di Massimo Sgorbani
regia Gianfranco Pedullà
con Giusi Merli, Gianfranco Quero, Marco Natalucci, Rosanna Gentili, Roberto Caccavo, Gaia Nanni, Gianna Deidda, Rosaria Lo Russo, Massimo Altomare, Angela Degennaro, Isabella Giustina, Eleonora Venturi, Fausto Berti, Matteo Zoppi
produzione Teatro Popolare d’Arte/Compagnia Simona Bucci
con il sostegno di Mibact e Regione Toscana
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Nel quarantesimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini (lunedì 2 novembre), debutta al Teatro delle Arti di Lastra a Signa la nuova produzione del Teatro popolare d’arte, dedicata al poeta, scrittore, regista, sceneggiatore e figura cardine della cultura italiana del Novecento.
“Arcitaliani o le 600 giornate di Salò” è il titolo dello spettacolo, a firma di Massimo Sgorbani, tra i nomi più apprezzati della nuova drammaturgia, che nell’occasione rinnova la collaborazione con il regista Gianfranco Pedullà, a cui si affianca la Compagnia di danza Simona Bucci.
In programma fino a domenica 8 novembre (inizio ore 21, domenica ore 17) “Arcitaliani o le 600 giornate di Salò” è quasi un musical, quasi un dramma borghese, quasi una commedia, quasi una tragedia e quasi tutte queste cose messe insieme. Non si tratta di approssimazione quanto di indeterminatezza, la stessa dell’Italia di quegli anni, monarchia trapassata in una prima repubblica e ancora lontana da avere acquisito un’unità di fatto. A quell’unità, come scrive Pier Paolo Pasolini, il Paese arriverà solo nel dopoguerra, sulla spinta del boom economico, dei mezzi di comunicazione di massa e della società dei consumi.
Milano, 1943-45: una famiglia fumettistica (padre, madre, figlio e servetta), liberamente ispirata al personaggio Pampurio del Corriere dei Piccoli, vaga di casa in casa sotto i bombardamenti degli aerei, degli annunci radiofonici e delle canzonette dell’EIAR, e incontra partigiani fucilati, impiccati e torturati. Alla fine delle sue peregrinazioni, la famiglia approda in un grande appartamento che si affaccia su Piazzale Loreto.
In scena scena Giusi Merli, Gianfranco Quero, Marco Natalucci, Rosanna Gentili, Roberto Caccavo, Gaia Nanni, Gianna Deidda, Rosaria Lo Russo, Massimo Altomare, Angela Degennaro, Isabella Giustina, Eleonora Venturi, Fausto Berti, Matteo Zoppi.
“Arcitaliani o le 600 giornate di Salò” è primo episodio della trilogia “Dopo Salò, l’omaggio a Pier Paolo Pasolini”, nell’ambito del progetto triennale “Comizi Civili sulla Bella Italia” ideato e diretto da Gianfranco Pedullà per la compagnia Teatro popolare d’arte: una sorta di biografia poetica (in forma a volte comica a volte drammatica) che, attraverso produzioni, laboratori altre iniziative ripercorrerà la storia d’Italia dalla seconda metà del Novecento a oggi. L’idea che si dipana è quella di raccontare “il corpo dell’Italia” attraverso il “corpo di alcuni italiani”: Gramsci e le sue ceneri, Mussolini e la Petacci, i partigiani impiccati, Moro e il terrorismo rosso, Pasolini, i corpi esplosi nelle stragi fasciste…
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CENAINTEATRO – Per chi lo desidera venerdì 6 novembre e sabato 7 novembre alle ore 20 il Teatro delle Arti propone Cenainteatro con buffet e drink a 6 euro.
CON GLI OCCHI DI PASOLINI – Sabato 31 ottobre dalle ore 18 retrospettiva del cinema minore di Pier Paolo Pasolini a cura del giornalista a critico cinematografico Gabriele Rizza.
Ore 18 Mondo Arcaico: “Sopralluoghi in Palestina per il Vangelo secondo Matteo” (55 min); “Le Mura di Sana’a” (15 min); “Appunti per un’Orestiade africana” (60 min); ore 20.30 buffet; ore 21 “Comizi d’amore” (89 min). Proiezioni + buffet 10 euro, solo proiezioni 5 euro.
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NOTE DELL’AUTORE E DEL REGISTA
“Toglierlo di scena”: è quel che Carmelo Bene dichiarava di fare ogni volta che affrontava un classico. Altrettanto dovrebbe sforzarsi di fare ogni teatrante che si confronta non solo con un testo del passato, ma anche un con personaggio o un evento storico: toglierli di scena.
Il contrario – metterli in scena – è mio avviso un’operazione in forte odor di necrofilia. Rappresentare, re-presentare il passato, ricostruirlo e riproporlo alla memoria dei presenti equivale a dire che tutto è già accaduto, e che compito del teatro sia solo riesumarlo, scenografarlo, imbellettarlo tutt’al più con superficiali richiami all’attualità.
Ridare vita al passato significa, invece, rinunciare al resoconto in nome del racconto e pensare che la propria anacronicità sia un bisturi che, ben lungi dall’effettuare un semplice lifting, deve incidere a fondo la carne: operazione degna di un dottor Frankenstein che assembla pezzi di trapassati per animare una creatura che riprende vita nell’infedeltà all’originale, nella forma del monstrum che si espone alla visione sub specie spectaculi.
Del resto il solo attingere alle fonti equivale ad alterarle. Metterci le mani significa inquinarle inevitabilmente. Riportarle alla luce significa adombrarle.
In “Arcitaliani” le fonti a che ho inquinato sono molteplici. Alcune sono coeve al periodo che ho preso in considerazione: le notizie storiche, i documenti audio, le canzoni dell’Eiar, i versi di D’Annunzio e di Malaparte, un fumetto del Corriere dei Piccoli. Elementi che, pur appartenendo al medesimo contesto storico, collidono tra di loro e si decontestualizzano perfino quando vengono citati testualmente, senza che io li abbia modificati in qualche modo.
Per esempio, le frasi che si scambiano Benito Mussolini e Clara Petacci (nello spettacolo Ben e Claretta) sono “un copia e incolla” dei diari della stessa Petacci. Non ho aggiunto niente di mio, ho solo, qua e là, cambiato di poco la forma. I due amanti, infatti, hanno dimostrato una fantasia davvero ineguagliabile. Ben (Mussolini), si suppone dopo un amplesso con Claretta, dichiara: “Il mio amore è tremendo e travolge tutto. Se avessi potuto, prima ti sarei venuto dentro con il cavallo” (sic!). Bene, io – sarà perché non ho un cavallo – non sarei mai riuscito a inventarmi niente di simile. E allora mi sono arreso alla superiorità drammaturgica dei due amanti, e ho lasciato che le loro testuali parole li trasformassero da sole da personaggi storici in dramatis personae.
Va anche detto, però, che la fonte di queste parole è un diario, cioè una testimonianza che già risente di un’elaborazione soggettiva e, in qualche modo, letteraria. Se a questo aggiungiamo che qualcuno avanza il sospetto che la Petacci fosse, in realtà, una spia di Churchill, eccoci invischiati in un groviglio di realtà e finzione. La Claretta che scrive sarebbe una Claretta che finge di essere innamorata di Mussolini e redige fatti e dialoghi selezionati a uno scopo affatto diverso da quello del diario “privato”.
Poi c’è Pasolini, altra fonte di “Arcitaliani”: Pasolini con le sue osservazioni sulla storia d’Italia, Pasolini critico e profetico al punto da avere intuito qualcosa che andava ben al di là il suo presente. Ma anche Pasolini sceneggiatore e regista di “Salò”, il suo scioccante film-testamento in cui un testo del 1785 (De Sade), viene ambientato nell’Italia del 1944 per alludere, in realtà, all’Italia del 1975, e forse anche oltre. Del film di Pasolini ho “centonizzato” alcune frasi (il pubblico può giocare a riconoscerle) e lo ho messe in bocca al protagonista di “Arcitaliani”. Ma ho anche citato situazioni e musiche di quello stesso film.
Fumetti, canzonette, poesie, diari apocrifi, fatti storici, citazioni di un film del 1975 ambientato nel 1944 e ispirato a un opera del 700 e, infine, lo sguardo di chi (come me) scrive nel 2015, quarant’anni dopo il film “Salò” e settant’anni dopo la Repubblica Sociale: ecco i pezzi di questa “creatura” che tenta di tornare a vivere e, sia pur goffamente, di camminare. Sicuramente di esibirsi nella sua mostruosità spettacolare.
Per finire, rivelo anche una citazione dallo “Zarathustra” di Nietzsche, inopportuna, forse, ma non casuale, perché proprio Nietzsche ci ha parlato dell’utilità e del danno della storia per la vita. Dove per “vita”, nel nostro caso, si intende proprio l’evento teatrale che accade qui e ora, in un presente che, proprio perché accade, è sempre inattuale.
Massimo Sgorbani
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Il progetto DOPO SALO’ si propone una sorta di biografia poetica (in forma tragicomica) dell’Italia dalla seconda metà del Novecento a oggi, a partire dalla fine del ventennio fascista. Attraverso tre testi originali – affidati al drammaturgo Massimo Sgorbani – già autore della trilogia INNAMORATE DELLO SPAVENTO, dedicata alle “donne di Hitler”) – proveremo ad attraversare (con i mezzi che ci offre il teatro) alcuni importanti episodi della vita italiana del secondo dopoguerra fino ai nostri tempi. Vogliamo raccontare “il corpo dell’Italia” attraverso il “corpo di alcuni italiani”. Storie di tragedie spesso finite in operetta. Tragedie ripercorse attraverso la storia di alcuni corpi fortemente simbolici: Mussolini e la Petacci appesi a testa in giù, il corpo dei partigiani impiccati, il corpo di Moro e il terrorismo rosso, il corpo di Pasolini, i corpi esplosi nelle stragi fasciste, i corpi dei saltati in aria per le stragi mafiose, il corpo di Berlusconi, il corpo delle donne…
La trilogia vuole essere un omaggio a Pasolini: il tentativo è di “leggere” l’Italia con gli strumenti critici e le intuizioni che ci ha lasciato in eredità.
Ogni anno un episodio nuovo fino alla messa in scena in contemporanea delle tre parti alla fine del triennio.
Un progetto ambizioso al quale lavoreremo con collaborazioni importanti multidisciplinari come quella del coreografo Paolo Mereu per conto della Compagnia Simona Bucci, lo scenografo Claudio Pini, Massimo Altomare per le ricerche musicali, la poetessa Rosaria Lo Russo, un gruppo di esperti attori e attrici accanto a giovani apprendisti delle arti sceniche.
Un progetto che punta a rifondare la stabile Compagnia del TEATRO POPOLARE D’ARTE ma anche a riformulare un linguaggio teatrale che giochi a mescolare il tragico e il comico, i linguaggi alti e quelli bassi, il sacro e il profano alla ricerca di un teatro di comunicazione, un teatro coinvolto e coinvolgente dove lo spettatore possa divertirsi, riflettere, commuoversi. Un teatro di qualità per tutti.
Il progetto DOPO SALO’ vuole proporre un teatro dove i segni e i significati siano fra loro ben amalgamati.
La regia ha mantenuto un tono di leggerezza, di grande rispetto del testo nello sforzo di valorizzarne le diverse stratificazioni interne: la commedia pseudo borghese della Famiglia protagonista, il tragicomico della coppia Benito Mussolini/Claretta Petacci rappresentati in forma di pupi/fantocci, le coralità dei giovani partigiani e repubblichini, la canzonette popolari degli anni Quaranta riprodotte dalla Radio, che rappresenta l’affermazione di un’inedita società di massa. Ne nasce – auspichiamo – un linguaggio scenico spiazzante, vario, diversificato: lo spettacolo è dappertutto: sul palco, in sala, alle spalle del pubblico, nella mente e nella memoria degli spettatori (sia di quelli che conoscono quegli anni che dei giovani che ne hanno subito e continueranno a subirne i condizionamenti culturali e politici). La messa in scena del testo non ha cercato un’impossibile fusione dei linguaggi quanto una sorta di “coerenza ritmico/musicale” dei vari piani narrativi fra di loro, un movimento scenico che si riversa da un quadro all’altro alla ricerca di una capacità dinamica di veicolare i contenuti del testo.
Gianfranco Pedullà
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Orari
Inizio spettacoli ore 21, festivi ore 17
Biglietti
Posto unico intero 15 euro – ridotto 13 euro (10 euro ridotto under 21)
Riduzioni: under 21, over 65, soci Coop, soci BCC, soci Biblioteca Comunale e Amici del Museo Caruso, abbonati stagione teatrale 2014/2015
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Info e prevendite
Teatro delle Arti
Viale Matteotti 5/8, Lastra a Signa (FI)
tel. 055 8720058 – 331 9002510
teatrodellearti.lastraasigna.fi@gmail.com – promozione@tparte.it – www.tparte.it
Orari biglietteria: martedì 10-13, mercoledì e venerdì 17-20
La biglietteria sarà aperta inoltre in tutte le serate di spettacolo e di proiezione film