liberamente tratto dal racconto di Ferenc Molnár
con la partecipazione di Antonin Artaud [lettore/testimone]
con Adolfo Ferraro e Peppe Rosano
e gli interventi di
1 aprile – Enzo Moscato (attore – regista – drammarurgo)
2 aprile – Enrico de Notaris (psichiatra)
3 aprile – Cristina Donadio (attrice)
Il Teatro coop/Produzioni
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Il folle, nella classicità, era considerato un individuo privilegiato; caro agli dei, le sue parole vaticinanti divenivano strumento di trasmissione del messaggio divino indirizzato agli esseri mortali.
Sebbene l’Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam torni a ricollocarlo, quale detentore innato del potenziale di felicità connaturata al genere umano, in prossimità della sfera del sovrannaturale, nel corso dei secoli, il rapporto con il sacro s’inverte e alla figura del “pazzo” viene associata una diabolica natura; incarnazione della paura nei riguardi del comportamento non omologato, estraneo alle convenzioni, veicolo di libero pensiero non condizionato, gli si appongono concrete catene e lo si costringe alla condizione obbligata di segregato dal resto della comunità.
L’annullamento della identità di chi impersona fisicamente la sofferenza psichica – assimilato a categoria socialmente indefinibile e innominabile – diviene perciò, attraverso una convenzione pregiudicante dolorosa, un muro invalicabile difficile da rimuovere dall’immaginario collettivo, anche nell’ambito moderno, in cui l’aspetto malefico, la damnatio medioevale, va ad assumere la forma di patologia. Tra Ottocento e Novecento, la psichiatria di matrice positivista, che si propone di “curare l’anima” della persona sofferente, interviene con metodo scientifico sulla malattia della mente, introduce l’elettroshock e trasforma i luoghi di detenzione coatta, che divengono strutture specializzate, i manicomi. La coercizione e la violenza della cura rimangono invariate. Una terrificante eredità di emarginazione e oblio sociale, che, per citare Antonin Artaud, regista, drammaturgo e poeta, è la manifestazione della “coscienza malata” della società. Artaud, ebbe modo di sperimentare il trattamento psichiatrico coatto e la cura elettroconvulsivante, da internato nell’ospedale psichiatrico di Rodez, tra il 1937 e il 1946.
Non troppo tempo fa, nel 1978, la legge 180, nata dalle esperienze dello psichiatra e neurologo Franco Basaglia, diede avvio a un percorso di liberazione e di restituzione della dignità della persona in cura, e aprì la strada a una diversa interpretazione del disturbo mentale.
Rimasero a contenere la follia imprigionata gli Ospedali Psichiatrico Giudiziari – i Manicomi Criminali di lombrosiana memoria – con il suo carico di mostruosa umanità.
Da mercoledì 1 aprile a venerdì 3 aprile 2015, in occasione dell’entrata in vigore del decreto-legge che prevede la chiusura degli Ospedali Psichiatrico Giudiziari, Galleria Toledo e Adolfo Ferraro sono orgogliosi di invitare il pubblico alla conversa/azione I ragazzi della via Paal, liberamente tratta dal romanzo di Molnar.
Partecipano alla conversa/azione Adolfo Ferraro (psichiatra – ex-direttore nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa) e Peppe Rosano (artista- ex-internato nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa), che si confrontano sul tema del disagio mentale, della reclusione e dell’impatto sociale delle scelte non omologate e del contesto in cui queste si innestano.
Enzo Moscato (autore, regista, attore), Enrico de Notaris (psichiatra) e Cristina Donadio (attrice) si alterneranno nel corso delle distinte serate, quali terze voci recitanti, dando voce ad Antonin Artaud, con la lettura della sua “Lettera ai direttori dei manicomi”.
Lavinia D’Elia
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“Ci sedemmo dalla parte del torto
perché tutti gli altri posti erano già occupati.“
perché tutti gli altri posti erano già occupati.“
I due omini che si incontrano in un Altrove indefinito hanno parecchie storie in comune.
Avere giocato tra i ragazzi di Budapest nella via Paal è accaduto molto tempo prima.
Poi è venuta la vita, ed ognuno la ha vissuta lasciandosi andare – ognuno con le proprie diversità – incrociandosi spesso senza riconoscersi, e frequentando a volte gli stessi ambienti con ruoli diversi.
Trasformazioni e adattamenti. Omologazioni e rifiuti. Carceri e manicomi.
La vecchia legnaia di Budapest è diventata la reclusione, e la sopraffazione dei fratelli Pasztor si è trasformata nell’assenza di diritti.
I due omini tentano di ricucire la realtà e di darle un senso , senza disconoscere mai gli errori e gli orrori che ognuno di loro si è costruito, con consapevolezza autolesionistica e beffarda.
Loro credono che dalle contraddizioni nasce il futuro.
I ruoli, però, a volte si sfilacciano, e allora emergono gli uomini o meglio gli omini.
Vittime e carnefici con ruoli interscambiabili.
Non rassegnati o vinti. A volte delusi dal disincanto.
Ancora pronti, però, a mettersi in gioco.
Artaud [il testimone] appare ogni tanto e rimprovera entrambi.
Molnar decide di chiudere il racconto, solo quando riesce a scriverne la fine.
Avere giocato tra i ragazzi di Budapest nella via Paal è accaduto molto tempo prima.
Poi è venuta la vita, ed ognuno la ha vissuta lasciandosi andare – ognuno con le proprie diversità – incrociandosi spesso senza riconoscersi, e frequentando a volte gli stessi ambienti con ruoli diversi.
Trasformazioni e adattamenti. Omologazioni e rifiuti. Carceri e manicomi.
La vecchia legnaia di Budapest è diventata la reclusione, e la sopraffazione dei fratelli Pasztor si è trasformata nell’assenza di diritti.
I due omini tentano di ricucire la realtà e di darle un senso , senza disconoscere mai gli errori e gli orrori che ognuno di loro si è costruito, con consapevolezza autolesionistica e beffarda.
Loro credono che dalle contraddizioni nasce il futuro.
I ruoli, però, a volte si sfilacciano, e allora emergono gli uomini o meglio gli omini.
Vittime e carnefici con ruoli interscambiabili.
Non rassegnati o vinti. A volte delusi dal disincanto.
Ancora pronti, però, a mettersi in gioco.
Artaud [il testimone] appare ogni tanto e rimprovera entrambi.
Molnar decide di chiudere il racconto, solo quando riesce a scriverne la fine.
Questa:
Boka fissò pensosamente davanti a sé, e per la prima volta nella sua anima di ragazzo balenò l’idea di ciò che è propriamente questa vita, per la quale noi, suoi schiavi, ora con gioia ora con dolore, lottiamo.
Boka fissò pensosamente davanti a sé, e per la prima volta nella sua anima di ragazzo balenò l’idea di ciò che è propriamente questa vita, per la quale noi, suoi schiavi, ora con gioia ora con dolore, lottiamo.
Adolfo Ferraro
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Teatro Galleria Toledo
Concezione a Montecalvario, 34
80134 Napoli
M
linea 1 / stazione Toledo
uscita Montecalvario
Orario spettacoli
da martedì a sabato ore 20.30
domenica ore 18.00
Biglietti
posto unico euro 10
Contatti
t.+39 081425037
galleria.toledo@iol.it
www.galleriatoledo.org
facebook.com / Galleria Toledo – Materiali Contemporanei