Nel V centenario della nascita di Santa Teresa di Gesù (28 marzo 1515) debutta il progetto speciale “Un castello nel cuore. Teresa d’Avila” nell’ambito dell’iniziativa “Fra cielo e terra. Sacro e profano nel teatro presente” del Teatro di Roma, nato dalla collaborazione fra Argot Produzioni, Movimento Ecclesiale Carmelitano e Carmelitani Scalzi della Provincia Veneta.
Teresa de Haumada ha caratterizzato in Spagna il secolo della Controriforma con la dottrina, il misticismo e l’azione riformatrice. Beatificata nel 1614 e canonizzata nel 1622, è stata la prima donna a essere proclamata Dottore della Chiesa, nel 1970 da Paolo VI.
La rappresentazione invera un desiderio che l’attrice Pamela Villoresi ha coltivato per oltre vent’anni, da quando sulla piazza di Avila fu colpita dall’energia che emanava la statua della mistica. I tentativi di far scrivere una drammaturgia sulla singolare esperienza terrena di questa fondamentale figura femminile del Cinquecento caddero nel vuoto, perfino Mario Luzi le rispose “Pamelina, di fronte a Teresa d’Avila mi cade la penna di mano”. Finalmente un paio di anni fa il progetto prende forma, per impulso dei padri carmelitani di Brescia Antonio Maria Sicari e Fabio Silvestri, affidato al drammaturgo Michele Di Martino che ha elaborato la scrittura delle sette stanze del simbolico Castello in cui sono serrati i pericoli per la crescita spirituale e le chiavi per accedere al livello successivo.
Ne emerge a tutto tondo il vitale e sanguigno temperamento di Teresa, affascinata dalla vita e dalla bellezza, e la sua corporeità. Di Martino in due anni di lavoro intenso ha assorbito e metabolizzato la passione che l’ha guidata nel percorso spirituale e filosofico, e le fa pronunciare espressioni poetiche e suadenti e tuttavia profondamente umane, svelando un personaggio che raggiunge la perfezione della Grazia affrontando numerose prove interiori e fisiche intervallate da profonde esperienze mistiche.
L’impianto scenico di Carlo Bernardini, nell’Aula Magna del Palazzo della Cancelleria, è costituito da una struttura poliedrica a fibre ottiche montata su una pedana, suggestiva estensione della visione di Teresa che scriveva “la nostra anima è come un bellissimo castello, che somiglia a un tersissimo diamante dalle molte sfaccettature”.
Pamela Villoresi aderisce con vibrante profondità alla carica visionaria della religiosa, per lunghi minuti veicolata solo dalla forza evocativa delle parole pronunciate sotto un telo bianco, dal quale fuoriesce come metafora della tenacia inarrestabile di questa donna che 500 anni fa ha avuto l’ardire di sfidare il rogo della Santa Inquisizione per riformare il Carmelo riconducendolo alla povertà e contemplazione dei primordi, creando 17 fondazioni femminili e 15 maschili, dopo la seconda “conversione” avvenuta a 39 anni, nel viaggio alla ricerca del Mistero, senza tralasciare di affrontare le insidie del mondo e perfino la vanità.
La “griglia musicale” ideata dal maestro Luciano Vavolo prevede la presenza di una suora (Alessia Spinelli) e un frate (Fabrizio Checcacci), che emergono dal fondo a chiudere lo spazio scenico eseguendo canti liturgici, mentre si susseguono i disegni di Laura Riccioli e l’elaborazione grafica visuale di Andrea Giansanti
L’accurata regia di Maurizio Panici (anche voce e canto) conduce l’anelito divino di Teresa nel climax del “matrimonio mistico con Gesù”, settima tappa dell’itinerario dell’anima verso Dio, in cui la Villoresi affiora avvolta nell’ampio mantello bianco dello sposalizio evocando la celebre “Estasi” del Bernini con la Santa trafitta da un dardo, custodita nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, dove il 28 marzo è stata presentata una mise en espace.
Il testo scritto in versi, pubblicato dalle Edizioni OCD, è in vendita prima dello spettacolo.