Inganni, amori finiti, desideri perduti, segreti, voluttà e sogni si rincorrono e si scontrano per un’ora in un pericoloso e continuo gioco di specchi, di rimandi nella commedia pirandelliana “Sogno (ma forse no)” attualmente in programmazione al Teatro Litta di Milano. La piéce teatrale si apre con la voce registrata di Mario Balbi che legge le prime annotazioni didascaliche del copione scritto da Luigi Pirandello; ci si rende conto già dalle prime frasi di chi saranno i veri protagonisti della scena fino alla chiusura del sipario: i dubbi, le ambiguità, le domande. In questa messa in scena non conta più tanto la trama – che ruota intorno ad un triangolo amoroso – o le parole dei personaggi, quanto l’atmosfera creata attorno a loro, mediante un sapiente gioco di luci, arredi scenografici e scelte musicali. In un palco disseminato di abat jour e sovrastato da impalpabili veli che penzolano come fantasmi, si muovono i due personaggi della storia: la giovane donna, interpretata da Caterina Bajetta, e l’uomo in frak, che prende vita in Gaetano Callegaro. A legarli un amore morboso, ossessivo e mutato nel tempo. Lei, ormai stanca e rassegnata, prova adesso un rinnovato desiderio per il suo primo amante che è tornato in città dopo essersi arricchito a Giava. Lui, solo in apparenza succube di un amore ormai finito, sembra ergersi a paladino della giustizia e della lealtà, si dice disposto ad accettare un rifiuto, ma in verità non riesce a fare a meno della donna. La sua presenza incombente e costante finisce per diventare angosciante per la giovane donna che in un sogno (o nella realtà?) vede il volto di lui farsi così inquietante da paragonarlo ad una “maschera d’incubo”. In una situazione che raccoglie tutti gli elementi topici della poetica pirandelliana, si snoda una storia che di lineare ha ben poco e che piuttosto sembra mescolare il piano onirico a quello reale. Tra specchi, maschere, ricordi, nostalgie, crudeltà e menzogne si concretizza in un oggetto, la collana di perle, la presenza di una terza persona. Il “vezzo di perle” visto in vetrina dalla giovane donna e desiderato tanto da averle provocato un “sospiro di golosità”, si fa presenza ingombrante nella parte finale della piéce. All’uomo in frak, che si è indebitato al gioco pur di acquistarlo per donna che ama, viene giocato uno scherzo dal destino, o forse no. Forse non è il destino soltanto. Il gioiello è infatti stato acquistato dall’ex amante e fatto recapitare alla giovane donna. Ancora un legame; questa volta tra i lacci della collana e le mani dell’uomo in frak che, in sogno, hanno appena avvolto il collo della donna quasi fino a strangolarla.
La regia di Antonio Syxty è completamente legata al testo – prevede addirittura una voce fuori campo che reciti le didascalie annotate sul copione dal drammaturgo siciliano – ma allo stesso tempo lo rilegge “rubando” suggestioni cinematografiche e proiettandolo nella contemporaneità. La dimensione onirica della commedia, già moto curata dallo stesso Pirandello, diventa la chiave attraverso cui unire passato e presente. “Attraversare il confine fra sogno e realtà con un testo teatrale di Pirandello scritto nel 1928 – spiega Antonio Syxty – mi sembrava una sfida interessante proprio in un’epoca come la nostra che sempre di più stimola la percezione di noi tutti su cosa è virtuale e cosa è reale. Ho sempre considerato il teatro come una potente “macchina virtuale”, o per meglio dire, una forma di macchinazione votata alla rappresentazione di ciò che noi immaginiamo possa accadere. Ma se non è ancora accaduto è reale o immaginario? E che cosa accade nel sogno che non accade nella realtà? È il sogno una proiezione della realtà? O la realtà -in qualche modo- si ri-proietta nel sogno?”1
Movenze a volte ritmiche e quasi robotiche si alternano a scene di danza, che sembrano riproporre i movimenti ondeggianti dei tanti drappi sospesi e del grande telo di cellophane che si staglia sul fondo del palco e diventa supporto per proiettare immagini di volti giganti rendendo l’atmosfera ambigua e irreale. Le luci, a volte fredde e violacee, altre chiare e aranciate, contribuiscono fortemente a sottolineare la diversità delle situazioni e diventano lo strumento fondamentale, assieme alla musica, per trasportare lo spettatore nella dimensione onirica.
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Sogno (ma forse no) di Luigi Pirandello
Regia di Antonio Syxty
Con Caterina Bajetta e Gaetano Callegaro
Scenografia di Guido Buganza
Costumi Valentina Poggi
Movimenti di scena Lara Vai
Video Pasquale Russo
Voce registrata Marco Balbi
Disegno luci Fulvio Melli
Assistente alla regia Maria Francis La Spada
Staff tecnico Ahamad Shalabi, Marcello Santeramo
Direttore di produzione Gaia Calimani
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