con forza che la coazione a
percepire Carmen come una fille, una prostituta, è una reazione difensiva, tipicamente
borghese, che non ha alcun riscontro nell’opera. Tutt’altro! Carmen
non si vende mai: è una donna libera (ecco il vero scandalo), di una
coerenza assoluta, priva di compromessi: “Jamais Carmen ne cédera, libre
elle est née et libre elle mourra”.
D’altronde, se si vuole misurare la distanza che separa la Carmen di Bizet da
un opéra-comique medio del suo tempo, ci si può rifare a un precedente
adattamento della novella di Mérimée: La fille d’Égypte di Jules Barbier per la
musica di Jules Beer (1862). A scorrere quest’opera insipida, scrive Hervé Lacombe,
“si capisce meglio la formidabile sfida della partitura di Bizet alle
convenzioni edulcoranti dell’opéra-comique”. Ma va anche detto che la Carmen
di Bizet si oppone contemporaneamente alla tendenza “poetizzante”,
tipica di quegli anni (vedi la Mignon di Thomas, 1866), che spingeva l’opéracomique
verso il delicato sentimentalismo del genere trasversale dell’opéralyrique.
In questa direzione si era mosso lo stesso Bizet con la sua Djamileh,
rappresentata all’Opéra Comique nel 1872. E lo stesso vale, in questo quadro,
per la ripresa – curata sempre da Bizet – del Roméo et Juliette di Gounod
andato in scena all’Opéra Comique nel 1873. Dunque, Carmen costituisce
una doppia presa di distanze: dall’opéra-comique tradizionale e dal nuovo
opéra-lyrique. Il “genere” a cui appartiene Carmen resta ancor oggi piuttosto
problematico e incompreso. “Dicono che sono oscuro e complicato spiega
Bizet a sua suocera – ma questa volta ho scritto un’opera che è tutta
clarté e vivacità, piena di colori e di melodia”: una musica elementare come i
meccanismi drammatici che mette in campo.
Forse si può capire meglio Carmen se si parte da L’Arlésienne di Daudet, un
dramma recitato per il quale Bizet scrisse delle bellissime musiche di scena
(1872). L’utilizzo di materiali preesistenti tolti dal patrimonio popolare provenzale,
per creare una sorta di milieu sonoro in cui ambientare l’azione, anticipa
una caratteristica di Carmen: non dimentichiamo che la celeberrima
habanera del primo Atto è imitata da una canzone spagnola allora molto
nota (El arreglito di Sebastián de Yradier). Gli effetti di contrasto (se non di
cortocircuito) tra l’esplosione dolorosa del dramma individuale e il tripudio
sonoro di una musica di scena interna all’azione di sapore popolare e festoso
apparentano strettamente il finale del primo e del quarto tableau dell’Arlésienne
all’ultimo Atto di Carmen. D’altra parte, il potenziamento della dimensione
teatrale è del tutto evidente nell’ultima opera di Bizet. Se la drammaturgia
mista appariva un retaggio del passato al moderno opéra-lyrique (il
Roméo et Juliette già citato era stato rappresentato con i recitativi cantati), i
dialoghi recitati acquistano un rilievo notevolissimo in Carmen. E lo stesso
vale per i mélodrames (la presenza simultanea di recitazione e musica) già
sperimentati nell’Arlésienne. Di ciò oggi ci rendiamo poco conto, perché anche
le edizioni più “filologiche” tagliano a man bassa proprio le parti parlate.
Il famoso “realismo” di Carmen è innanzitutto un fatto strutturale: la
quantità di musica di scena, giustificata dall’azione e interna allo spazio del
suo svolgimento, è del tutto sorprendente e corrisponde al potenziamento
della dimensione teatrale di cui si diceva sopra. Le canzoni di Carmen del primo
e del secondo Atto sarebbero tali anche se pensassimo l’opera nei termini
del puro teatro di prosa; senza parlare poi della canzone da fuori scena di
Don José e di tutta la prima parte del suo duetto con Carmen (secondo Atto):
puro teatro, pura musica di scena. L’interpretazione “realistica” di Célestine
Galli-Marié, la cantante che incarnò Carmen e collaborò strettamente
con Bizet nella messa a punto del personaggio, era fondata, come spiega
ancora una volta Hervé Lacombe, più sull’efficacia dello jeu de scène che
non sul bel timbro e sulla tecnica vocale. Non a caso il successo dell’opera (a
partire dalla famosa ripresa di Vienna dell’autunno 1875) coincide anche con
tutta una serie di interventi, interpolazioni, riscritture e pratiche esecutive,
più o meno giustificate, che intendono normalizzare-edulcorare il dettato bizetiano
e che hanno nella versione di Ernest Guiraud il loro principale luogo
di fissazione. La musicologia internazionale ha incominciato, a partire dalla
discutibile edizione critica curata negli anni Sessanta da Fritz Oeser, un lavoro
di riesame e di ripulitura per risalire a una versione il più possibile vicina alle
intenzioni di Bizet. L’edizione di Robert Didion, che viene presentata alla Scala,
costituisce senz’altro una conquista in tale senso.
L’opera in breve