Dramma tragico in tre attiLibretto di Salvatore Cammaranodal romanzo The Bride of Lammermoor di Sir Walter ScottMusica di GAETANO DONIZETTI(Edizione critica a cura di Gabriele Dotto e Roger Parker; Editore Casa Ricordi, Milano; con la collaborazione e il contributo del Comune di Bergamo e della Fondazione Donizetti)Prima rappresentazione: Napoli, Teatro di San Carlo, 26 settembre 1835Prima rappresentazione al Teatro alla Scala: 1 aprile 1839Allestimento Metropolitan Opera di New YorkDirettore STEFANO RANZANIRegia MARY ZIMMERMANScene DANIEL OSTLINGCostumi MARA BLUMENFELDLuci T.J. GERCKENSCoreografia DANIEL PELZIG
Personaggi e interpreti:
Enrico Gabriele Viviani
Lucia Diana Damrau / Elena Mosuc (8, 11)
Edgardo Vittorio Grigolo
Arturo Juan José De León
Raimondo Alexander Tsymbalyuk
Alisa Chiara Isotton
Normanno Edoardo Milletti
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Maestro del Coro BRUNO CASONI
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Date:
Giovedì 28 maggio 2015 ore 20 ~ prima rappresentazione
Domenica 31 maggio 2015 ore 15 ~ fuori abbonamento
Mercoledì 3 giugno 2015 ore 20 ~ turno O
Venerdì 5 giugno 2015 ore 20 ~ LaScalaUNDER30
Lunedì 8 giugno 2015 ore 20 ~ turno M
Giovedì 11 giugno 2015 ore 20 ~ ScalAperta
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Prezzi: da 210 a 13 euro
Prezzi ScalAperta: da 105 a 6,5 euro
Infotel 02 72 00 37 44
www.teatroallascala.org
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L’opera in breve – Claudio Toscani
Nessun melodramma di Donizetti gode di
una popolarità più ampia e duratura di
Lucia di Lammermoor. Il linguaggio
drammatico immediato, evidente e subito
comprensibile, spiega certo il successo
che accompagna l’opera dalle origini e
che ancor oggi non accenna a venir meno;
ma altrettanto decisivo è il fascino
esercitato dal pronunciato colore romantico
dell’opera, con la sua materia incandescente,
l’atmosfera fosca, il senso pessimistico
di un destino ineluttabile che grava
sui personaggi.
Il libretto, preparato da Salvatore Cammarano,
proviene dal romanzo di Walter
Scott The Bride of Lammermoor (1819),
ambientato nella Scozia del 1689 al tempo
delle lotte tra i seguaci di Guglielmo
III d’Orange e Giacomo II. Il romanzo
– nel quale all’epoca confluivano l’interesse
per la storia inglese, la moda del
racconto gotico e la nuova sensibilità romantica
– aveva gia fornito il soggetto,
prima che a Donizetti, ad almeno altri
quattro compositori che l’avevano utilizzato
per le loro opere teatrali. La tendenza
era diffusa tra gli operisti italiani, che
vedevano in Scott (l’“Ariosto scozzese”)
una fonte privilegiata per gli intrecci melodrammatici,
e che potevano contare
sull’ampia diffusione dei suoi romanzi
presso il pubblico borghese.
Cammarano ridusse l’intreccio alle sue
linee essenziali, eliminando azioni e personaggi
secondari ma conservandone il
nucleo drammatico, che consiste da un
lato nell’opposizione di Enrico all’amore
clandestino di Edgardo e Lucia, dall’altro
nel conflitto tra i due personaggi maschili,
dovuto all’antico odio tra le famiglie
degli Ashton e dei Ravenswood. Se
nel libretto si mantengono, pur nella loro
stilizzazione, i motivi principali del romanzo,
ve ne figurano tuttavia di nuovi,
che nell’economia del melodramma sono
tutt’altro che secondari: la scena della
follia di Lucia in primo luogo, vero climax
drammatico dell’opera, e poi la
morte per suicidio di Edgardo. Alla follia
della protagonista il romanzo di Scott
accenna appena; nell’opera di Donizetti
invece la stessa è pubblica e altamente
teatralizzata, così da accrescere l’orrore
e la pietà presso lo spettatore. La scena
di follia – che vanta, com’è noto, una
lunga tradizione nell’opera italiana, e
che conosce con il melodramma romantico
una fortuna rinnovata – è resa, in
Lucia di Lammermoor, grazie allo sconvolgimento
della sintassi del discorso
musicale, a una linearità melodica frammentata,
al libero affiorare di reminiscenze
interrotte (non è invece di Donizetti
la lunga cadenza di tradizione con il
flauto: fu introdotta, alla fine dell’Ottocento,
dal soprano Nelly Melba). Altro
luogo anomalo, e memorabile, è la conclusione
dell’opera: qui librettista e compositore
si distaccarono dalla tradizione,
che preferiva chiudere con un’aria im-
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portante della primadonna (il cosiddetto
rondò), e misero in ultima posizione l’aria
del tenore.
Per il resto, l’opera segue le convenzioni
dell’epoca: il romanticismo di Lucia di
Lammermoor è incanalato nell’alveo di
forme classiche, regolari e ben riconoscibili,
simmetricamente distribuite nei tre
atti.Anche la scrittura vocale – che tocca
vertici di alto virtuosismo nella parte della
protagonista – è legata alla tradizione
del belcanto: insiste dunque su un canto
stilizzato, talvolta riccamente fiorito, anziché
su stilemi realistici. Un generale colore
romantico è assicurato dal trattamento
orchestrale: i corni in evidenza nel preludio,
i gesti strumentali che penetrano a
fondo nell’animo dei personaggi (di Lucia
soprattutto), rivelano una spiccata capacità
introspettiva, che emerge soprattutto
nell’introduzione ai numeri solistici,
quando l’orchestra prefigura affetti e atteggiamenti
psicologici; le battute strumentali
che preludono a “Regnava nel silenzio”,
ad esempio, individuano già in
pochi tratti la visione che ossessiona Lucia,
la sua instabilità, la premonizione della
catastrofe. Non estraneo alla popolarità
dell’opera, che fu immediata e permanente,
è senz’altro il livello altissimo
dell’ispirazione melodica. Donizetti esibisce,
qui, straordinarie doti di incisività e
pregnanza melodica, che si tratti della
veemenza infuocata degli scontri tra i
personaggi maschili o del languore malinconico
di Lucia.
Lucia di Lammermoor fu scritta velocemente,
tra la fine di maggio e il 6 luglio
1835. La prima rappresentazione dell’opera
ebbe luogo a Napoli, al Teatro di San
Carlo, il 26 settembre dello stesso anno.
Le due prime parti furono affidate al soprano
Fanny Tacchinardi Persiani e al tenore
Gilbert Duprez; completavano il cast
il baritono Domenico Cosselli e il basso
Carlo Porto. Si trattava di ottimi interpreti
(la Tacchinardi Persiani, in particolare,
era la cantante più tecnicamente agguerrita
della sua epoca), che assicurarono all’opera
un notevole successo, che non
venne mai meno per tutto l’Otto e il Novecento;
anche oggi che la Donizetti-renaissance
ha portato alla rivalutazione di
opere meno fortunate, Lucia è considerata
a pieno titolo il capolavoro del Bergamasco.
Non stupisce neppure che gli storici
abbiano sempre identificato in Lucia di
Lammermoor un’icona del teatro borghese,
oltre che di quello romantico. Basta rileggere
le pagine di Flaubert in cui Emma
Bovary – il classico prodotto di un’educazione
provinciale e di un sentimentalismo
artificialmente acuito e deviante – assiste
in teatro alle vicende di un’eroina tragica,
identificandosi totalmente con i suoi amori
e con la sua sorte sfortunata. Non a caso,
si tratta di una rappresentazione di Lucia di
Lammermoor