Uno spettacolo di Cinzia Pietribiasi e Pierluigi Tedeschi
Con Pierluigi Tedeschi, Tommaso Monza, Davide Tagliavini
Regia Cinzia Pietribiasi
Video, Visual e Mapping: Samuele FatCat Huynh
Corpo sonoro originale: Alfredo De Vincentiis
Allestimento e scene: Luca Prandini
Prodotto dalla Compagnia Pietribiasi-Tedeschi in cooproduzione con Campania dei Festival
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“Equilibrio dentro e fuori di noi. Ripeti” Una reiterazione che diventa leit-motiv della prima parte del breve spettacolo della Compagna Pietribiasi-Tedeschi, “Punto triplo” al debutto in questa edizione del Napoli Fringe 2015. Si tratta di una giovane compagnia che lavora a contatto con vari generi di ricerca e linguaggi sperimentali che con il titolo Punto triplo allude all’acqua, alle sue molecole in continua trasformazione nel passaggio fra i tre stati liquido, solido e aeriforme.
Tre attori stanno dietro ad un telo che funge da quarta parete e da schermo sul quale vengono proiettate formule termodinamiche su assi cartesiani sino ad illustrare il “punto triplo” ovvero lo stato in cui le tre aggregazioni coesistono in una condizione che non c’è in Natura, ma che viene creata in laboratorio. Tale equilibrio artificiale e precario diviene la chiave di lettura del lavoro di Pietribiasi-Tedeschi che ci propone una visione estremamente criptica e concettuale. Per tutta la durata della rappresentazione i tre utilizzano la gestualità del proprio corpo con l’obiettivo di dar luogo ad un’armonia utopica della relazione tra simili trasfigurandola con la metafora dei tre stati; liquido, solido e aeriforme sono allora, forse, tre microcosmi – tre persone – che si esplorano attraverso la ricerca di una comunione reciproca, appunto, il tanto agognato Punto triplo. Ora quasi nudi, ora in tute bianche identiche, essi si muovono delegando frammenti di frasi logiche ad una voce esterna che ci decodifica i concetti della fisica come chiave di lettura della propria vita, la vita di uno dei tre, incanalato in un processo di morte e rinascita. Passato, presente e futuro o Padre, Figlio e Spirito Santo sono anch’essi tre stati che convergono ad un punto perfetto, condizione di grazia della vita umana o trascendente l’esistenza stessa. L’acqua è dunque la molecola perfetta dalla quale, diceva Talete, tutto ha origine e non a caso, sullo schermo viene proiettata un’ecografia mentre dall’altra parte uno dei tre attori si sottopone ad essa, come simbolo della nascita. Una visione concettuale che azzarda una spiegazione con la frase “Mi nascondo dietro a formule termodinamiche perché non ho un codice” con la quale riusciamo a mettere insieme i pezzi. Resta, tuttavia, una forte aporia sulla comprensione del metodo di ricerca espressiva. Un linguaggio astratto quello della termodinamica che si traduce sulla scena come una serie di sequenze gestuali e di interazione fra i tre che non riusciamo a definire da un punto di vista drammaturgico, né quantomeno vederli come veicolo di una narrazione e comunicazione (sottese, per antonomasia, al teatro). Appuriamo che si sta parlando di vita, di morte, di memoria, di contatto con il proprio simile ma questo contenuto è privo di una forma efficace che sia in grado di veicolarlo al pubblico.
Con un background costituito da forti impulsi sperimentali dei quali cerca di coglierne una sintesi, e chiaramente ancorata alla Performing Art, la Compagnia ci restituisce Il punto triplo come un prodotto asettico con una forma criptica ed un contenuto ancora grezzo che si arresta alle immagini proiettate sullo schermo senza che arrivino a chi siede in platea.