Personaggio controverso e discusso non solo in vita e attrice di fama internazionale nonché icona mondiale, negli anni del dopoguerra, di femminilità esuberante, prorompente, sensuale e seducente e al tempo stesso fragile e indifesa, Marilyn Monroe scompare in giovane età rafforzando nel ricordo collettivo l’immagine di una giovinezza non sfiorita e intatta.
Il suo vero nome è Norma Jean Baker (Los Angeles 1926 – Bretwood 1962) e la sua famiglia è franta e inesistente per non avere mai conosciuto il padre e per la patologia nervosa della madre Gladys da cui viene allontanata bambina e poi affidata di volta in volta a famiglie diverse e a orfanotrofi, non senza conseguenze per la sua psiche instabile che anche a causa di un’esistenza disordinata, infelice e affannosa finirà con il peggiorare visibilmente e inesorabilmente.
Libera di costumi, ma desiderosa di una vita diversa da quella che conduce, si cuce addosso un personaggio invidiato e invidiabile, appariscente, provocante e provocatorio diventando sex symbol di fama planetaria e aumentando la forbice interiore tra la donna fragile e insicura e desiderosa di raggiungere un equilibrio fatto di quegli affetti di cui è assetata e affamata essendone stata deprivata ab infantia e la femme fatale capace di fare cadere ai suoi piedi il mondo maschile di tutti gli strati sociali, Presidente degli Stati Uniti compreso: un vero pericolo per una società divaricata tra puritanesimo e permissivismo.
Giunta ai vertici della fama e divenuta emblema di un’immagine femminile desiderabile per i maschi e imitabile per le donne, finisce per accentuare una dicotomia caratteriale aumentando la forbice di una doppia personalità ben rappresentata dall’affascinante spettacolo in cui il fenomeno è evidenziato al massimo dissociando l’attrice in due donne.
Da una parte Marilyn, la bionda attrice un po’ svampita, pennellata nella sua incerta, confusa e apparente sicurezza immersa in un mondo onirico e di lieve bambagia dalla brava Serena Nardi (autrice del testo frutto di ponderata analisi e introspezione della storia e degli scritti dell’attrice) che richiama anche nei tratti del viso un’aura di raffinata e tenera ingenuità, e dall’altra Norma Jean Baker, interpretata dall’altrettanto valida Sarah Collu, una donna qualunque dai lunghi capelli scuri e spigolosa che cerca di cancellare dolori, deprivazioni affettive e violenze subite attraverso una corsa al successo: una voragine senza scampo esemplificata nella pièce dai momenti vissuti la mattina del 20 maggio 1962 (pochi mesi prima della violenta scomparsa) quando è invitata, guarda caso, a cantare Happy Birthday alla festa di compleanno del Presidente John Fitzgerald Kennedy.
Un duetto di attrici di grande professionalità e complete che rendono con efficace icasticità la contraddizione tra l’apparire e l’essere e le due anime di Marlyn che ricordano quelle del grande Giacomo Leopardi nel Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere e in fondo quelle di ciascuno di noi.