E se fossimo rimasti a casa, ci saremmo dovuti guardare allo specchio? Avremmo dovuto calcolare i gradi precisi perché l’inclinazione del suo piano gettasse nel riflesso abbastanza schiettezza, abbastanza ironia da non ridere se non d’amarezza, da non rassegnarsi se non dietro la maschera di un sorriso beffardo? Non sarebbe stato meglio andare a passeggiare? Senza dubbio sarebbe stato meglio passeggiare: non avremmo assistito al sacrificio di un pesciolino rosso, nessuno ci avrebbe costretto ad accettare di riportare le classiche domande esistenziali nello spazio freddo e ovattato di un acquario. Avremmo potuto non ascoltare l’impeccabilità della logica di una bambina, avremmo potuto dimenticarci dei pony e spolverare il vestito della domenica, omettendo che è con quello indosso che si commettono i delitti più feroci, avremmo potuto rimanere a casa e piantarcelo da soli un paletto di legno nel cuore, perché ci sarebbe rimasto ancora da scoprire che tanto niente può morire nel nome di qualcos’altro. E che dunque la noia non s’ammazza. E allora lavoreremo finché avremo quindici anni, così poi potremo godercela. Ce la godremo tutta, questa noia, che se non s’ammazza non può nemmeno far morire; ma ne fa venire una sana e giusta voglia. Senza pessimismo, senza cinismo o misantropia, ma pregno di una logica perfetta e problematica, una riflessione cruda e aperta, scardinata da quei valori formatisi per consuetudine, un vortice trasparente e generoso di sprazzi vitali nella sua nevrastenia, questo testo di Rodrigo García pone di fonte a una prospettiva quantomeno insolita. Originariamente suddiviso in cinque monologhi, è interpretato interamente da Rebecca Rossetti, attrice e danzatrice dalle straordinarie capacità comunicative, diretta dalla regia di Jurij Ferrini, che con il suo progetto U.R.T. ha avviato una riscoperta della drammaturgia, a partire da ciò che ha di più vero ed essenziale: il testo. Questo tipo di approccio registico fa della semplicità la condizione in cui risaltano quelli che sono i veri contenuti concettuali di un’opera, inevitabilmente legati all’attore da un rapporto molto stretto, di mutua responsabilità.