Aristofane, considerato il padre dalla commedia, ha dato origine al genere comico parodistico manipolando farsescamente la realtà e dandole dignità artistica. Dopo “Le Rane” di Aristofane rappresentata due anni fa al Teatro Elfo Puccini, ora l’Ensemble Stabile Attori del Teatro Due, nello stesso teatro, propone “Le nuvole”. Andata in scena nel 423 A.C. la commedia racconta la storia del contadino Strepsiade che, indebitato fino al collo, tenta di convincere il figlio Fidippide (che per amor dei cavalli è la causa del dissesto) ad andare al Pensatoio di Socrate dove avrebbe imparato l’arte della dialettica che gli permetterà, con la forza della parola di plagiare la moltitudine dei creditori che, storditi, non troveranno più gli argomenti per richiedere il pagamento dei legittimi crediti. Di fronte al rifiuto del figlio, Strepsiade decide di andare personalmente alla scuola del Maestro, ma l’eccessiva ignoranza e rozzezza gli precluderà il benché minimo apprendimento. Ma Strepsiade non desiste e con manesca autorità vince la resistenza di Filippide che va al Pensatoio del Maestro dove assiste al dibattito tra il Discorso Forte (quello della tradizione e della virtù) e il Discorso Debole (della furbizia, del tornaconto, dell’egoistico benessere personale). Filippiade affascinato dal Discorso Debole si presenta al padre vestito come un yuppie e, con eloquenza truffaldina, convince i creditori a non insistere nelle loro pretese. Poi si rivolge al padre e lo prende a calci affermando che le parti sono invertite ora è lui il dominus. Esasperato Strepsiade dà allora alle fiamme il Pensatoio di Socrate.
La commedia inizia con l’entrata in scena di un gruppo di guitti che si preparano a recitare la commedia di Aristofane. L’azione metateatrale rende evidente la doppia finzione degli attori che interpretano i commedianti e i personaggi della commedia. E, per rendere più ingarbugliata la situazione, gli attori escono dai personaggi, interagiscono con gli spettatori, invadono la platea divertendo la parte meno sofisticata del pubblico.
Ed ora qualche commento. Aristofane è un tradizionalista, non ama le nuove filosofie, non ama Euripide l’innovatore, e nelle Nuvole il principale bersaglio delle sue frecce avvelenate è Socrate il sofista, l’ateo, il venditore di fumo, di parole vuote, di ragionamenti falsamente profondi del tipo: “come misurare il salto di una pulce, oppure la provenienza del ronzio delle zanzare”. Per Socrate non esistono le divinità tradizionali, ma solo le Nuvole hanno il potere di condizionare la vita degli uomini “sono divinità potenti per chi non ha voglia di fare niente: sono loro che ci rendono capaci di pensare, di parlare, di riflettere, e di incantare e raggirare. […]” Per Aristofane invece le Nuvole incarnano l’evanescente abilità dialettica delle correnti sofistiche che, rapportata ai giorni nostri rappresenterebbero il potere mistificatorio dei falsi miti.
La commedia è portata sulle scene dal Teatro Due con la spigliata esuberanza di questo gruppo che con riconosciuta creatività rilegge i testi in modo marcatamente farsesco che derubrica in comicità, a volte dozzinale, il sarcasmo, l’ironia, l’arguzia, la forza evocativa, l’intelligenza dell’originale rendendo in questo modo meno incisive, nel confronto, le tematiche universali che la nostra società quotidianamente affronta. Certo non si poteva pretendere la definizione di “caratteri” o di approfondimenti psicologici mentre è chiara l’intenzione satirica espressa attraverso un’accentuazione grottesca della recitazione dei bravissimi Roberto Abbati, Paolo Bocelli, Gigi Dall’Aglio, Marcello Vazzoler, Luca Nucera, Cristina Cattellani, Laura Cleri che hanno curato collettivamente la regia. La scenografia ha giocato un ruolo primario con invenzioni continue di grande impatto sia formale sia funzionale. Bellissime le musiche di Alessandro Nidi, le luci e gli effetti speciali di Luca Bronzo e i costumi di Emanuela Dall’Aglio.
Gli spettatori superato l’iniziale sconcerto hanno riso e applaudito con divertita partecipazione.
N.B. Tutte le commedie, da quelle (a titolo di esempio) di Pirandello, Molière, Shakespeare, Plauto, Eschilo o Aristofane, sono attuali dal punto di vista del comportamento umano. Mettere l’accento ogni volta sull’attualità della pièce è un esercizio inutile perché l’uomo, ingolfato nei suoi atavici disvalori, è sempre quello, non è cambiato, né cambierà. I suoi limiti caratteriali ed esistenziali, le sue nevrosi sono eterni, come la furbizia, l’avarizia, l’invidia, l’ipocrisia, la meschinità, la volontà prevaricatrice.
P.S. Grazie a Aristofane abbiamo finalmente capito dove l’allora ministro Tremonti abbia attinto la famosa frase “Con la cultura non si mangia”