Lelio, il protagonista, vive in un mondo fantasioso, in cui tutto si piega al suo volere. Costituzionalmente incapace di dire la verità, la rete delle sue bugie lo avviluppa e quando non ha vie d’uscita frigna e promette di cambiare vita. Ma tant’è, arrivato il perdono riparte il giro di valzer delle fandonie, che definisce “meravigliose invenzioni”. Si può trarre insegnamento dai propri errori? Per un uomo geneticamente bugiardo no, impossibile forzare l’inclinazione naturale.
Una Venezia che si affaccia sulla laguna come in un dipinto del Canaletto, è delimitata dalle quinte della casa del dottor Balanzoni davanti alla quale il pudico Florindo, incapace di dichiararsi apertamente, offre dolci serenate all’amata Rosaura, mentre la ragazza insieme alla sorella Beatrice occhieggia dal balcone.
Lelio, giunto da Napoli dove il padre lo ha inviato venti anni prima presso uno zio, folgorato dalla bellezza di Rosaura, si rivolge alla giovane spacciandosi per lo sconosciuto spasimante.
Inizia la girandola delle bugie, senza soluzione di continuità, ciascuna detta per non sconfessare le precedenti. A Pantalone, il padre che vuole accasarlo, ribatte di essersi sposato a Napoli e in attesa di un figlio, salvo smentire tutto quando apprende che la promessa sposa è Rosaura.
Equivoci e colpi di scena non dovuti all’intreccio degli eventi, ma all’intreccio delle bugie, sempre più inverosimili, che il protagonista ammannisce a tutti coloro con cui si relaziona.
Goldoni trasse ispirazione da “Verdad sospechosa” dello spagnolo Juan Ruiz de Alarcón per questa commedia, rappresentata per la prima volta a Mantova nel 1750 e stampata a Firenze nel 1753, con la quale intendeva trasmettere il messaggio che la bugia va condannata perché innesca ineluttabilmente una sequenza infinita di raggiri, che si ritorcono contro l’autore; per emendare questa colpa, infatti nel finale Lelio si pente e maledice le sue bugie.
Diverso il punto di vista del regista, l’argentino naturalizzato francese Alfredo Arias, cui si deve il successo di Circo Equestre Sgueglia al Teatro Festival 2013 di Napoli, che ha ribaltato il finale conformista di Goldoni e impostato l’allestimento come una rappresentazione di meta teatro in cui una compagnia di attori napoletani entra in scena per interpretare Il Bugiardo e nell’intervallo fra i due atti gli attori si rilassano parlando di attualità. Egli afferma “la nostra prima reazione sarebbe quella di punire colui che mente, ma dietro il giudizio moralistico c’è la gioia di celebrare chi ha una visione romanzesca della vita. Meglio una vita gioiosamente sregolata dalla menzogna che l’insopportabile monotonia del quotidiano. Lelio è il favoloso scrittore di una commedia umana”.
Geppy Gleijeses sostiene con levità il ruolo di Lelio, come un divertissement in cui si traveste da giovane gaudente, forzando l’anagrafe con una lunga parrucca bionda, e sembra proprio godersela. Sostiene, infatti “come possiamo condannare un uomo felice e giocondo solo perché vive in un mondo tutto suo? La vita è sogno, è una grande bugia. È non è forse questo il nostro grande sogno: vivere nel mondo che noi abbiamo inventato, in cui saremo dispensatori di gioie senza fine? Perché dovremmo richiamarlo a una squallida quotidianità impedendogli di prendere il volo?”. L’attore dedica il suo spettacolo a Mario Scarpetta con il quale debuttò nel 1972 e che gli suggerì sempre di interpretare Lelio, Il Bugiardo.
Andrea Giordana tratteggia con eleganza l’onesto mercante Pantalone, anche grazie alla musicalità del dialetto veneziano, che addolcisce il suo disappunto per un figlio un po’ scapestrato, e crea un curioso contrasto con la parlata napoletana di Gleijeses, suo figlio. Marianella Bargilli è la leggiadra e ironica Rosaura, coi sontuosi costumi di Chloe Obolenski che disegna anche le scene. Lorenzo Gleijeses nel doppio ruolo di Arlecchino e Brighella è flessibile e sinuoso come un guitto, Luca Giordana è il costumato Florindo, Mauro Gioia è il cavaliere Ottavio, Valeria Contadino interpreta Beatrice, Luciano D’Amico è il dottor Balanzoni.