Dramma giocoso in due atti
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Libretto di Lorenzo Da Ponte
Personaggi e interpreti (primo cast):
Don Giovanni: Carlos Álvarez
Il Commendatore: Rafal Siwek
Donna Anna: Irina Lungu
Don Ottavio: Saimir Pirgu
Donna Elvira: Maria José Siri
Leporello: Alex Esposito
Masetto: Christian Senn
Zerlina: Natalia Roman
Direttore: Stefano Montanari
Orchestra, coro e tecnici dell’Arena di Verona
Maestro del coro: Salvo Sgrò
Regia e scene: Franco Zeffirelli
Costumi: Maurizio Millenotti
Coreografia: Maria Grazia Garofoli
Lighting designer: Paolo Mazzon
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Come quarto titolo, il Festival Arena di Verona propone Don Giovanni, ripresentato nell’allestimento del 2012 firmato Franco Zeffirelli. In quell’occasione, il regista toscano, colloquiando con Angelo Foletto, dichiarò di voler “rappresentare il delirio del maschio” con occhi femminili, mentre al contempo si dà corpo alle fantasie erotiche dell’uomo inabile all’innamoramento. In realtà, quello che intercorre in scena è un gelido distacco tra i personaggi, paradossale quando sesso e morte convivono tormentando le sorti umane: troppa la compostezza di Donna Anna nella fuga iniziale dal libertino, inesistenti se non abbozzati i corteggiamenti, privo di pathos l’incontro finale con il Commendatore. Architetture in un indefinibile stile barocco delimitano lo spazio, trasmutato da cambi scena che interrompono la tensione drammatica. Nell’enorme trionfo settecentesco, paiono muoversi numerose figurine di Meissen, tanto sono colorati e luccicanti i costumi di Maurizio Millenotti. Il light design di Paolo Mazzon ben si adatta alla generale atmosfera impersonale. Impercettibili le coreografie di Maria Grazia Garofoli che si perdono nelle affollate controscene laterali.
A distogliere la mente dal torpore visivo ci pensa il cast. Carlos Álvarez, baritono a suo agio sia nel registro grave che acuto, incarna un Don Giovanni che pare uscito da Interview with the Vampire. Alex Esposito abita Leporello, personaggio che negli anni si è cucito addosso, con disinvoltura e competenza. Tutta in salita la prestazione di Saimir Pirgu, Don Ottavio, perché man mano il tenore ritrova quei colori all’inizio piuttosto stinti. Christian Senn interpreta un Masetto di livello grazie alle rilevanti doti canore. Glaciale e sovente corretto il Commendatore di Rafal Siwek. Se sulla carta nasceva qualche incertezza riguardo a Donna Anna, dal vivo Irina Lungu fuga qualsiasi dubbio, regalando al pubblico un’eccellente esecuzione, ricca di cromie, fraseggio perspicace e gusto musicale. Non lo stesso si può dire di Maria José Siri, l’isterica Donna Elvira, che fin da Ah, chi mi dice mai palesa le limitatezze del suo strumento, inadeguato per i virtuosismi richiesti dalla parte. La dizione imprecisa e l’opacità della voce di Natalia Roman hanno determinato una Zerlina piuttosto banale.
Se l’orchestra, in camicia bianca data la torrida temperatura, è in forma smagliante, ciò si deve alla superba performance di Stefano Montanari. Con un meraviglioso gesto, il direttore rock sfrutta al massimo le potenzialità di ogni sezione e valorizza in maniera coerente il linguaggio mozartiano che mescola, in un raffinato e continuo gioco di rimandi tra scena e buca, musica e parola. I recitativi accompagnati da improvvisazioni al forte-piano e le arie sostenute anche dalla tastiera sono trovate estremamente intelligenti, idonee a valorizzare quei momenti in cui cala l’attenzione – Il mio tesoro intanto, aria in cui Montanari unisce l’opera al concerto per pianoforte, è una chicca preziosa.
Discreto il coro, preparato da Salvo Sgrò, nei pochi interventi ad esso riservati.
Applausi calorosi per tutti, con qualche riguardo in più per Senn, Esposito, Lungu, Álvarez e Montanari.