Giuseppe Manfridi, nell’incontro di presentazione di questa sua ultima scrittura teatrale, racconta l’aneddoto che l’ha ispirata, quando anni fa, insieme ad un altro personaggio dello spettacolo va a fare visita a una coppia che abita in un appartamento nel quale bisogna calarsi da una scala sul marciapiede.
La commedia, appena data alle stampe per i tipi della Mongolfiera Editrice e proposta in prima assoluta nazionale, è messa in scena da Michele La Ginestra che ne firma la regia.
Può sembrare sorprendente questo connubio artistico che, invece, si integra magnificamente poiché la drammaturgia di parola di Manfridi, in questa occasione prorompente e dirompente, ben si coniuga con la vocazione comica dell’attore-regista.
Infatti, dopo il breve prologo di piccole schermaglie di una coppia che attende la visita di quattro amici, i sei personaggi sono tutti presenti in scena e i dialoghi prevedono battute e contrapposizioni a raffica, con un ritmo serratissimo in cui si riversano malevolenza, invidia, rancore, livore, acrimonia senza esclusione di colpi e senza soluzione di continuità. L’incalzare degli screzi e delle rivendicazioni mette la turbina agli eventi fino a precipitare nel finale, e mette alla prova anche la bravura degli interpreti che si rimpallano le battute con calibratissimi tempi comici, senza nessuna caduta di tono.
Manfridi, abile nell’esprimere l’universo emotivo, scandagliando le dinamiche quotidiane familiari o sociali, in questa commedia estrinseca queste sue peculiarità di introspezione in una situazione di conflitto che si sviluppa dall’apparente iniziale condizione di convivialità amicale e di buon vicinato dove tutto sembra scontato. La potenza sovvertitrice della parola, invece, insinua dubbi, fraintendimenti e suscettibilità che trasformano il salotto in un agone dove si riversano umori negativi attuali e pregressi, creando una tensione che si amplifica man mano che le parole si riflettono le une sulle altre come in un gioco di specchi, in un groviglio di opinioni che travalica il contesto.
Lo stile raffinato e classicheggiante di Manfridi qui si sottopone alle influenze contemporanee, attingendo al lessico corrente giovanile in una varietà di temi, similitudini, espressioni gergali, coloriture, senza omettere, tuttavia, di far esprimere qualche reminiscenza scolastica sulle figure retoriche, tra le quali la sineddoche.
La parola scritta, e scritta appositamente per questa compagnia di attori che provengono dalla fiction, dal cinema e dalla televisione, trova un connubio felice con la cifra recitativa degli interpreti in sintonia con il ruolo e l’ambientazione.
Mirko e Miriam (Gabriele Carbotti e Ughetta D’Onorascenzo) festeggiano la ristrutturazione della casa nel quartiere romano del Nuovo Salario con la realizzazione della scala che immette direttamente nell’appartamento senza attraversare il cortile, insieme agli amici Corrado e Terry (Fabrizio D’Alessio e Sara Sartini) e ai coinquilini Nicolò ed Elvi (Andrea Dianetti e Martina Pinto). La fantomatica scala, non visibile in scena, provoca un ribaltamento della vicenda con lo scatenarsi di tutte le dinamiche conseguenti, mettendo in evidenza la splendida capacità degli attori di esprimersi con totale naturalezza, come autentici amici che si scagliano addosso gli scheletri tirati fuori dall’armadio dopo anni di sorrisi compiacenti.
Il peggio annidato nel fondo dell’animo umano che, spezzando i vincoli dell’amicizia, deflagra in un crescendo rapido, realistico, coinvolgente e profondamente vero.
Complimenti all’autore, al regista e agli interpreti, per uno spettacolo da vedere adesso e da ritrovare nelle future programmazioni.
Il volume edito da Mongolfiera Editrice è in vendita al botteghino.