Due titani in palcoscenico per l’Otello di Rossini: Gregory Kunde e Juan Diego Florez… What else?
(7 luglio 2015)
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Scenografia austera e spartana con pochissimi elementi moderni: solo alcune sedie pieghevoli disposte in modi diversi e un lungo tavolo, poi una gondola nera al posto del letto di morte, intorno pareti di stoffa che alla fine cadono. Scene di Jürgen Flimm da un’idea di Anselm Kiefer. Luci di Sebastian Alphons.
Costumi neri per il coro, austeri per gli uomini, pomposi per le donne. Spumeggiante abito di piume per Desdemona in contrasto con la spartanità circostante. Vestaglia di broccato per i due sposi nella scena finale. Costumista Ursula Kudrna.
L’opera è risultata un po’ monotona e trattandosi di Rossini è tutto dire, ma due titani on stage hanno focalizzato l’attenzione, distogliendola dalla povertà della scenografia e dalla superficialità della regia.
Che la regia fosse piuttosto statica specialmente nella gestione delle masse non è per me un difetto perché la dinamicità della musica rossiniana non deve essere assecondata da movimenti ritmici delle persone, ma lo scambio canoro dei personaggi nei duetti e nei terzetti deve essere un vero dialogo tra persone e non un brano da concerto cantato sul boccascena di fronte al pubblico. Non si capisce neanche il luogo dell’azione, solo alla fine il regista Jürgen Flimm, per farci capire che siamo a Venezia, nell’ultimo atto ha sostituito il letto con una gondola nera, portata da dieci uomini neri in un ambiente azzurro fumoso, mentre un’arpa su un carrello a rotelle percorreva lentamente il palcoscenico durante la “canzone del salice”.
Sul piano vocale Otello e Rodrigo hanno pagine esaltanti, duetti di bravura che sono veri e propri duelli vocali. Il belcanto portato all’estremo sia come tessitura che come virtuosismo richiede voci solide, estese, duttili fino al funambolismo. Attualmente due tenori al mondo hanno le qualità vocali e tecniche per ricoprire questi due ruoli e qui alla Scala per quest’Otello di Rossini si sono sfidati in roventi duelli vocali proprio loro due: Gregory Kunde per Otello e Juan Diego Florez per Rodrigo, che hanno fatto rivivere le emozioni dell’edizione pesarese del 1988 con Chris Merritt e Rockwell Blake.
Kunde ha l’estensione e lo spessore del baritenore, con gravi corposi, centri sonori, acuti spinti e robusti; con proiezione precisa del suono e dizione chiara affronta magistralmente il canto a piena voce e le improvvise impennate acute, è trascinante nel canto di forza e di disperazione, perché unisce bella voce e ottima interpretazione, ma è anche artefice di attacchi delicati e di virtuosismi nel canto d’agilità e di sbalzo. Per la sua versatilità attualmente è l’unico tenore al mondo a cantare sia l’Otello di Rossini che l’Otello di Verdi; nell’800 lo aveva fatto Tito Stagno.
Florez, tenore contraltino estesissimo, belcantista di razza, è il principe della dinamica sfumata e del funambolismo vocale, il canto di coloratura rossiniano non ha per lui alcun segreto, sempre gestito sul fiato e con la giusta proiezione del suono; nel pirotecnico ruolo di Rodrigo ha sfoggiato un mezzo vocale duttilissimo e sicurissimo, con morbidi attacchi a mezza voce (“Ondeggia il core”) e astrali puntature acute e sovracute sparate e tenute (duetto di bravura con Jago “No, non temer…Calma sui labbri tuoi…Se uniti negli affanni”, con musica danzante e voce del corno). Nella difficilissima aria “Ah, come mai non senti”, cantata alla ribalta indossando il frac come in un concerto, mentre Desdemona passeggia, si avvale di una linea levigata di canto, arricchita di fiorilegi e puntature acute possenti e tenute.
(Mario Tiberini debuttò Rodrigo a Philadelphia nel 1858 e lo replicò a New York nello stesso anno e a Bergamo l’anno successivo, dove fu veramente grande.)
Apprezzabile la prestazione del tenore Edgardo Rocha, che, nel ruolo di Jago, ha tenuto testa ai due portentosi belcantisti, esternando una bella voce chiara, agile, svettante nello squillo e sicura nella fluidità del canto.
Nel ruolo di Elmiro, padre di Desdemona, è emersa la splendida voce del basso Roberto Tagliavini, una voce importante, ampia e robusta, con buona connotazione del registro grave, morbida e sensuale nelle belle arcate, corposa ed estesa in acuto, ben proiettata in avanti con buon dosaggio del suono a fini espressivi.
Il tenore Nicola Pamio è riuscito a dare una voce vecchieggiante al doge, un vecchio decrepito che si trascina a fatica.
I suoni risultavano gonfiati nei centri e nei medi per le due donne.
Per Olga Peretyatko (Desdemona) tanto è bella la zona acuta quanto sgradevole la zona medio bassa. Il soprano sa cantare, tiene suoni morbidi, esegue agilità, note ribattute, scale cromatiche, si destreggia benissimo in acuto, svetta insieme a Florez, ma i suoni medi sono gonfiati e intubati, la dizione è poco chiara e la linea di canto monocorde, il suono è sgradevole nei gravi soprattutto in presenza di parole con la “e”, il suono è meno intubato con parole con la “o”.
Annalisa Stroppa (Emilia) ha voce sicura a volte pesante, intubata in basso più bella in acuto.
Sehoon Moon, solista dell’Accademia Teatro alla Scala, era un gondoliere.
Il quartetto dei seguaci di Otello era composto da Davide Baronchelli, Guilllermo Esteban Bussolini, Alberto Paccagnini, Vincenzo Alaimo.
Nell’insieme comunque l’opera è risultata al di sotto delle aspettative, forse anche per la mancanza di mordente e di colori nell’orchestra della Scala diretta da Muhai Tang. Il Coro della Scala era diretto da Bruno Casoni.