Una vita tormentata, all’insegna della dicotomia, suddivisa tra l’elegia più aulica e la carnalità cogente, che pulsa nelle vene e riverbera in ogni parte del corpo. Questo è sempre stato Pier Paolo Pasolini nella sua vita e nelle sue opere di scrittore, poeta, regista. Ed è questa profonda scissione che viene colta nello spettacolo Tra la Carne e il Cielo, andato in scena al Teatro Duse di Bologna. Ennio Fantastichini attraverso la lettura di lettere, poesie, interviste, riflessioni sulle sue opere cinematografiche ripercorre la storia di uno dei più grandi letterati del XX secolo, il tutto accompagnato da un tappeto musicale sulle note di Bach, con musica dal vivo eseguita dall’Orchestra da camera di Imola con il Coro del Teatro Comunale di Bologna e il contralto Elisa Bonazzi.
La musica è l’altra protagonista di questo spettacolo, non solo grazie alla bellissima esecuzione da vivo dell’orchestra, ma anche perché è il fil rouge di tutte le letture dei brani estratti dai Quaderni rossi, da Vita attraverso le lettere, dalla sceneggiatura di Accattone fino all’intervista concessa a Furio Colombo, poche ore prima di morire. Tutto ruota attorno a Bach compositore preferito e colonna musicale della vita e di molte opere del grande Pasolini: “ogni volta che lo riudivo mi metteva, con la sua tenerezza e il suo strazio, davanti a quel contenuto: una lotta, cantata infinitamente, tra la Carne e il Cielo, tra alcune note basse, velate, calde e alcune note stridule, terse, astratte”. Le note del violino, attraverso una traslazione figurativa, diventano per Pasolini metafora della vita e della sua contraddittorietà: nelle note gravi il violino incarna il corpo, il prosaico, mentre nelle note alte, questo sublime strumento tende al cielo, allo spirituale fino a incontrarsi in questo straziante e irrisolvibile dialogo-scontro.
Anche nelle opere cinematografiche emerge in modo prepotente il dualismo tra sacro e profano. Soprattutto nella prima fase del suo lavoro cinematografico che va da Accattone al Vangelo Secondo Matteo, Pasolini intende compiere uno studio sugli umili, sugli emarginati, incentrandosi sul ritratto delle borgate sottoproletarie che il regista, in modo laico e agiografico, tende a “sacralizzare” servendosi proprio di uno strumento sublime come le musiche di Bach.
Nel momento culminante della rissa in Accattone, come legge Fantastichini nel testo tratto da “Il paradiso di Accattone”, si produce una contaminazione tra la violenza della scena e il sublime delle note di sottofondo. Sublime e brutale si amalgamano per lanciare un messaggio allo spettatore, e fargli capire che sta assistendo a una lotta epica, che sfocia nel sacro e nel religioso. E il momento della morte diventa l’unico momento di libertà concesso dalla società a uomini come Accattone “privi di dignità” a causa della loro condizione degradante.
Durante tutto lo spettacolo, nel quale viene proiettata una selezione di rare e preziose immagini tratte dai set dei film Teorema, Uccellaci e uccellini e Vangelo Secondo Matteo, si ripercuote la più grande paura dello scrittore bolognese, racchiusa dentro la poesia Una Disperata vitalità: “La morte non è nel non poter comunicare, ma nel non poter più essere compresi”. L’ultima lettura è quella dell’intervista che Pier Paolo Pasolini concesse a Furio Colombo dal titolo Siamo tutti in pericolo. Il giorno dopo, domenica 2 novembre 1975, il corpo senza vita dello scrittore era all’obitorio della polizia di Roma.