Una lotta infinita quella tra padri e figli. Una lotta generazionale, uno scontro d’ideologie, e il desiderio, perenne, di rinnegare la figura del padre per trovare uno spazio nel mondo. “Father and Son”, lo spettacolo tratto da “Gli Sdraiati” e “Breviario Comico” di Michele Serra, che Claudio Bisio ha portato in scena al Teatro delle Celebrazioni, racconta un conflitto atavico che, in questo periodo storico, ha subito una mutazione antropologica.
I figli raccontati da Bisio – attraverso le parole di Serra – nel suo one-man-show, sono una generazione di “sdraiati”, avviluppati nelle loro felpe irrinunciabilmente di marca, circondati da oggetti tecnologici che paiono prolungamenti post-umani del corpo e anche del pensiero. Maestri nell’assecondare l’entropia del mondo e nel perpetuare un ambiente dove “tutto rimane acceso, niente spento, tutto aperto, niente chiuso, tutto iniziato, niente concluso”. Insomma consumisti perfetti nonostante la televisione sia perennemente accesa su quei cartoni americani che dileggiano la nostra società capitalistica.
Un padre in apprensione per il figlio, per il suo futuro, per il suo presente, per l’inerzia con cui lo vede affrontare la vita, racconta con una sapiente alternanza tra momenti lirici e commoventi e ironia pregna di satira, una delle relazioni più difficili da gestire e controllare nella sua evoluzione. Sì, perché se è facile amare i figli quando sono piccoli e bisognosi di attenzioni e coccole, più difficile diventa quando la statura si fa uguale, quando la struttura fisica e psichica sono formate e il genitore deve mettere in atto tutte le sue virtù per affrontare questa evoluzione nel migliore dei modi.
E così il protagonista decide, quasi come in un viaggio iniziatico alla vita adulta, di voler portare il figlio sul colle della Nasca. Una camminata di sei ore dove si suda e si tace. Ed è solo sudando e tacendo che si arriva a duemilasettecento metri, sul famigerato colle in cui si vedono solo cielo e ardesia, null’altro. Ma il padre, dopo aver chiesto moltissime volte al figlio questo sforzo, capirà di aver passato la vita a proporgli la sua passeggiata e non aver mai chiesto, a lui, se avesse la sua passeggiata. Un genitore, quello raccontato da Bisio, pieno di dubbi e insicurezze, al contrario di come vorrebbe il prototipo di questo ruolo nella società. Molto lontano dalla figura retta e autoritaria si destreggia tra due debolezze: la smania protettiva della madre, e le pretese di rettitudine del padre.
Un figlio assente, non solo nella vita, ma nella scena stessa. Infatti il figlio viene continuamente evocato e descritto ma non c’è mai e le poche, ma significative, parole che pronuncia ci vengono anch’esse riferite. Claudio Bisio riesce alla perfezione a tenere la scena e riempirla con la sua fisicità. Non mancano anche momenti satirici rivolti all’attualità e a tutti gli oneri che abbiamo lasciato sulle spalle dei nostri figli come le pensioni che dovranno pagare, i miliardi di debiti, le leggi elettorali sgangherate. In suo aiuto, oltre alla puntuale regia di Giorgio Gallione, ci sono i due bravissimi musicisti, Laura Masotto al violino e Marco Bianchi alla chitarra, che restano con lui in scena per tutto lo spettacolo, in alcuni momenti il suono proviene dal fondale, in altri invece, diventano anch’essi protagonisti della scena e accompagnano l’attore non solo con la musica ma anche con la presenza fisica, seguendo l’attore in alcune parti del racconto.
La scenografia, con i suoi muri tutti dipinti di blu, uno specchio armadio che pende dall’alto e tavoli che saranno spostati in continuazione in base alle esigenze della sceneggiatura, ci appare come una sorta di non-luogo del pensiero. Nel finale scenderanno dall’alto delle funi alle quali sono legate le pesanti pietre d’ardesia del colle. Il padre, infatti, riuscirà a condurre suo figlio sul famigerato colle Nasca, e si renderà conto che il figlio, nonostante tutto, è in grado di camminare con le sue gambe, traendo forza dalla sua gioventù, malgrado i difetti e le incongruenze, il futuro è lì e lo aspetta.