Che prezzo si è disposti a pagare per raggiungere i propri obiettivi e per mantenere il proprio benessere? È questo il dilemma al centro de Il prezzo, spietato dramma di Arthur Miller (con la traduzione di Masolino D’Amico) che apre in prima nazionale la stagione del Teatro Argentina di Roma (in scena fino all’8 novembre).
Diretto e interpretato da Massimo Popolizio Il prezzo è un testo di Miller tutto sommato poco noto e rappresentato in Italia, ma molto acuto e tremendamente amaro ponendosi come perfetta via di mezzo fra la drammaturgia di Allen e O’Neill.
Popolizio sfrutta da regista tutte le potenzialità di un testo che offre repentini cambi di registri, a metà fra commedia e dramma e che scandaglia tutte le tragiche dinamiche della società americana della seconda metà del Novecento analizzando il tema della famiglia (e dei parenti serpenti) e del disagio economico che regola spietatamente anche i rapporti sociali.
In questa commedia tutto purtroppo ha un prezzo, dalle scelte ai ricordi agli errori alle sconfitte e ciascuno viene macinato e tritato dal profitto ad ogni costo e lo capiranno bene tutti i protagonisti della vicenda costretti alla deriva.
La storia si concentra su Victor, un poliziotto vicino alla pensione e in procinto di trasferirsi con la moglie Esther, costretto a vendere a un compratore tutti i suoi mobili. Il ritorno inatteso di Walter, ricco e affermato medico fratello di Victor, riaprirà ferite non sanate gettando una luce inedita sugli spietati rapporti familiari regolati dal denaro e dall’opportunismo lasciando lo spazio alle incomprensioni e alle menzogne radicate nel passato. Ma la dignità ha un prezzo?
Sulle scene asciutte di Maurizio Balò che rappresenta un appartamento con mobili accatastati, Il prezzo è un grande testo per attori che vive della grandezza delle interpretazioni dei protagonisti sul palco, un tormentato Popolizio, sempre più bravo, nelle vesti del poliziotto Victor, Umberto Orsini nel ruolo scanzonato e un po’ malinconico del compratore Solomon, la severa Alvia Reale nel ruolo di Esther, Elia Schilton nel ruolo dello spietato fratello Walter, esempio di squalo capitalistico sicuro del fatto che tutti e tutto abbiamo un prezzo e che possano essere comprati.
“Ho accolto con grande entusiasmo la responsabilità di dirigere questa commedia– racconta Massimo Popolizio – È un’opera a mio avviso molto importante perché riprende argomenti cari a Miller e ad altri autori americani della seconda metà del Novecento che hanno focalizzato sul tema della famiglia e del disagio economico legato a mutamenti storico-economici il loro interesse più appassionato. In questa commedia tutto ha un prezzo: le scelte, i ricordi, gli errori, le vittorie e le sconfitte. Ma quello che mi ha colpito di più, in questo lavoro così ben strutturato nella sua alternanza di momenti divertenti e di momenti drammatici, è stata la consistenza e lo spessore dei quattro personaggi che animano la storia”.
Un testo ancora oggi molto attuale in un periodo di forte incertezza economica che apre a inquietanti riflessioni sulla società moderna portato in scena con maestria e asciuttezza da quattro grandi attori concentrati sulle parole e sula forza del dramma.
In scena fino all’8 novembre, l’ottimo dramma di Miller si ricollega all’altro dramma della linea Sconquassi americani con Morte di un commesso viaggiatore del drammaturgo americano (di cui ricorre il centenario della nascita nel 2015) diretto e interpretato da Elio De Capitani in scena al Teatro di Roma dal 9 al 20 dicembre e a Lo zoo di vetro di Tennessee Williams, diretto da Arturo Cirillo (all’India 18/22 maggio).