Giunto alla sua tredicesima edizione, il Busto Arsizio Film Festival ha confermato la genialità dell’intuizione di chi molti anni fa si è battuto per creare nell’indifferenza, se non ostilità generale (fatto per altro più che normale in Italia quando si parla di cultura, figuriamoci quando c’è il rischio di dover investire), istituzioni comprese, una manifestazione dedicata al cinema.
Tredici anni, di cui molti vissuti dal Paese in una reale e profonda crisi economica, hanno invece dimostrato che quando le idee sono valide e i programmi rispondono a un disegno culturale meditato e non occasionale gli spazi per operare esistono, anche se le circostanze generali moltiplicano le difficoltà.
Anche per questa edizione 2015 (programmata dal 18 al 24 aprile) si può affermare che ancora una volta il successo ha premiato la serietà del lavoro compiuto e l’intelligenza del programma.
Il Festival ha investito oltre a Busto Arsizio alcuni centri del territorio limitrofo: Castellanza, Legnano, Olgiate Olona e Fagnano Olona, testimonianza di una vivacità culturale diffusa sul territorio e di un amore per la ‘settima arte’ che non si limita alle cinque sale di Busto, ma si esprime anche con strutture come l’Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni che dà lustro non solo alla realtà locale.
Tra le iniziative collaterali di questa tredicesima edizione accanto a quelle dedicate alle pubblicazioni sul cinema (Baff in libreria) e ai corti e ai mediometraggi (Effetto cinema) ve ne sono alcune collegate al tema di Expo 2015 in cui vengono trattate tematiche sul rapporto tra cinema e cibo: simpaticissimo l’incontro Ricette di cinema con Gianmarco Tognazzi, Laura Delli Colli e Samanta Carnaviera.
Sul tema cibo molto bello il progetto Fancifulls rivolto al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza con un percorso di educazione alimentare immerso in un mondo fantastico che permette di rendere spettacolari e divertenti anche processi biologici complessi.
Il programma del Festival è stato scandito da alcuni momenti particolarmente significativi: l’assegnazione del Premio Platinum Dino Ceccuzzi a Sergio Castellitto per la poliedricità del suo talento che lo porta a eccellere come attore (di cui è unanimemente apprezzata la grande versatilità interpretativa), come regista e sceneggiatore (in apertura di Festival è stata proiettata l’ultima sua opera Nessuno si salva da solo uno dei film da non perdere nell’attuale stagione cinematografica).
Altro momento molto particolare è stata la proiezione del bellissimo e interessante I bambini sanno, opera seconda di Valter Veltroni in versione regista in cui ancora una volta conferma la sua grande sensibilità e capacità d’indagine. Un film che per quanto dicono i bambini e gli adolescenti intervistati dovrebbe essere visto con attenzione dagli adulti.
Cuore del Festival 2015 è stato l’Omaggio a Mario Monicelli, uno dei protagonisti del Cinema (non solo italiano) della seconda metà del secolo scorso e cui si deve la capacità di individuare, interpretare e raccontare lo spirito di un’Italia che usciva devastata dalla guerra e di averla accompagnata negli anni del boom facendoci vergognare, ma sempre con il sorriso, delle nostre meschinità. Autore di opere indimenticabili come la Grande Guerra (che meglio di mille saggi descrive quello che per contadini e operai del Nord e del Sud ha rappresentato quell’immane tragedia), Monicelli è stato ricordato con altri due film (Risate di gioia, l’unico film in cui Anna Magnani e Totò hanno recitato insieme e lo ‘storico’ L’armata Brancaleone, uno dei tanti film inimitabili da lui consegnati alla storia), dal suo ultimo documentario Vicino al Colosseo… c’è Monti, da un convegno e dalla grande mostra – dedicatagli dalla sua compagna Chiara Rapaccini che ha recuperato mezzo secolo di foto di scena – Mario Monicelli e Rap, 100 anni di cinema che dopo il Festival inizierà un percorso che la porterà in Brasile, Portogallo e Napoli come prime tappe.
E poi, ovviamente, il programma delle proiezioni che oltre ai film già citati ha presentato titoli molto intriganti, veri flash sulle problematiche individuali e collettive dei giovani. L’attualità di opere (per fare alcuni esempi) come Mi chiamo Maya (il bel film di Tommaso Agnese) o di Fino a qui tutto bene (l’originale lungometraggio di Roan Johnson), l’ultima regia di Pasquale Squitieri (L’altro Adamo) o la prima di Riccardo Rossi (La prima volta) o Fango e gloria di Leonardo Tiberi che esamina il tema della guerra senza la retorica che rischia di sommergere un momento di riflessione come il centenario dell’inizio del primo conflitto mondiale, Il giovane favoloso di Mario Martone che finalmente mostra un Leopardi diverso, più vicino a noi che ai suoi contemporanei, o Anime nere di Francesco Munzi sulle non sempre positive dinamiche genitori/figli confermano la scelta del Busto Arsizio Film Festival di privilegiare l’aspetto formativo e di stimolo alla riflessione (e quindi sociale) connaturato nella settima arte quando rinuncia a essere solo movimento e azione.
L’omaggio a Claudio G. Fava, uno dei più vivaci critici cinematografici italiani (avrebbe ironizzato molto su se stesso nel sentirsi definire “Eroe della carta stampata”) è stato il miglior suggello possibile per una manifestazione alla quale per il bene del cinema italiano (parafrasando un noto detto) non si può non augurare “Cento di queste…edizioni”.