Non è un caso che sia stata scelta la data del Natale di Roma per il ritorno sulla scena dell’opera teatral-musicale che nel 1983 fece storia. Oggi, 32 anni dopo, l’Eneide di Krypton, nata dalla mente visionaria di Giancarlo Cauteruccio, torna a squarciare la tradizione in una veste rinnovata. Le musiche, composte da Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi, che allora avevano fondato i Litfiba e che oggi, insieme a Francesco Magnelli, anch’esso presente sulla scena, formano i Beau Geste, hanno arrangiamenti nuovi, la musica new wave si fa palesemente elettronica, in netto contrasto con le parti più liriche dell’opera e con lo spazio stesso scelto per la rappresentazione. I palchi classici con gli stucchi dorati del Teatro Argentina di Roma si scontrano con le modulazioni laser a cui la compagnia affida il compito di creare elementi scenografico-visuali e spazi virtuali. La ricerca tecnologica e la creazione di architetture digitali sono la cifra stilistica di questo spettacolo ritenuto all’avanguardia negli anni Ottanta e tutt’ora sperimentale. I corpi dei performer dialogano con le luci, gli effetti proiettati e le sonorità provenienti da tre grandi woofer generando una intensa rappresentazione. La parola virgiliana, riscritta come un testo di Beckett, Pinter o Jarry, passa in secondo piano perché la volontà è quella di tradurre il poema in quadri visivi, assegnando alla musica il ruolo di protagonista. “Ora l’esperienza induce me e i musicisti a metterci in gioco in prima persona. Allora eravamo chiusi nella cabina di regia, oggi entriamo nel lavoro coi nostri corpi, recuperiamo la parola, il suo senso poetico e ritmico, riempiendo i quadri lasciati vuoti dalla passione post-moderna di allora. Io, pur conscio della mia inadeguatezza, faccio leva sul mio corpo improbabile, e recito e canto”, spiega il regista e attore Cauteruccio. Lo spettacolo, però, in questa nuova versione risente di un limite strutturale, che dopo l’incipit, in cui si dispiega il miglior connubio tra le arti, risente della monotonia del tono della voce rauca troppo urlata dell’aedo Cauteruccio, più a suo agio nelle parti cantate, e della sua eccessiva presenza sulla scena anche quando la musica potrebbe recitare da sola. Ugualmente le altre presenze in scena, quella del danzatore Fabio Ciccalè e dell’attrice della serata, Patrizia Zappa Mulas, non vengono valorizzate, apparendo e scomparendo in maniera quasi goffa. Eppure appare seducente l’intera operazione, suggestivo l’innesto delle tecnologie digitali all’interno della dimensione creativa. Il teatro, aperto alle contaminazioni con l’architettura, la visual art, la poesia e la musica allarga i propri confini divenendo immortale come l’epica virgiliana.