In questo spettacolo assistiamo all’esplosione artistica di Dario Fo che moltiplica le sue energie creative nel disegno degli straordinari elementi scenici, dei costumi e delle maschere. Questa rappresentazione di quel che si può definire la commedia dell’arte cinese dà il destro a Fo di distinguersi più nella veste di maestro d’arte pittorica in tutte le accezioni (scene costumi, maschere e movimenti) che come autore del testo. Certo, anche nel testo c’è tutto lo spirito trasgressivo, libertario, rivoluzionario del Nostro, un testo bello, poetico, divertente e affascinante ma ahimè troppo datato. La critica all’ignoranza, all’arroganza del potere, alla mancanza di principi che precipita l’uomo nell’eterna incoerenza e meschino opportunismo sono raccontati nello svolgimento scenico con la mano dell’artista che veicola i messaggi attraverso la leggera provocazione dell’ironia e del grottesco.
Il protagonista della “Storia di Qu”, è una “maschera” cinese simile ai nostri Zanni e Arlecchino. Qu (interpretato da Michele Bottini) è uno che non ha mai avuto un buon rapporto col lavoro, uno che si arrangia, all’occorrenza rubacchia ma è un ingenuo, un candido, moralmente onesto la cui vita in un giorno di carnevale viene sconvolta da avvenimenti che gli sono del tutto estranei: governatori che proibiscono i monaci volanti che predicono il futuro, rivoluzionari pasticcioni e infine il ritorno all’ordine con la stupida violenza del potere. Ebbene malgrado i soprusi e le ingiustizie patite Qu scopre l’amore e la sua storia insegna che anche credere in una utopia aiuta a sperare e a realizzare i propri sogni malgrado alla fine, vittima dell’umana ingiustizia, Qu venga imprigionato e “giustiziato”.
La drammaturgia intesa come summa di diverse discipline e linguaggi teatrali, è formidabile, perfetta. La mano di Fò si sente in ogni risvolto, ma l’assiduo, lungo, illuminato “lavoro” di Massimo Navone, regista dello spettacolo, sui 25 giovani attori della scuola Paolo Grassi (di cui è direttore) e sui tempi scenici è stato determinante per il meritatissimo successo di questo spettacolo che fonde mirabilmente in un unico corpus recitazione, gestualità, danza, mimica, acrobatica, musica, canto, trucco, costumi.
In questo contesto la musica (eseguita dalla Civica scuola di musica Claudio Abbado) accompagna la narrazione esaltandone gli aspetti a volta teneri, ieratici o drammatici e i vari componenti dell’arte visiva fissano un momentum poetico di notevole intensità. Voglio dire che il binomio forma e sostanza, pur inscindibili, non creano le emozioni con la stessa forza.
“La storia di Qu” è il risultato straordinario che nasce dalla collaborazione tra giovani attori, musicisti, scenografi, costumisti, acrobati. Il cast composto da attori giovani, bravissimi hanno trascinato il pubblico per due ore fino all’esplosione finale con applausi da stadio.
Grande apprezzamento per scenografie (vere e proprie creazioni artistiche) realizzate dalla Scuola di scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Brera.
Conclusione: spettacolo assolutamente da non perdere.