Nel giardino che circonda l’abside della Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino, belvedere che fronteggia il Gianicolo cui il Tevere fa da spartiacque, torna ogni estate la rassegna Pirandelliana, giunta alla XIX edizione, con il patrocinio dell’Assessorato cultura e turismo.
Dal 9 luglio al 9 agosto, la passione di Marcello Amici con la sua Compagnia delle Maschere, propone a sere alterne un ampio repertorio della produzione teatrale e delle novelle del drammaturgo di Girgenti: Sei personaggi in cerca d’autore (martedì, giovedì, sabato) e gli atti unici L’imbecille, Bellavita, L’uomo dal fiore in bocca e La patente (mercoledì, venerdì, domenica).
I sei personaggi costituiscono un cavallo di battaglia della Compagnia, il loro dramma esistenziale ha permeato le calde sere romane da questo palcoscenico per molti anni. Amici è il capocomico che deve dar vita ai personaggi ripudiati dall’autore che li ha immaginati. Gli attori della compagnia provano a interpretarli: padre, madre, figlio e gli altri tre avuti con un altro uomo, figliastra, bambina e giovinetto. La miseria materiale, il degrado morale, la tragedia, tutto sembra falso vissuto sulla scena, le parole e i sentimenti perdono pregnanza sovrapponendo finzione a realtà. Eclatante esempio di meta teatro in cui la simulazione dell’attore diventa verità per lo spettatore.
L’imbecille propone il rovesciamento del punto di vista della tematica, in un calibrato chiasmo. Il direttore del giornale locale definisce inutile il suicidio di un giovane che, invece, avrebbe fatto bene ad andare, prima, a Roma a uccidere un senatore del partito avverso; lui stesso gli avrebbe pagato il viaggio. Un giovane studente intenzionato a suicidarsi, ascoltata l’esternazione, per non passare da imbecille dopo la morte, punta la pistola contro il direttore per assolvere l’incarico di eliminarlo ricevuto proprio da quel senatore, che gli ha anche pagato il viaggio.
Bellavita è un marito tradito e padre di un figlio forse non suo, che pretende di condividere il lutto per la perdita della moglie con il di lei amante, accomunati prima dall’amore per la stessa donna e adesso dal dolore. Al piacere dovrà seguire il rimorso.
L’uomo dal fiore in bocca intrattiene un passeggero che aspetta il treno raccontando momenti di vita vissuta: come confezionano i pacchetti nei negozi, la varia umanità che si incontra nelle sale d’attesa dei medici, la presenza opprimente della moglie che lo segue a distanza e, infine, la sua malattia, quel fiore che gli è spuntato in bocca dal nome dolce, epitelioma, e dell’appuntamento con la morte che ripasserà fra tanti giorni quanti sono i fili d’erba di un cespuglietto.
Ne La patente il povero Chiarchiaro è costretto a indossare la maschera di iettatore ufficiale poiché tale è considerato dalla credenza popolare. È un onesto padre di famiglia con una moglie invalida e ha perso il lavoro a causa di tale diceria. Ottenendo il riconoscimento, tutti gli daranno dei soldi per tenerlo alla larga.
L’essere umano è come egli si percepisce o come gli altri lo vedono? Gli attori interpretano un ruolo o sono i personaggi che rappresentano? Veicolano passioni o le provano realmente? Il dramma è vissuto o rappresentato? Innumerevoli gli interrogativi.
Tra i primi due atti appare in scena Luigi Pirandello (Amici, ormai, si è identificato con il drammaturgo, ne ha quasi assunto la fisionomia accentuata dal pizzo bianco) che, sotto la tesa del cappello accenna alla sua vita e alla sua morte.
In lontananza la cupola di San Pietro spande bagliori di luce sui piccoli e grandi drammi umani scaturiti dai recessi della psiche.
Scarne e d essenziali le scene di Marcello de Lu Vrau, aderenti all’epoca i costumi di Carlo Bari.
Gli attori sostengono un notevole impegno nel duplice repertorio: oltre a Marcello Amici, Marco Vincenzetti, Paola Tripodo, Anna Varlese, Giacomo Bottoni, Davide De Angelis, Cristina Cubeddu, Mario De Amicis, Alessandra Ferro, Valerio Serraiocco, Giulia Nardinocchi, Carlo Bari.