R.O.F. 2015
Pesaro – Teatro Rossini
Opera buffa napoletana di Rossini (1816) nella versione completa col quintetto ritrovato
(20 agosto 2015)
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Le frizzanti volatine degli archi, il dialogo tra gli strumenti con voce scoperta nelle frasi virtuosistiche, la leggerezza spumeggiante del tutto orchestrale nei crescendo, la pienezza del suono caratterizzano la bella Sinfonia, che sarà riusata per La Cenerentola. La trasparenza del sipario lascia vedere delle ombre che si concretizzano aprendo una tendina del sipario che poi si alza e ci fa trovare a PARIS. Giochi di luci e ombre, figure in controluce, camerieri con divisa a righe bianche e nere, tra gli scatti di fotografi donne in bianco e nero sfilano su una passerella centrale sopraelevata, sulla quale passano tutti i personaggi per entrare in scena. La passerella diventa poi bureau della reception di un HOTEL e in seguito si moltiplica in due, quattro, vari tavoli pronti all’uso. Dall’alto scendono prima le gazzette che il coro evidenzia con delle pile, poi i poster, l’ambientazione si arricchisce di un bosco ombroso, di nuvolette appese, attrezzi ginnici per gli allenamenti prima del duello e sempre ombre in controluce dietro il sipario trasparente.
Elegantissime la scenografia di Manuela Gasperoni e la regia di Marco Carniti, suggestive le figure in fermo immagine, ma troppo movimento nei quintetti e troppa azione intorno ai pezzi chiusi con simboli da interpretare creano confusione. Bellissimi e cuciti addosso ai personaggi i costumi di Maria Filippi (coloratissimi e col sottogonna anni ’60, ma oggi rilanciati da Dolce e Gabbana, quelli di Lisetta, alcuni abiti scendono dall’alto per la vestizione in diretta). Sul piano vocale si è assemblato un cast di vero prestigio, che si amalgama e si diverte nel frizzantissimo quintetto “Già nel capo un giramento”: tutti bravi!
In splendida forma il tenore di grazia Maxim Mironov, nel ruolo amoroso di Alberto con completo grigio e cappello in mano, esordisce con la sua bella voce chiara sopra le note del corno; la sua performance è davvero eccelsa, perché il tenore gestisce con gusto un mezzo vocale gradevole, esteso, con appoggi gravi corposi ma non di petto, delicate mezze voci (“O lusinghiero amor”) e morbidezza della linea di canto per affrontare con leggerezza anche gli acuti limpidi, duttile in tutta la gamma e ben educata alla prassi esecutiva rossiniana, mette maggior foga negli slanci acuti focosi e nelle lunghe arcate acute sostenute. La voce d’angelo, come l’avevo soprannominato al suo esordio in una conferenza su Rossini a Pesaro, ha preso corpo pur mantenendo le sue qualità celestiali.
Nelle vesti colorate e vaporose dell’esuberante e frivola figlia di Don Pomponio Lisetta, che in guepière bianca, turbante, sontuosa vestaglia nera e bianca arriva su una poltrona da dentista, si cala Hasmik Torosyan con vocetta acuta, duttile e brillante; il soprano è in grado di entrare nello scintillio del virtuosismo rossiniano, ma anche di addolcire e filare i suoni, di alternare il canto di bravura con frasi appassionate.
La gentildonna Madama La Rose con soprabito grigio e fiori al bavero e cappellino, si esprime con la voce del mezzosoprano Josè Maria Lo Monaco, voce vibrante, pastosa, estesa, colore brunito, anche se non di grande spessore, buoni appoggi nella zona grave e facilità di slanci in tessitura acuta; la cantante, esperta anche di canto barocco, è corretta nel porgere e possiede una buona tecnica.
Don Pomponio con completo a righe esce da un baule portato in palcoscenico da montacarichi a rotelle insieme ad altri bagagli su una musica scintillante con coro, lo caratterizza il baritono Nicola Alaimo, imponente nella figura e dominante per una voce grandissima, estesa, possente, robusta, fluente nei recitativi parlati in dialetto napoletano, agilissima nei sillabati scoppiettanti anche in duetto con la figlia Lisetta.
Vito Priante (Filippo il locandiere che poi si traveste da quacquero con costume cinese) esibisce un bella voce baritonale, ampia, di spessore e di bel colore, con gravi bellissimi, morbida nel porgere e abile nell’eseguire il canto di coloratura.
Raffaella Lupinacci è una volitiva Doralice, Anselmo, padre di Doralice, ha la buona voce scura del baritono Dario Shikhmiri. Andrea Vincenzo Bonsignore è Monsù Traversen.
E c’è sempre un mimo che interloquisce a suo modo con Don Pomponio, è Tommasino, impersonato dall’attore Ernesto Lama.
L’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna diretta da Enrique Mazzola e l’ottimo Coro di Bologna scenicamente mosso, preparato da Andrea Faidutti hanno restituito il brio della scrittura rossiniana con un ritmo scoppiettante e trascinante.