Che cosa accade quando l’arte sovrasta la vita? Lo immagina Fabrizio Monteverde in Il lago dei cigni ovvero Il canto, la sua ultima creazione per il Balletto di Roma ripreso al Teatro Brancaccio con grande successo dopo il debutto a Ferrara. Il coreografo ha ripensato a una rielaborazione stilistica e inedita fra Čajkovskij e Cechov: l’idea è stata quella di adattare il Lago alle dinamiche dell’atto unico di Anton Čechov, Il canto del cigno (1887), struggente apologo di un attore ormai vecchio e malato che ripercorre i ruoli della sua lunga carriera. Protagonista di questo inedito e nostalgico Lago è infatti una compagnia di anziani ballerini decaduti (sapientemente invecchiati con make up e maschere) che vogliono far rivivere per l’ultima volta il Lago, nel tentativo di staccarsene del tutto, di rimandarne l’infelice finale, e avere forse una vita propria, ma senza esserne ancora fisicamente supportati. Il Lago c’è, e quasi tutto integralmente, ma opportunamente riadattato con la musica spesso associata a scene inaspettate o diverse: la composizione drammaturgica resta molto suggestiva e nostalgica ponendo al centro la storia dell’infelice Odette (Roberta De Simone e Claudia Vecchi), condannata insieme a Siegfried (Mirko De Campi e Placido Amante), manipolati da Rothbart (Luca Pannacci e Michele Cascarano) e Odile (Anna Manes e Azzurra Schena).
Le danze di carattere del terzo atto si consumano davanti a un cumulo di stracci, abiti di scena in disuso, tutto rielaborato in tempi e modi diversi per colpire lo sguardo, ma soprattutto l’anima dello spettatore con i danzatori che reinterpretano la vita anche sul palcoscenico. Uno spettacolo quasi onirico che vive delle suggestive e magnetiche musiche di Čajkovskij e che vuole essere una toccante riflessione sull’arte, sulla memoria e sulla giovinezza svanita. L’impatto cinematografico-onirico del balletto è garantito non solo dall’efficace multimedialità con tanto di schermi su cui si proietta l’immagine sfocata di Odette, ma anche dagli effetti speciali delle maschere e dai costumi un po’ minimal che richiamano a tratti le icone del balletto classico per eccellenza. Sempre più convincente la compagnia del Balletto di Roma, con danzatori sempre più prestanti in ogni ruolo, sempre più duttili, in miracoloso equilibrio fra contemporaneo e classico, qui bravissimi nel mimare anche le debolezze dell’età con gli acciacchi fisici.