Commedia lirica in tre atti
Libretto di Arrigo Boito
Musica di GIUSEPPE VERDI
(Revisione sull’autografo della partitura di A. Zedda con la collaborazione di F. Broussard; Edizioni Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano)
Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 9 febbraio 1893
Produzione Teatro alla Scala (2013)
In coproduzione con Royal Opera House, Covent Garden, Londra; Canadian Opera Company, Toronto; Metropolitan Opera, New York; Dutch National Opera, Amsterdam
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Direttore DANIELE GATTI
Regia ROBERT CARSEN
Scene PAUL STEINBERG
Costumi BRIGITTE REIFFENSTUEL
Luci ROBERT CARSEN e PETER VAN PRAET
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Personaggi e interpreti
Sir John Falstaff Nicola Alaimo
Ford Massimo Cavalletti
Fenton Francesco Demuro
Dr. Cajus Carlo Bosi
Bardolfo Patrizio Saudelli
Pistola Giovanni Parodi
Mrs. Alice Ford Eva Mei
Nannetta Eva Liebau
Mrs. Meg Page Laura Polverelli
Mrs. Quickly Marie-Nicole Lemieux
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Date:
mercoledì 14 ottobre ore 20 ~ prima rappresentazione
venerdì 16 ottobre ore 20 ~ fuori abbonamento
lunedì 19 ottobre ore 20 ~ turno M abbonamento mini
mercoledì 21 ottobre ore 20 ~ turno O abbonamento mini
sabato 24 ottobre ore 20 ~ fuori abbonamento
lunedì 26 ottobre ore 20 ~ fuori abbonamento
mercoledì 28 ottobre ore 20 ~ fuori abbonamento
mercoledì 4 novembre ore 20 ~ ScalAperta
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Prezzi: da 210 a 13 euro
Prezzi ScalAperta: da 105 a 6,50 euro
Infotel 02 72 00 37 44
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L’OPERA IN BREVE
di EMILIO SALA
Che Verdi abbia composto il Falstaff per “vendicarsi” (cinquant’anni dopo)
del fiasco di Un giorno di regno sarà anche plausibile in termini psicologici,
ma di certo risulta un luogo comune assai riduttivo per chi voglia indagare il
significato dell’ultima opera verdiana dal punto di vista critico-estetico. Benché
la tradizione dell’opera buffa (specialmente di Rossini) sia presente tra le
righe del Falstaff, la partitura verdiana, che Casella considerava come il punto
di partenza di tutta la musica moderna italiana, si colloca oltre la tradizione
melodrammatica. Quest’ultima compare nel Falstaff soltanto sotto forma
di parodia o di citazione. Non a caso Verdi affermò che il luogo più adatto
per rappresentare la sua nuova opera non fosse più il Teatro alla Scala ma la
Villa Sant’Agata. Irresistibili a questo proposito sono le ironiche autocitazioni
come “Povera donna!” di Mrs. Quickly (che rinvia alla Traviata) oppure “Immenso
Falstaff” di Bardolfo e Pistola (che fa il verso al celebre coro dell’Aida:
“Immenso Fthà”). Mentre l’opera buffa tradizionale si articola attraverso
strutture musicali almeno in parte indipendenti dall’azione drammatica, nel
Falstaff Verdi sembra in qualche modo mettere in azione la musica e sonorizzare
le parole. L’opera attacca infatti come una specie di parodia della forma-
sonata (una forma strumentale, perdipiù) con tanto di primo tema, secondo
tema e sviluppo. Una parodia che ha un riscontro anche sul piano verbale:
“Ecco la mia risposta”, quando incomincia il secondo tema “Non è finita!”
all’inizio dello sviluppo. Che il compositore volesse anche prendere in
giro il sinfonismo dei giovani compositori italiani? La distanza dalla tradizione
melodrammatica ottocentesca emerge anche nella scrittura vocale e nel rapporto
tra il canto e l’orchestra. La voce non è più la dominatrice assoluta e
anzi, depurata d’ogni gesto stentoreo, viene integrata il più possibile nel tessuto
orchestrale. Certo, resta il potente monologo di Ford, ma esso è appunto
una sorta di citazione, di parodia del melodrammatico baritono geloso.
Per quanto riguarda la sonorizzazione delle parole, va detto che i pochi temi
ricorrenti che si trovano nel Falstaff hanno tutti origine da un elemento verbale:
“Dalle due alle tre”, “Te lo cornifico” ecc. Viene in mente una lettera
in cui Verdi, lodando Il barbiere di Siviglia, cita la frase di Figaro “Signor giudizio,
per carità”, definendola “né melodia né armonia… ma la parola declamata
giusta vera!”.
Dunque Verdi, di cui tutti conoscono la passione shakespeariana, realizza la
sua ultima opera con il librettista Arrigo Boito, che ebbe un ruolo assai rilevante
nell’ultima fase della parabola creativa verdiana: con Boito, il compositore
rimise mano al Simon Boccanegra nel 1880 e scrisse l’Otello nel 1887.
La parte di Falstaff venne interpretata dal baritono francese che fu il primo
Jago: Victor Maurel, un artista che detestava cantare, come avrebbe detto
Verdi, per fare la “voce grossa”. Scrivendo a Boito a proposito di Jago (ma lo
stesso si potrebbe dire anche di Falstaff), Verdi afferma: “È cosa curiosa! La
parte di Jago, salvo qualche éclats, si potrebbe cantare tutta a mezza voce!”.
Durante la gestazione del Falstaff, egli scrive a Ricordi per avvertirlo cheL’opera in breve
vorrà dedicare una particolare assiduità alle prove al cembalo, dato che la
sua nuova opera “bisognerà cantarla diversamente dalle altre opere comiche
moderne, o dalle opere buffe antiche. […] I nostri cantanti non sanno fare in
generale che la voce grossa; non hanno elasticità di voce, né sillabazione
chiara e facile, e mancano d’accento e di fiato”. Come si vede, Verdi si distacca
dalla tradizione melodrammatica di cui è stato peraltro un assoluto
protagonista e si riferisce ad essa, semmai, ironicamente. Il Falstaff è in un
certo senso un’opera postuma. La spinta al comico dimostrata dal compositore
in opere come Un ballo in maschera o nel Fra Melitone della Forza del
destino è certo un presupposto importante; né va dimenticato quanto Verdi
scrisse al Monaldi (3 dicembre 1890): “Sono quarant’anni che desidero scrivere
un’opera comica, e sono cinquant’anni che conosco Le allegre comari
di Windsor”. Ma la vis del Falstaff è più ironica che comica, ed è piena di
malinconia. Quando andò in scena alla Scala il 9 febbraio 1893, tutti sapevano
che il Falstaff sarebbe stata l’ultima opera di Verdi. Nel congedare la partitura
a Ricordi, alla fine del 1892, avviandosi ormai verso il traguardo degli
ottant’anni, il compositore allegò alla sua ultima fatica questo appassionato,
melanconico e struggente biglietto di commiato: “Le ultime note del
Falstaff. Tutto è finito! Va, va vecchio John… Cammina per la tua via, finché
tu puoi… Divertente tipo di briccone; eternamente vero, sotto maschere diverse,
in ogni tempo, in ogni luogo! Va… Va… Cammina cammina… Addio!!!”.