Una rivisitazione in chiave filosofica e attuale per tematiche e ambientazione, così definirei lo spettacolo adattato e diretto da Andrea De Rosa. Una coproduzione tra Emilia Romagna Teatro Fondazione, il Teatro Stabile di Torino e il Teatro Nazionale vede sulle scene il mito della figlia di Minosse, Fedra (Laura Marinoni), ossessionata dal desiderio pulsante e travolgente per il figliastro Ippolito (Fabrizio Falco), figlio del marito Teseo (Luca Lazzareschi), signore di Atene.
Lo spettacolo nasce da una riflessione sul mito in senso lato, nata da una collaborazione particolare tra il regista e il Professor Alfredo Casamento, esperto di letteratura e retorica latina.
Il testo di base è quello di Seneca con l’aggiunta di alcune pagine di Ippolito di Euripide e delle Lettere dello stesso Seneca. L’obiettivo è dare voce a tutti i personaggi, dando così loro la possibilità di raccontare la vicenda da diversi punti di vista in maniera soggettiva, ora discolpandosi ora accusandosi per il dramma che si compie sotto gli occhi degli spettatori. A condurre le fila dei destini dei poveri mortali è una dèa (la bravissima Anna Coppola), personaggio inventato dal regista come responsabile ma anche spettatrice a tratti, del tragico destino di Fedra.
Lo stesso Andrea De Rosa spiega che “la potenza del Dio serve sia a Euripide che a Seneca per spiegare e descrivere la natura misteriosa e potentissima dell’innamoramento fatale. […] Attribuire questa potenza a un Dio vuol dire, ancora oggi, per noi, riconoscere in questo potere qualcosa che non è sotto il controllo della volontà e del raziocinio”.
Di qui la scenografia “claustrofobica” di Simone Mannino , che ha il suo nucleo in un cubo di vetro dalle pareti bianche posto al centro del palcoscenico dentro il quale i personaggi parlano con sé stessi, agiscono e si disperano in un tormento dal triste esito. Dalla parte opposta invece il regno degli inferi, rappresentato tramite l’uso di maschere neutre bianche dalla forma ovale davanti alle quali prima Teseo e poi Ippolito “sospirano” da spiriti vaganti che hanno perso la vita terrena.
Un cast ben assortito ed equilibrato (formato dai già citati e da Tamara Balducci), una recitazione pulita dal senso pieno dei gesti e dalle maschere ben studiate e calibrate per rendere il dramma della vicenda in maniera più naturale e realistica possibile.