Melodramma buffo in due atti
Musica di Gioachino Rossini
Libretto di Cesare Sterbini, dalla commedia omonima di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais
Personaggi e interpreti (primo cast):
Il Conte d’Almaviva: Antonino Siragusa
Bartolo: Bruno De Simone
Rosina: Jessica Pratt
Figaro: Mario Cassi
Basilio: Roberto Tagliavini
Fiorello/Ambrogio: Nicolò Ceriani
Berta: Silvia Beltrami
Un ufficiale: Victor Garcia Sierra
Regia, scene, costumi e luci: Hugo de Ana
Coreografia: Leda Lojodice
Direttore: Giacomo Sagripanti
Orchestra, coro, corpo di ballo e tecnici dell’Arena di Verona
Maestro del coro: Salvo Sgrò
Direttore del corpo di ballo: Renato Zanella
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All’Arena di Verona torna Il barbiere di Siviglia nell’allestimento del 2007, curato in toto da Hugo de Ana. Il mood complessivo consta di un mix tra il cartoon disneyano Alice in Wonderland e il musical americano The Wizard of Oz. La vicenda è trasposta in un gigantesco giardino di rose, come quello della Regina di cuori, con alte siepi girevoli a creare i vari spazi scenici. In quel world of my own favoleggiato dalla bimba di Carroll abbondano i pennuti che qui costituiscono l’hobby principale di Don Bartolo, indaffarato nel tempo libero con voliere ed esemplari di ogni sorta. Fanno da cornice ai protagonisti strani esseri carnascialeschi, quasi i Munchkins di Baum, dai costumi variopinti e fantasiosi. Tra luci ora calde ora fredde, l’azione si dipana all’interno del labirinto d’amore per giungere a un epilogo pirotecnico, unico coup de théátre della serata. L’efficacia dell’impianto scenico è infatti sminuita dalla regia, che obbliga gli artisti a quegli scimmiottamenti privi di gusto estetico, oggi obbligatori, a quanto si riscontra nei teatri, nel Rossini comico. Non da meno, le coreografie di Leda Lojodice rispolverano ingenui espedienti, quali un incomprensibile vortichio di sedie durante il finale dell’atto primo e ombrelli roteanti nel temporale, ed esasperano i ballerini in un’irritante effeminatezza e mollezza di pose.
Soddisfacente nel complesso il cotè musicale. Giacomo Sagripanti debutta all’anfiteatro scaligero e la conduzione cauta, seppur non priva di buone idee agogiche recepite parzialmente dall’orchestra, è forse imputabile a tale motivo. Sagripanti si rivela comunque direttore attento e oculato nelle dinamiche, riuscendo a dipingere con colori ben stemperati un Barbiere elegante più che frizzante.
A Jessica Pratt, anch’essa debuttante all’Arena e nel ruolo, va riconosciuta la generosità con cui restituisce Rosina, confermandosi uno dei migliori soprani di coloratura. Pratt possiede un’agilità invidiabile nel registro acuto che sa impreziosire all’occasione con graziosi e personali abbellimenti. Ascoltandola si torna ai tempi degli “usignoli” Capsir, Galli Curci, Galvany, Pons, Tetrazzini… e come le primedonne del passato si ritaglia uno spazio tutto per sé sostituendo il Rondò dell’inutil precauzione con le variazioni Deh torna mio bene di Proch, in una sospensione dell’azione che ci ricorda come, all’epoca di Rossini e molto prima, eseguire arie da baule fosse prassi accettata da pubblico e critica. Cadenze studiate, sovracuti centrati e fraseggio gustoso rendono Pratt protagonista indiscussa della recita. Mario Cassi è un Figaro di gran levatura, caratterizzato dalla voce sempre salda, dal bel fraseggio e da una recitazione più che disinvolta. Don Bartolo vive in Bruno De Simone che ormai, dopo averlo impersonato innumerevoli volte, sa declinarne la psicologia attraverso il canto omogeneo, la dizione chiara e la gestualità sapiente. Sorprendente il Basilio di Roberto Tagliavini, artista che dà piena autorevolezza al comprimario grazie a un eccellente strumento vocale. Piatta e con frequenti cali d’intonazione la prestazione di Antonino Siragusa, Conte poco convincente e quasi disinteressato alla bella spasimante. Causa di ciò sarà stata anche l’interruzione per pioggia dopo Ecco ridente in cielo, seppur il piglio e il fraseggio migliorino nel secondo atto. La trappola di Cessa di più resistere, impegnativa prova di virtuosismo tenorile, lo attende e Siragusa vi ci casca con agilità mal calibrate. Entusiasmante Silvia Beltrami, Berta corretta e pulita. Bene Nicolò Ceriani, nel doppio ruolo di Fiorello ed Ambrogio, e Victor Garcia Sierra nei panni dell’Ufficiale.
Il coro, preparato da Salvo Sgrò, si disimpegna egregiamente nei pochi frangenti ad esso riservati.
Applausi convinti, anche a scena aperta, con ovazioni finali per Pratt, Cassi, De Simone e Siragusa.