liberamente tratta dal romanzo di Luciano Bianciardi
da un’idea di Valentina Bartolo
con Fausto Cabra, Cristina Poccardi, Paola Senatore, Francesco Sferrazza Papa, Giulia Valenti, Marco Vergani
adattamento a cura di Fausto Cabra e Francesco Sferrazza Papa
scene di Paola Castrignanò
illustrazioni originali di Cosimo Lorenzo Pancini
regia di Giacomo Bisordi
produzione Fondazione Teatro della Toscana
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Dopo il sorprendente successo de Il deserto dei Tartari da venerdì torna alla Pergola la lettura teatrale a puntate, firmata Fondazione Teatro della Toscana, con La vita agra da Luciano Bianciardi. Giacomo Bisordi dirige un gruppo di sei attori in un viaggio a più voci per far risuonare l’incredibile bagaglio di immagini e riflessioni sulla società neocapitalista che Bianciardi ha saputo ‘eroicamente’ trascrivere già nel 1962. Oggi, quelle pagine incandescenti nate dalla deflagrazione del Boom economico sull’Italia post-bellica suonano come una sinistra profezia per i nostri stessi anni.
Venerdì 10 e sabato 11 aprile, ore 18.45, la prima e la seconda puntata, domenica 12, ore 20.45, invece, la versione integrale. Lunedì 13 aprile, allo Spazio Alfieri, ore 18, ingresso libero, verrà proiettato il film di Carlo Lizzani, con Ugo Tognazzi e Giovanna Ralli.
Un intellettuale irriducibile, autentico, visionario. Luciano Bianciardi ha dato all’impegno letterario il senso di una diretta responsabilità civile, concependo l’attività culturale come strumento di denuncia e di presa di coscienza, ma anche come intervento immediatamente militante. Come accade raramente nella storia della letteratura, la clamorosa uscita de La vita agra nel 1962 avrebbe fornito le parole al disagio che nella realtà quotidiana stava appena sotto la patina dorata del Boom economico che in quegli anni investiva l’Italia.
A mezzo secolo di distanza, un gruppo di giovani attori e un regista, Giacomo Bisordi (di origini toscane come lo stesso Bianciardi), si interrogano su come far convivere sul palcoscenico le parole di ieri e i pensieri di oggi, in un tentativo di indagare l’urgenza che aveva animato la penna dello scrittore grossetano.
Venerdì 10 e sabato 11 aprile, ore 18.45, la prima e la seconda puntata, domenica 12, ore 20.45, invece, la versione integrale. Lunedì 13 aprile, allo Spazio Alfieri, ore 18, ingresso libero, verrà proiettato il film di Carlo Lizzani, con Ugo Tognazzi e Giovanna Ralli.
“È un romanzo estremamente complesso, eterogeneo”, afferma Bisordi, “si transita da dichiarazioni di poetica a visioni apocalittiche sul futuro (molto precedenti a quelle che avrebbero fatto personalità del calibro di Pasolini o Eco), procedendo attraverso dialoghi che in più di un’occasione anticipano le nevrosi di Fantozzi. Ma ciò che attrae di più è la contraddizione insita nel racconto stesso: quella che potrebbe essere, a prima lettura, solo una reiterazione del detto si nasce incendiari per morire pompieri, in profondità è una disamina del percorso mentale che in ciascuno di noi porta ad abbracciare la propria medietà e in ultimo la propria mediocrità.”
Capitolo conclusivo della ‘trilogia della rabbia’, di cui fanno parte Il lavoro culturale (1957) e L’integrazione (1960), La vita agra narra dell’isolamento di un intellettuale nella Milano del ‘miracolo italiano’. L’io narrante (un traduttore) ha scelto di rifiutare l’integrazione nell’industria culturale e di lavorare in proprio, perseguitato da mille richieste (i ‘tafanatori’) e dalla quotidiana angoscia di non riuscire a tradurre le venti cartelle che gli assicurano la sopravvivenza. Unici lenimenti, ma non tali da costituire una speranza, sono il liberatorio erotismo di un forte vincolo affettivo e la scelta della propria irriducibilità a farsi rotella del meccanismo, genesi stessa, quest’ultima, della propria condizione, insieme, di autenticità e di ‘devianza’.
“Fausto Cabra e Francesco Sferrazza Papa hanno fatto un superbo lavoro di selezione dei brani del romanzo, in modo da costruire una drammaturgia composita che tenta di scandire e organizzare in quadri il flusso mentale di Bianciardi”, prosegue Bisordi, “avendo il romanzo una struttura ricca e multiforme, tante sono le voci che si avvertono, come altrettanti sono i pensieri che si affastellano l’uno all’altro all’interno di Bianciardi. In prova abbiamo rintracciato, da un lato, la sua voce narrante, un ‘magma’ diviso tra tutti e sei gli attori, dall’altro, i personaggi veri e propri di Bianciardi e di Anna, la sua compagna, letti prevalentemente da Fausto Cabra e Giulia Valenti. Il ritmo della storia è cadenzato da una macchina da scrivere in scena, attraverso cui il personaggio di Bianciardi innesca i singoli quadri.”
È un girare intorno alla vita di un uomo costretto a confrontarsi con un mondo arido, frenetico e indifferente, dove si rinuncia a tutto, alla propria umanità e alla capacità di relazionarsi con gli altri, pur di non perire travolti da una società di massa che va avanti e si sviluppa sempre più velocemente. C’è l’inumanità o alienazione, cui è ridotta la folla della metropoli; c’è la nausea del traffico e dell’automobile; c’è la pena per il mondo aziendale, ove la gente appare sottoposta a un processo di disidratazione spirituale. C’è, insomma, una contestazione globale al sistema e all’uomo integrato nel sistema. Il tutto reso in scena dal forte legame degli attori con l’oggetto-libro.
“Abbiamo voluto un rapporto fisico con il libro, elemento in comune con la precedente lettura a puntate de Il deserto dei Tartari diretta da Andrea Macaluso”, conclude Bisordi, “tutti in scena hanno La vita agra in mano, esprimono un bisogno, una dipendenza dalla scrittura e dalla lettura. Questa necessità deriva da ciò che Bianciardi ha definito ‘letteratura integrale’: per lui vivere è leggere e scrivere in un’identità totale. La regia cerca quindi un equilibrio tra la polifonia dei pensieri di Bianciardi e gli eventi dell’intreccio, generando un percorso visivo ed emotivo che orienti lo spettatore attraverso il romanzo.”
Una critica feroce che ha spiazzato la società italiana degli anni Sessanta per un nuovo appuntamento con il teatro a puntate che ci sta facendo riscoprire il gusto di partecipare, condividere ed esprimere sentimenti con il semplice eppur rivoluzionario gesto di leggere e ascoltare un libro.
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Vivere significa leggere e scrivere
Intervista a Giacomo Bisordi
di Matteo Brighenti
Perché ha scelto un romanzo come La vita agra?
“Tutto è partito da una mia amica attrice, Valentina Bartolo, che mi ha fatto conoscere il libro e mi ha proposto di metterlo in scena per il festival Chiassoletteraria in Svizzera. L’ho letto e l’ho trovato folgorante. Bianciardi era un autore di cui non sapevo assolutamente nulla. È stata quindi anzitutto una scelta di condivisione, far conoscere qualcuno incontrato per puro caso, e un modo per rendere omaggio a una figura estremamente complessa che merita di essere riscoperta in tutta la sua problematicità. Poi, da toscano, la ‘toscanità’ di Bianciardi mi incuriosisce, tanto nei suoi lati luminosi quanto in quelli più oscuri.”
Ci sono ragioni anche di contenuto?
“La vita agra è un romanzo estremamente complesso, eterogeneo: si passa da dichiarazioni di poetica a visioni apocalittiche sul futuro (molto precedenti a quelle che avrebbero fatto personalità del calibro di Pasolini o Eco), procedendo attraverso dialoghi che in più di un’occasione anticipano le nevrosi di Fantozzi. Ma ciò che attrae di più è la contraddizione insita nel racconto stesso: quella che potrebbe essere, a prima lettura, solo una reiterazione del detto si nasce incendiari per morire pompieri, in profondità è una disamina del percorso mentale che in ciascuno di noi porta ad abbracciare la propria medietà e in ultimo la propria mediocrità. Quello che nel libro nasce come un atto di rivolta si evolve progressivamente nel racconto di una dipendenza e dell’accettazione di una sconfitta.”
Cerca dei punti di contatto tra il mondo di Bianciardi e l’oggi?
“Il discorso è proprio questo: il rapporto con la nascente società dei consumi di Bianciardi è analogo a quello che abbiamo noi con il nostro tempo. Noi, nati tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80 sentiamo l’affanno, viviamo in pieno la sudditanza con l’impero dei consumi e i suoi disastri umani, ma al contempo stesso non riusciamo a distaccarcene.”
Per fare un parallelo con il precedente ciclo di letture a puntate, dedicato a Il deserto dei Tartari, sembra quasi che il Boom economico rappresenti per Bianciardi ciò che la Fortezza Bastiani è per Giovanni Drogo, un antagonista di cui finisce per subire la fascinazione.
“È un parassita che ti entra addosso e non te ne accorgi più.”
Come ha lavorato su questa prima persona singolare che poi diventa collettiva?
“Fausto Cabra e Francesco Sferrazza Papa hanno fatto un superbo lavoro di selezione dei brani del romanzo, in modo da costruire una drammaturgia composita che tenta di scandire e organizzare in quadri il flusso mentale di Bianciardi. Avendo il romanzo una struttura ricca e multiforme, tante sono le voci che si avvertono, come altrettanti sono i pensieri che si affastellano l’uno all’altro all’interno di Bianciardi. In prova abbiamo rintracciato, da un lato, la sua voce narrante, un ‘magma’ diviso tra tutti e sei gli attori, dall’altro, i personaggi veri e propri di Bianciardi e di Anna, la sua compagna, letti prevalentemente da Fausto Cabra e Giulia Valenti. Il ritmo della storia è cadenzato da una macchina da scrivere in scena, attraverso cui il personaggio di Bianciardi innesca i singoli quadri. Poi, abbiamo voluto un rapporto fisico con il libro, elemento in comune con la lettura a puntate de Il deserto dei Tartari diretta da Andrea Macaluso: tutti in scena hanno La vita agra in mano, esprimono un bisogno, una dipendenza dalla scrittura e dalla lettura. Questa necessità deriva da ciò che Bianciardi ha definito ‘letteratura integrale’: per lui vivere è leggere e scrivere in un’identità totale. La regia cerca quindi un equilibrio tra la polifonia dei pensieri di Bianciardi e gli eventi dell’intreccio, generando un percorso visivo ed emotivo che orienti lo spettatore attraverso il romanzo. Metterlo in scena a leggìo sarebbe stato impensabile: non è il libro a dover esser offerto comodamente agli attori, sono gli attori che devono essere subordinati al libro.”
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Teatro della Pergola
venerdì 10 aprile, ore 18.45 prima puntata
sabato 11 aprile, ore 18.45 seconda puntata
domenica 12 aprile, ore 20.45 versione integrale
Spazio Alfieri
lunedì 13 aprile, ore 18, proiezione del film
Fondazione Teatro della Toscana
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PREZZI
Intero 7 € – ridotto 5 € (over 60, under 26, abbonati Teatro della Pergola)
12 aprile: intero 10 € – ridotto 8 € (over 60, under 26, abbonati Teatro della Pergola)
carnet (10 e 11 aprile): 8 €
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BIGLIETTERIA
Teatro della Pergola, via della Pergola 18, 055.0763333 biglietteria@teatrodellapergola.com.
Orario: dal lunedì al sabato dalle 9.30 alle 18.30.
Online su www.teatrodellapergola.com e tramite la App del Teatro della Pergola.
Circuito regionale Boxoffice.