Balletto in tre atti liberamente ispirato alla fiaba di Hans Christian Andersen
Personaggi e interpreti:
La Regina delle nevi: Olga Esina
Kay: Davide Dato
Gerda: Alice Firenze
La nonna di Gerda: Ursula Szameit
La zingara: Ketevan Papava
Lo zingaro: Mihail Sosnovschi
Due lupi: Leonardo Basílio, Jakob Feyferlik
Due volpi artiche: Anita Manolova, Céline Janou Weder
Due rose: Alexis Forabosco, Alexandru Tcacenco
Coreografia, regia e allestimento: Michael Corder
Musica: Sergej Prokofiev (Il fiore di pietra op. 118; Guerra e pace op. 91 e Suite orchestrale da Guerra e pace di Christopher Palmer; Notte d’estate op. 123, suite orchestrale da Matrimonio al convento op. 86; Sinfonia n. 5 op. 100).
Arrangiamento musicale: Julian Philips
Scene e costumi: Mark Bailey
Luci: Paul Pyant
Video: Imantas Boiko
Direttore: Martin Yates
Wiener Staatsballett
Studierende der Ballettakademie der Wiener Staatsoper
Komparserie der Volksoper Wien
Orchester der Volksoper Wien
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Nel 2007 Michael Corder crea The Snow Queen, ispirato all’omonima fiaba anderseniana. L’intento è un rigoroso ritorno all’antico ovvero riprendere la tradizione russa-britannica del balletto narrativo, genere non più oggetto d’elaborazioni, in un’epoca in cui si preferiscono soggetti meno organici e di breve durata. Ospitato da otto anni in vari teatri, la Volksoper propone Die Schneekönigin con cast differenti fino a marzo 2016, avvalendosi del Wiener Staatsballett e degli studenti della Ballettakademie der Wiener Staatsoper.
L’originale novella di Andersen, articolata in sette storie, offre un intreccio ricco di dettagli e di possibili spunti da sviluppare. Oscure le motivazioni che spingono la Regina, quasi lontana parente dell’Erlkönig, a rapire l’orfanello Kay, seppur si affaccino alla mente desideri deviati d’una maternità negata o perversioni erotiche. Michael Corder adotta coreografie classiche valorizzanti maggiormente la protagonista, mentre abbozzati in una dimensione infantile, com’è giusto che sia, rimangono Gerda e Kay. Il volto della creatura fatata, riprodotta nei video di Imantas Boiko, allude alla sua onniveggenza, comparendo nei punti salienti dell’azione. Olga Esina, algida Schneekönigin, sfrutta ogni passo per costruire la donna tormentata e glaciale. Possiede una tecnica solida che la rende sicura in ogni figura, realizzata con gusto e invidiabile scioltezza. Danza da sola – eccellenti le variazioni del secondo atto – ma è anche un tutt’uno coi due lupi, i possenti Leonardo Basílio e Jakob Feyferlik, che impiegano diversi tipi di sollevamenti per esaltarne la regalità e la possanza. Al giovane Kay, l’ottimo Davide Dato, e alla sua amica Gerda, l’eterea Alice Firenze, sono riservati svariati pas de deux, reali o sognati, pieni d’innocente seduzione. Elegante il femminile pas de trois di Gerda con la rosa bianca e la rosa rossa, rispettivamente Alexis Forabosco e Alexandru Tcacenco. Tutto ciò che concerne il mondo dei due protagonisti è quindi delicato e giocoso. È vero, Corder non li ammanta d’una percepibile carica sensuale, ma non bisogna dimenticare che nella finzione scenica sono innocenti fanciulli alla scoperta del mondo adulto. Amorevole e ben ritratta da Ursula Szameit la nonna. Maliziose le volpi di Anita Manolova e Céline Janou Weder. Nelle scene d’insieme, in una delle quali spicca la coppia gitana di Ketevan Papava e Mihail Sosnovschi, le linee si confondono, forse per l’esiguità dello spazio riservato al corpo di ballo, spinto per questo eccessivamente alla ribalta.
Mark Bailey cura scene e costumi. Il villaggio sembra disegnato con pastelli su leggeri fogli di carta, mentre affascina il castello ghiacciato ove, grazie alle luci di Paul Pyant, luccicano cristalli e baldacchini innevati. Vari e preziosi i costumi per la Regina cattiva e il suo entourage, mentre nessun cambio d’abito è previsto per Kay e Gerda – quando in verità nel testo di Andersen la fanciulla, durante il peregrinare alla ricerca dell’amico, è costantemente svestita e rivestita dai vari personaggi.
Le musiche di Prokofiev, arrangiate da Julian Philips, provengono in gran parte da Il fiore di pietra, ultimo balletto del compositore la cui trama presenta affinità con questa novella. Altro materiale viene recuperato dall’opera Guerra e pace, da Notte d’estate e dalla quinta sinfonia. Gli arrangiamenti sono nel complesso gradevoli, sebbene ci siano dei momenti in cui, non andando di pari passo con il mood suggerito dal libretto, creano uno scarto semantico rispetto a quanto si vede. Ad esempio, quando la scheggia dello specchio rotto entra nell’occhio di Kay, il sonoro non è abbastanza incisivo per ciò che si vede, mentre lo è fin troppo una volta entrati nella cupa reggia, dove valzer e danze di corte la rendono ben più allettante del sonnolento paesino.
Martin Yates dirige l’Orchester der Volksoper Wien risaltando le sonorità ora aguzze, ora dolci e oniriche della partitura, cedendo a trapassi dinamici non sempre modulati adeguatamente.
Consenso generale da parte del pubblico, con apprezzamenti speciali per Esina, Dato e Firenze. Teatro gremito in ogni ordine di adulti e bambini alla recita del 19 dicembre, sia per l’imminente festività natalizia, che suggerisce atmosfere d’incanto, sia per l’encomiabile politica culturale che dalle Alpi in su riesce a raggiungere qualsiasi target.