Omaggio alle donne sabato 7 marzo al Teatro Astra di Torino. Senza retorica, senza orpelli, senza mai un accenno diretto. La data scelta per la prima assoluta è, forse, già un simbolo. C’è solo un’attrice in scena, Caterina Vertova, amata da Strehler, Squarzina, Navello, e lo spettacolo è tratto da un testo di Francesco Zarazana. Si tratta di cinque storie di donne, molto diverse tra loro ma con una caratteristica comune: sono storie vere. Vengono da Marocco, Russia, Afghanistan, Iraq, Israele. Abbiamo così conosciuto una marocchina, una russa (si tratta della giornalista Politkovskaja), un’ebrea, un’afghana ed un’italiana nella loro realtà quotidiana, nei loro affetti, la presenza dei figli è molto importante perché, come dice la Vertova in un’intervista «…In effetti le donne di cui parlo hanno due cose in comune: non rinunciano alla speranza e sono tutte madri. E quando dico madre non penso a chi ha partorito, ma a quel valore universale che è la maternità, che può essere acquisito e rivolgersi a qualunque essere umano». E la bravura dell’attrice stava soprattutto nell’indossare completamente questi personaggi. Oltre che nella parlata, negli sguardi, nei movimenti, nei silenzi c’era anche una mutazione fisica ottenuta con l’ausilio di semplici oggetti: veli, collane, vestiti ed in ognuna lei appariva diversa, del tutto congruente con il personaggio in questione. La Vertova non recitava ma li viveva intensamente, coglievamo le emozioni di ognuna di loro, le rabbie, le umiliazioni accettate a testa alta e soprattutto la vitalità. Ognuna di loro era consapevole di ciò che viveva ma nessuna stava in silenzio. Erano la parte viva di un popolo offeso, il fuoco sotto la cenere, l’orgoglio dell’ultimo, la forza estrema di chi non cede mai, dell’amore che va incontro all’odio. Emozionante davvero!
La scelta registica è stata quella di suddividere il palcoscenico in 5 parti e in ognuno di queste agiva un personaggio, che non veniva mai invaso da un’altra storia. Ed i figli comparivano in quasi tutti i racconti, eccetto quello riguardante la donna italiana. L’Amore filiale è forse il nervo scoperto, la vera debolezza di ognuna di queste testimoni o forse il fattore determinante di una resistenza a tutti i costi. Così mi è apparso.
Ho apprezzato che, durante gli applausi finali, scroscianti e ripetuti, l’attrice abbia voluto rendere omaggio ad ognuna di queste figure, andando nel loro luogo, dove era rimasto un oggetto a simboleggiarla, e con una carezza, un bacio, un prostrarsi in ginocchio ce le abbia presentate ancora lì, con la testa alta, fiere e consapevoli. Emergeva la considerazione che non solo le donne sono sicuramente uguali agli uomini, ma che spesso valgono molto di più.
Pubblico numeroso ed entusiasta, che ha riempito quasi completamente la sala grande del Teatro. Musiche ed immagini video erano come lo spettacolo: semplici e forti, non cercavano di aggiungere nulla a ciò che accadeva sotto i nostri occhi e per questo molto importanti.
Coronano lo spettacolo, nel cartellone del Tpe, incontri con gli studenti e un convegno con Amnesty International.
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MALAFEMMINA
di FRANCESCO ZARZANA
con CATERINA VERTOVA
a cura di LIA TOMATIS
video DAMIANO MONACO
costumi BRIGIDA SACERDOTI
FONDAZIONE TEATRO PIEMONTE EUROPA con il patrocinio di ALDA Association of the Local Democracy