Si è concluso il 28 giugno il Napoli Teatro Festival 2015. Chiusura amara, tra le polemiche. Pochi gli spettacoli veramente apprezzati ed applauditi, molti i flop, tante le critiche negative alla gestione e alla qualità dell’offerta.
Il primo punto è la quantità della proposta, tantissimi spettacoli in poco più di venti giorni costringono lo spettatore a scegliere fidandosi spesso dei nomi affissi sulle locandine, snobbando magari compagnie meno conosciute (vedi gli spettacoli della sezione Fringe, tra i più apprezzati). Tanti spettacoli per poche repliche.
Il secondo punto è la scelta di alcune location. Non basta allestire qualche spettacolo al Politeama per far rivivere una realtà un tempo fiore all’occhiello della città, né tanto meno spostare parte dell’offerta al Castel Sant’Elmo in situazioni buie, fredde e spesso dall’acustica imperfetta.
Altro punto dolente è il confronto con il passato. A differenza delle altre edizioni la parola “internazionale” viene a mancare. Forse un tantino esagerato dire che i napoletani non conoscono il festival, come pure è stato fatto da Vincenzo Salemme nel corso di una conferenza stampa, ma sembra proprio che si sia dato davvero poco alla città. E se le letture del ciclo “Dediche alla città di Napoli” sono state belle e indovinate, il Sarah Kane di Sepe apprezzato, come pure la scrittura di Valeria Parrella e Davide Iodice con “Euridice ed Orfeo” non si può dire lo stesso per Malacqua o Potevo far fuori la Merkel.
Per quanto riguarda il caso “Malacqua”, andando al Politeama a vedere la messa in scena del capolavoro di Nicola Pugliese, si sperava di assistere ad uno spettacolo bello almeno quanto il libro se non altro per il fatto che la regia è affidata al fratello dell’autore scomparso nel 2012, Armando Pugliese. Il capolavoro di Pugliese, pubblicato nel 1977 e scoperto da Calvino, racconta di quattro giorni di pioggia nella città di Napoli in attesa di un “accadimento straordinario”. Il romanzo è stato ripubblicato di recente da Tullio Pironti.
«Questo è un libro che ha un senso e una forza e una comunicativa», disse Italo Calvino per commentare il testo alla casa editrice Einaudi che poi lo pubblicò. Ma quella forza comunicativa sfugge completamente alla scena. Adattare le pagine di Malacqua risulta un’operazione difficile per la natura del romanzo: una cronaca degli eventi cittadini, un fluire di notizie senza un’apparente trama, dove si scorge come protagonista la città di Napoli, in una veste insolita, seppellita dalla pioggia. Al di là della difficoltà sembra che al Malacqua scenico manchi un’idea di fondo. Armando Pugliese, con le musiche di Nicola Piovani e le proiezioni della pioggia sempre presenti, ci riporta al flusso di eventi e sensazioni che scaturiscono dalla scrittura di suo fratello. Un flusso che però non si concretizza come spettacolo, un fiume di parole che rischia di diventare didascalico e di far perdere la percezione della bellezza del romanzo. A scompaginare il tutto anche la scena di Andrea Taddei e la voce fuori campo di Armando Pugliese che interviene leggendo le pagine del romanzo. Numerosa la presenza degli attori della Compagnia del Teatro Città di Catania che parlando di se stessi (dei loro personaggi) in terza persona sembrano amplificare la sensazione di una lettura plenaria del testo.
Del resto lo stesso protagonista Antonio Grosso, che interpreta il giornalista protagonista della storia, sembra sfuggire al suo ruolo e contribuire a creare un’atmosfera sospesa. Applausi timidi per questa trasposizione.
Se da un lato i grandi nomi hanno un po’ deluso le aspettative, le giovani leve si fanno avanti con decisione. Non è solo il caso del Fringe che si è dimostrato ancora una volta palestra per interessanti percorsi. A far sorridere ed applaudire anche Marco Mario De Notaris, giovane autore e attore napoletano, che con il suo “Millesimi” confeziona una commedia brillante dal sapore amaro e non privo di colpi di scena. Il pubblico sembra spettatore dal basso poiché la scena vuole riproporre un terrazzo dove si sta per svolgere una riunione segreta. A darsi appuntamento sono tutti i proprietari degli attici presenti nel palazzo. Attici, terrazzi e piani costruiti abusivamente. La notizia che sconvolge i proprietari e mette in crisi le loro certezze è l’imminente visita di un perito del Catasto. Le strutture che prima erano proprietà di tutti sono diventate, dopo generazioni di abusi, proprietà private e la visita di uno sconosciuto geometra rischia di rovinare le tanto agognate terrazze al sole. Ognuno ha commesso un abuso a cui non vuole rinunciare e dopo litigi e scarichi di responsabilità un evento inaspettato metterà tutti d’accordo.
Il titolo rimanda alle quote catastali, ma anche ai tanti piccoli peccati e alle tante “giustificazioni” che troviamo quando cadiamo in errore. I protagonisti di questo atto unico rappresentano una certa borghesia ipocrita non estranea alla città. De Notaris gioca con gli egoismi di ognuno dei protagonisti, con il voler conservare i privilegi. I protagonisti di questa storia si sentono dei giganti (e lo sono per meschinità) di fronte alle “formichine” che si divertono a canzonare dall’alto dei loro attici. Bravi gli attori intervallati dalla musica del sax. Applausi e risate.