Concetto, coreografia: Cristina Rizzo
Interpreti: Annamaria Ajmone, Cristina Rizzo
Elaborazione sonora, djing: Simone Bertuzzi aka PALM WINE
Disegno luci, direzione tecnica: Giulia Pastore
Produzione: CAB008
Con il sostegno di: Regione Toscana, MIBACT
Coproduzione: Biennale di Venezia Danza
In collaborazione con Terni Festival
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Giunto alla trentunesima edizione, il festival internazionale Bolzano Danza avvia un percorso triennale sul tema dell’identità, principiandone l’analisi dal suo elemento base, il genere. FE|MALE è stato quindi il titolo scelto per il 2015 e gli ospiti – Carolyn Carlson Company, Olivier Dubois, Alessandra Ferri, Herman Cornejo, Rocío Molina per citarne alcuni – hanno proposto la loro riflessione su maschile e femminile. Per circa un mese, la rassegna ha animato la città non solo con performances professionali di alto livello, ma anche grazie a una ricca serie di eventi off stage, quali incontri con i protagonisti, installazioni artistiche e concorsi.
BoleroEffect (Rapsodia_The long version) di Cristina Rizzo, penultimo appuntamento della rassegna, si contestualizza in un preciso iter creativo. Dal 2012 infatti la danzatrice-performer-coreografa italiana sta meditando su passato e presente, risemantizzando i classici del balletto: Invisible piece riconsidera la celeberrima Morte del cigno, Sagra della primavera a Las Vegas ripensa il Sacre di Stravinskij mentre lo scorso anno nacque il lavoro in questione. Partendo dal celebre brano di Ravel, di cui la ripetitività della musica tecno mixata suggestivamente da Simone Bertuzzi aka PALM WINE è sorella maggiore, Cristina Rizzo e Annamaria Ajmone ci invitano ad un enigmatico rave, durante il quale la ragione sembra perdersi in un’incontrollabile scompostezza delle membra. L’uomo dà il tempo, spostandosi tre volte lungo la scena con l’intera consolle, e le donne svolgono, quasi menadi moderne, la partitura corporea fatta di continuità, turbolenza, esaltazione e parossismo. Abbigliate allo stesso modo, ma d’età diverse, le artiste si lanciano in una coreografia in realtà assai strutturata, cesellata com’è da movimenti sinuosi di braccia, mezza punta, rotazioni e basculamenti. Questa verticalità esasperata pare anelare a una pressante voglia di esserci e di possedere lo spazio nella sua totalità, nell’hic et nunc di un’impossibile polarizzazione tra anime che sono l’una lo spettro dell’altra. Annamaria Ajmone, già giovane coreografa impegnata il mese prima in Büan al Biennale College Danza 2015 di Venezia, si abbandona divertendosi con passione al loop ipnotico di Bertuzzi, mentre Rizzo conserva un elegante aplomb anche in quei frangenti ove i ritmi e i gesti paiono farsi sciamanici o rituali.
Davvero valido è il disegno luci curato da Giulia Pastore, finalizzato a inserire i corpi in una dimensione non solo fisica, ma anche mentale perché luminosissimo nei momenti di gioia, fumoso negli attimi precedenti lo sballo, oscuro nei sensi ottenebrati dall’alcool.
Sebbene alcuni presenti abbiano abbandonato la sala prima della fine, forse annoiati dai linguaggi espressivi ultracontemporanei, un buon numero di persone, soprattutto giovani, è sceso in pista trascinato dal dj set di PALM WINE, previsto al termine dello spettacolo.