Il grande regista americano Robert Wilson porta sulle scene del Piccolo Teatro Strehler il periglioso viaggio di Ulisse nella versione del poeta Simon Armitage e con la drammaturgia di Wolfgang Wiens. Lo spettacolo nasce dalla partnership del Piccolo Teatro e il Teatro Nazionale di Grecia. Il regista – che firma anche una scenografia funzionale al racconto tanto da esserne parte integrante – nella trasposizione del poema omerico sdrammatizza il contenuto e ne privilegia l’aspetto favolistico. Una favola leggera nella forma, ma dura nel contenuto se la si mette in relazione al viaggio della Grecia (e non solo) “nella complessità del vivere quotidiano”.
Wilson ha fatto un’operazione di sottrazione dal testo originario, ne ha alleggerito la dimensione tragica anche a scapito della poesia. Ne è uscito uno spettacolo multidisciplinare di grande intelligenza, pulizia stilistica, elegante, raffinato, ironico, divertente. Difficile, anzi volutamente impossibile classificarlo. Un riuscitissimo melting pot nel quale di volta in volta ci ricorda il balletto, la pantomima, il musical, il teatro delle marionette, quello delle ombre, il teatro dell’Arte, l’ingenua tecnica cinematografica del cinema muto, perfino le pose plastiche del kabuki. Questa commistione di linguaggi e la funzione ancillare della parola non viene rilevata dallo spettatore tanto è la perfezione della direzione e creatività registica, dell’assoluta funzionalità delle scene, dei movimenti delle masse, dell’interpretazione magistrale di tutti gli attori che si sdoppiano o triplicano (come Calipso, Circe e Penelope).
Nelle (leggerissime) tre ore dello spettacolo vengono raccontate tutte le vicende di Ulisse nel viaggio durato vent’anni (Calipso, Nausicaa, i Ciclopi, l’isola di Eolo, la maga Circe, Tiresia nell’Ade, le Sirene, i mostri di Scilla e Cariddi, finalmente a Itaca Telemaco, la strage dei Proci, Penelope).
Uno spettacolo straordinario. Bello, intenso, divertente. Veicolare un messaggio di dolore e di morte con l’arma dell’ironia, della musica e della danza è geniale. Ma geniale è tutta l’impostazione della pièce perla semplicità della narrazione, le invenzioni sceniche, la felice convivenza di generi teatrali diversi, l’intreccio assolutamente funzionale di varie discipline.
Eccezionale l’interpretazione dei numerosi attori di cui vogliamo ricordare Maria Nafpliotou, Stravros Zalmas, Vicky Papadopoulou, Zeta Douka, Alexandros Mylonas.
A questo punto dovremmo dedicare ampio spazio alla scenografia curata dallo stesso regista, ma ci limitiamo a rilevarne la bellezza, la pulizia, la funzionalità perfettamente concertata con lo svolgimento scenico. Sotto l’aspetto emozionale hanno giocato un ruolo importante il servizio luci (diretto da un Robert Wilson uno e trino) e le musiche dal vivo del pianista Thodoris Economou.
Come dimenticare i bellissimi costumi di Yashi Tabassomi? Meritano infine un applauso le maestranze dei Laboratori del Piccolo Teatro per la realizzazione delle scenografie, oggetti di scena e costumi.
Lo spettacolo è recitato in greco moderno e sovratitolato in italiano.