Sul piccolo palcoscenico del Salone Margherita, il teatro di cabaret e rivista consacrato alla comicità romana dalla lunghissima stagione del Bagaglino, cinque personaggi su altrettanti coloratissimi pouf a sacco osservano attoniti un uomo apparentemente privo di vita bocconi su un altro sgabello.
È lo psicoterapeuta Beppe Grillo, ucciso con una martellata. Accanto al suo corpo, il giovane Pino impugna un martello. L’indagine sembra concludersi con il colpevole colto in flagrante.
Ma tutto si complica, a cominciare dal cadavere che, non più tale, si unisce al gruppo nella ricerca delle motivazioni che hanno fatto maturare il delitto, iniziando un viaggio psicanalitico che è una discesa agli inferi che ciascuno compie nell’oscura profondità di se stesso.
Il cadavere, l’unico a conoscere la verità della sua morte, snoda il fil rouge che, legando i protagonisti fra loro, tutti li riconduce a sé, depositario dei loro segreti essendo lo psicanalista di ciascuno, nella totale noncuranza di ogni regola deontologica.
Ampie incursioni nella favola che ha accompagnato la nostra infanzia, il Pinocchio di Collodi contornato dalla fata Turchina, il Grillo parlante, il Gatto e la Volpe, Mangiafuoco.
Il presunto colpevole è un inguaribile bugiardo circondato da una spregiudicata famiglia: una moglie che non riesce a tenere a freno la lingua e sboccatamente cede al turpiloquio in qualunque circostanza; “una” amante vogliosa che non controlla le sue pulsioni; “un” amante stizzito che incassa senza battere ciglio gli epiteti politicamente scorretti che gli vengono rivolti dalla sua diretta concorrente; una madre castrante, espressione freudiana dei disturbi dell’inconscio che alterano il normale sviluppo emotivo.
Il frastornato Pino amaramente postilla che ogni favola inizia con “C’era una volta” e finisce con “E vissero tutti felici e contenti”. La sua favola come finirà? È tortuoso e anche doloroso il percorso, parallelo al percorso collettivo nelle proprie psicosi, con un epilogo inaspettato e inquietante.
Commedia noir, commedia musicale, commedia satirica e dissacrante, nella quale “La verità inizia con una bugia”. Difficilmente inquadrabile in un genere, questo lavoro corrosivo e crudo scritto e diretto dal giovane Andrea Palotto, assecondato dalle potenti musiche di Marco Spatuzzi eseguite al pianoforte da Federico Zylka.
Tutti esagitati e coalizzati contro l’inguaribile bugiardo che sembra sprofondare sempre più nel pozzo senza fondo della sua complicatissima vita, dal quale risalirà sulle ali della verità e della consapevolezza. Nei panni del protagonista, burattino aggrovigliato nei fili che lo rendevano vivo, l’affermato ed eclettico performer Cristian Ruiz, instancabile e guizzante come un folletto. Misurato e compassato come si conviene al saggio Grillo parlante che conduce il gioco, vittima apparente, Danilo Brugia. Tutti gli altri effervescenti e fuori misura, da Debora Boccuni moglie svampita e sboccata e autrice dei movimenti coreografici, a Nadia Straccia madre opprimente, Elena Nieri amante cleptomane e l’altro amante Brian Boccuni affettato quanto basta.
Una metafora surreale della favola e della vita.