Woody Allen e la sua brillante opera teatrale “Sesso e bugie”, combinazione di tre commedie dell’autore americano (“Riverside drive”, “Old saybrook” e “Central Park West”), tornano in scena per il secondo anno consecutivo al Teatro del Cestello di Firenze, grazie alla compagnia del Teatro a Manovella, con la regia di Massimo Alì.
Una delle poche opere pensate per il teatro dal noto regista cinematografico, ma nella quale ritroviamo tutte le tematiche più ricorrenti dei suoi film, espresse con il suo classico umorismo pungente, grottesco e geniale. “Sesso e bugie” è una commedia degli equivoci, un viaggio nel labirinto delle contraddizioni umane, nel quale ci scontriamo con la crisi coniugale, l’adulterio, le insoddisfazioni sessuali, le frustrazioni letterarie ed i sensi di colpa; è la rappresentazione tipica dell’uomo intermedio dei nostri tempi, l’essenza mentale del ceto medio attuale, da cui traspare il problema più grande del nostro tempo: l’incomunicabilità.
L’umorismo alleniano con il quale viene narrata la vicenda è qualcosa di inimitabile: è un gioco fulmineo di parole e idee, venato di autoironia, disincanto, dissacrazione, spietatezza, genialità. Allen gioca con i paradossi, creando effetti di assurdità e straniamento, giochi di parole, ma soprattutto è un umorismo sincero in cui non si percepisce la menzogna, e non si avverte l’artifizio.
Phillis (interpretata da Vania Rotondi) è una psicoanalista affermata, una donna che ho ottenuto successo e rispetto nel suo lavoro, ma che non è stata capace di fare altrettanto con la sua vita coniugale; la scoperta dell’ennesimo tradimento del marito con una delle sue migliori amiche la porta a sprofondare in un’etilica euforia, dove il sarcasmo e il cinismo sono le sue armi di attacco e di difesa, per smascherare il doppio gioco del marito e della sua amante. Come un tornado travolgente, che non lascia possibilità di salvezza per nessuno, Phillis trascina con sé Carol (Enrica Pecchioli), suo marito Howard (Simone Martini) uno scrittore fallito, fragile, bipolare e maniaco depressivo, e l’uomo che ha dato origine a tutto, Sam (Leonardo Venturi), l’ennesimo pagliaccio di un circo in cui siamo tutti buffoni, specchio perfetto della nostra società.
La verità, una volta emersa, dà il via ad un meccanismo perverso, in cui ogni personaggio vomita addosso ad un altro accuse, colpe e sentenze; non ci sono più maschere, non c’è più ipocrisia, le difese sono crollate, e continuare a fingere sarebbe solo una repressione dei propri bisogni ed istinti. La presa di coscienza dei propri errori arriva inevitabilmente, e lascia il tempo a passaggi fulminei di suicidi, omicidi e riflessioni sul senso della vita; ma è necessario continuare, “vivere, perché siamo esseri umani, stupidi e patetici, che commettono errori, ma senza essere cattivi”.