Qualcosa sta cambiando, ma forse è già davvero cambiato al Teatro dell’Opera di Roma che ha aperto la stagione con The Bassarids di Hans Werner Henze con la regia di Mario Martone in un nuovo allestimento del teatro capitolino: un’inaugurazione audace che ha puntato su un’opera contemporanea, decisamente poco nota al pubblico (che arriva in cartellone dopo Adams, Weill e il primo dei concerti di Specchi nel tempo) tratta da Le baccanti di Euripide, la più cupa e brutale delle tragedie greche che non contempla catarsi finale.
Una scelta indubbiamente coraggiosa e non solo perché si tratta di un titolo contemporaneo, ma soprattutto in quanto The Bassarids è un’opera complicata da mettere in scena: grandiosa è l’Orchestra che non entra neppure in buca e invade barcacce e primi palchi di platea, grandioso è il Coro diretto da Roberto Gabbiani che assiste coinvolto allo scontro in atto fra Dioniso, il dio dell’irrazionalità che spinge all’accesso e all’ebbrezza e il re di Tebe, il giovane Penteo, un asceta che rifiuta il culto del nuovo dio reprimendo l’istinto del proibito.
E se la dicotomia fra Penteo e Dioniso anima l’opera, è anche vero che The Bassarids è un titolo che offre al pubblico tutte le innovazioni del Novecento musicale e che debutta quasi in prima nazionale dopo essere andato in scena solo al Teatro alla Scala di Milano nel 1968: nonostante si tratti di un’opera semisconosciuta al grande pubblico, la versione in scena a Roma favorisce immediatamente il coinvolgimento emotivo e intellettivo dello spettatore.
Costruita come una sinfonia classica in quattro movimenti, The Bassarids è un’opera costruita ambivalentemente sul gigantismo di Mahler e di Wagner e sulla musica raccolta e cameratistica (in stile Debussy): all’Opera va in scena la versione senza intermezzo di due ore che amplifica il senso della tensione intellettiva ed emotiva portata avanti dalla forza interpretativa del maestro Stefan Soltesz, sul podio dell’Orchestra, abilissimo nell’esaltare la tensione drammatica passando da una sfumatura musicale all’altra senza far mai scemare la tensione, fra momenti oscuri e luminosi, ebbri e violenti.
Il cast internazionale è grandioso (lo stile del canto è classico su musica contemporanea) e si fregia della presenza di Ladislav Elgr nel ruolo del crudele Dionysus, di Russell Braun che interpreta Pentheus, di Veronica Simeoni nelle vesti di un’intensa Agave (fra le più apprezzate in scena), di Sara Hershkowitz, che interpreta la sorella Autonoe, di Sara Fulgoni nel ruolo della fedele Beroe, diMark S. Doss (il timorato Cadmus), Erin Caves (il vanesio Tiresias), Andrew Schroeder (Capitano della guardia reale).
La regia di Mario Martone prosegue e conclude l’ideale viaggio a Tebe (dopo Edipo Re e I sette contro Tebe) arrivando come terza collaborazione con l’Opera: il regista ha ripensato Bassaridi (nel libretto si indicano come menadi le donne e come baccanti gli uomini, bassaridi collettivamente ambientate in una società attuale e contemporanea che richiama a un regime totalitario del Novecento in cui Penteo indossa la divisa da ufficiale.
Martone ha ripreso alla lettera il superbo libretto in inglese di Auden e Kallman (librettisti anche de La carriera di un libertino di Stravinskij) lavorando sul piano individuale e sul piano della società, due piani contrapposti, ma che si intersecano attimo dopo attimo in una messinscena molto cupa che non lascia intravedere alcuna speranza o risposte di alcun genere: in una scena unica (di Sergio Tramonti con i costumi di Ursula Patzak) in rosso scuro che vira verso il nero, Martone colloca al centro uno specchio deformante che lascia intravedere i riti orgiastici (qualcuno forse si scandalizzerà pure) che guadagnano la piena scena nel terzo movimento con le menadi seminude ed ebbre che si scatenano in una danza selvaggia e irrefrenabile fra sogno e violenza. Sarà attraverso questo specchio che Penteo sfrutterà una visione indiretta, ma quando sarà ormai irretito dallo Straniero (che altri non è che Dioniso) e vorrà passare a una visione diretta, le conseguenze saranno tremende.
Il Coro è astante dello scontro che vede contrapporsi l’intolleranza di chi detiene il potere, ma anche la violenza del nuovo: all’agitazione di Penteo fa da contrappunto la serenità sottile di Dioniso che via via svelerà il suo volto più crudele e violento.
Opera attualissima che racconta un conflitto religioso e uno scontro politico, The Bassarids, non può essere ricondotto all’attualità anche stando a quanto ha voluto sottolineare Martone: i segni di fatto appaiono capovolti perché chi libera è violento (Dioniso), chi reprime è la vittima (Penteo). L’opera e la messinscena romana sembrano suggerire proprio questo: non esistono risposte, ma ora, come non mai, è necessario confrontarsi con la complessità. Il pubblico (seppur a tratti impreparato) apprezza e applaude a scena aperta un’opera audace e brutale.
Ultime tre imperdibili repliche a disposizione per vedere The Bassarids: martedì 1 (ore 20), giovedì 3 (ore20), sabato 5 (ore 18), giovedì 10 (ore 20). Per informazioni: operaroma.it