di e con Cristiana Morganti
Creazione, direzione, coreografia ed interpretazione: Cristiana Morganti
Collaborazione artistica: Gloria Paris
Disegno luci: Laurent P. Berger
Video: Connie Prantera
Consulenza musicale: Kenji Takagi
Editing musica: Bernd Kirchhoefer
Direttore tecnico: Jacopo Pantani
Tecnico luci: Sgommino Berselli
Suono: Simone Mancini
Produzione il Funaro-Pistoia in coproduzione con Fondazione I Teatri-Reggio Emilia
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Giravo giorni fa per i giardini della Biennale veneziana, accompagnato da uno studioso che illustrava il senso recondito del percorso espositivo, permeato dal più disarmante pessimismo. Mentre designavo L’homme qui tousse icona del senso di nausea che mi assale davanti a tanta inciviltà odierna, riflettevo sullo stato dell’arte. Perplesso dalla distanza ormai palpabile tra artista e pubblico, conclusi che il contemporaneo deve essere spiegato da chi ne sa se si vuole comprenderne lo spirito. Una settimana dopo, mi recavo al Goldoni per assistere a Jessica and me, concepito interamente da Cristiana Morganti. Lei è stata la mia guida nel complesso linguaggio coreutico postmoderno. Da vent’anni all’interno del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch e da quasi trenta trasferitasi in Germania, Morganti necessita di fare un bilancio esistenziale, “per capire chi [è] diventata nel frattempo”. Sente il peso del tempo, che rende qualsiasi movimento più ostico, si sottopone all’intervista di un mangianastri, affrontando e sfatando alcuni luoghi comuni. Fonde la danza e il teatro, alternando brevi coreografie a sketch autoironici e taglienti. La danza(t)trice, ora spavalda, ora timida, ora assorta, ripercorre la sua vita rammentando gli esordi in una scuola privata, iniziati per correggere un difetto fisico, i tempi dell’Accademia, dove il seno generoso le creò qualche problema mentre Jessica, una collega secchissima, ingrassava solo quando lei era assente per farle dispetto, fino all’incontro con Pina. Jessica and me è soprattutto doveroso omaggio a questa maestra esigente, seria, trasformatrice della quotidianità in passi intensi, pieni di sentimento. Ebbi la fortuna di assistere a Für die Kinder von gestern, heute und morgen nel 2005 e Água in prima italiana due anni dopo, prima che una morte improvvisa la strappasse a questo mondo. Non ricordo se fosse uscita o meno sul palco a prendere gli applausi, ma indelebile è l’atmosfera quasi religiosa che si percepiva in sala. Nel solo di Morganti, si parla a lungo di lei e ce la ricordano gli sproporzionati tacchi rossi con cui attraversa obliquamente la scena, l’abito bianco vaporoso e la sigaretta accesa – perché fumare, come sorridere, era indispensabile sulla scena. Con Pina, infatti, si imparava anche a recitare. La percepisco nel silenzio che si avvicenda alla voce e dialoga con il bel disegno luci di Laurent P. Berger, assai efficace nel descrivere uno spazio dai confini a volte immensi, a volte ristretti. Dopo il rock, Vivaldi e la selezione musicale curata da Kenji Takagi, il corpo di Morganti si ferma dentro un cono di luce, cala il buio e il miracolo si compie. Gesticolando sempre più velocemente con le mani, Cristiana dà vita a un momento di lucida emozione: grazie ai video di Connie Prantera, le balze del vestito prendono fuoco, si bagnano di mare e si illuminano di stelle luccicanti, fino allo spegnersi del tutto, in una pessimistica, ma profonda, riflessione sull’umanità. Come gli All the world’s futures.
Applausi di circostanza da parte dei presenti più avanzati, entusiasmi da quelli più giovani.