La regia di Alberto Oliva, l’assistenza alla regia di Angelo Colombo e Serena Lietti, la drammaturgia scritta da Alberto Oliva e Mino Manni con dialoghi e citazioni, ci racconta lo scontro generazionale e non solo di due grandi rappresentati della musica del ‘700.
Da una parte il genio, la follia, l’eccesso, l’infinita tensione verso la creatività; dall’altra un uomo modico, composto, il maestro di corte,dedito al suo lavoro e a quel Dio con cui spesso dialogherà in questa pièce dal sapore peccaminoso.
La scenografia di Francesca Barattini invita lo spettatore in un luogo fuori dal tempo con un gioco di luci il quale accompagna ogni momento e stato d’animo di entrambi, dalle confessioni inconfessabili del maestro Antonio Salieri, ai pensieri ed idee che offuscano l’indiscussa genialità di Amadeus.
La scelta inusuale e sperimentale dei costumi di Marco Ferrara e la mancanza di un pianoforte vero e proprio forse proprio per lasciar spazio alla vera protagonista che accumuna i due uomini, la musica, padrona del cuore di questi servi dell’arte e della bellezza.
Due concezioni di musica, due personalità, messe a confronto con intelligenza e passione per questi due grandi personaggi.
Nel 1840 il grande Puskin scrive quattro piccole tragedie ispirate alle passioni umane, “Mozart e Salieri “incarna senza dubbio il sentimento dell’invidia.
Salieri un uomo incorreggibile disposto a tutto pur di essere acclamato, ricordato e stimato, ossessionato dall’aspirazione di divenire il più grande compositore mai esistito tanto da arrivare al punto di dedicare a ciò la propria vita, compiendo numerose rinunce e sacrifici; sforzi che saranno vani dall’arrivo a Vienna del giovane Mozart il quale col suo straordinario talento riesce in poco tempo a distruggere i sogni di gloria del musicista italiano tanto faticosamente costruiti. Ecco allora che la bramosia e l’invidia di Salieri prendono vita e diventano le reali protagoniste dello spettacolo. Questi sentimenti, seppur alternandosi a sincere parole di stima ed ammirazione per un talento così puro ed unico, tormenteranno l’animo del compositore italiano a tal punto da escogitare un folle piano per uccidere Mozart. A nulla serviranno le continue preghiere e le spasmodiche richieste di aiuto a Dio, la frustrazione per non aver ricevuto alcun talento e l’amara consapevolezza di doversi rassegnare ad una carriera musicale mediocre. Era proprio lei, la musica a divorarlo giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, nell’anima, senza che se ne accorgesse, perché come un incanto abbagliava la ragione per far spazio all’ossessione, un amore il suo, spietato.
A suggestionare gli spettatori è il palcoscenico esoterico, reso tale grazie alle luci di Alessandro Tinelli e alla collaborazione del compositore Ivan Bert.