dal film di Charlie Chaplin
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Adattamento Massimo Venturiello
Con Lalo Cibelli, Camillo Grassi, Franco Silvestri, Gigi Palla, Gennaro Cuomo, Nico di Crescenzo, Pamela Scarponi, Alessandro Aiello, Tosca
Musiche Germano Mazzocchetti
Scene Alessandro Chiti
Costumi Sabrina Chiocchio
Luci Umile Vainieri
Coreografie Daniela Schiavone
Regia Giuseppe Marini, Massimo Venturiello
Produzione Società per Attori
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Il Grande Dittatore non aveva mai avuto il privilegio di rivivere sul palco teatrale: per la prima volta al mondo l’opera di Chaplin è rappresentata a teatro, con la regia di Massimo Venturiello e Giuseppe Marini e l’adattamento sempre di Venturiello.
La storia che tutti conosciamo è stata riproposta in modo molto fedele rispetto al film capolavoro del 1940, scelta doverosa poiché la trama risulterà sempre fruibile e attuale allo spettatore, ora come in futuro. La novità introdotta nello spettacolo sono le musiche di Germano Mazzocchetti che lo trasformano in un musical, introducendo frizzantezza e pathos alla storia. Ogni canzone è accattivante ed emozionante e lo spettacolo è articolato in modo che ciascun gruppo di personaggi abbia il proprio main theme creando così uno scontro non solo fisico ed etico, ma anche musicale, tra i vari personaggi, come nel caso delle camicie grigie che si scontrano nel ghetto con gli ebrei.
La drammaticità è presentissima nello spettacolo e lo spettatore la percepisce profondamente: spesso ci si emoziona e si freme per il destino dei personaggi. Sono peraltro rese in maniera cruda scene che Chaplin aveva preferito rappresentare in maniera più leggera nel suo film: per esempio Anna nella rappresentazione teatrale rischia uno stupro, mentre nel film le camicie grigie si limitano a lanciarle addosso dei pomodori. Affiancata al dramma vi è la commozione, che però non sfocia mai nel patetico, particolarmente presente nei momenti in cui Anna racconta della vita felice che aveva la sua gente prima della dittatura. Il personaggio è infatti portavoce di tutta quella parte della popolazione ingenua e spensierata, che si trova vittima di una guerra della quale non sa nulla e non vorrebbe avere nulla a che fare. Anna è costretta ad affrontare questa realtà crudele e per farlo si aggrappa alle sue radici, agli ammonimenti di sua madre a «sorridere sempre».
Lo spettacolo ovviamente vive anche di molti momenti ironici e divertenti, che sono la parte vitale della storia, con una comicità lucida e acuta, che deve molto allo slapstick senza mai risultare sciocca o scontata, tipica della genialità di Chaplin. Così i dittatori Hynkel e Napoloni si riducono a delle ridicole macchiette che fanno a gara a chi si siede più in alto e si tirano il cibo mentre litigano su questioni politiche. Il modo migliore per annullare una figura malvagia ma carismatica è ridicolizzarla, in modo che essa perda il suo potere: questo Chaplin e i registi di questo spettacolo lo sanno bene.
Portare in scena quest’opera in questo momento storico è dolorosamente attuale: tante sono le analogie con i giorni nostri e il messaggio finale del barbiere-Hynkel sull’amore e la fratellanza tra i popoli non potrebbe trovare un momento migliore per essere condiviso su un palco teatrale.
Colpisce in particolare una canzone, cantata dagli artisti di regime, che si lamentano delle bruttezze e delle nefandezze della guerra e della dittatura, le quali generano solo ignoranza, mentre tutti dimenticano il senso dell’arte e del bello. Ricordare sempre che l’arte è un valore fondamentale della nostra cultura è importante e sentire questo messaggio su un palco teatrale è molto toccante e risulta anche educativo per la massiccia parte di giovani e giovanissimi che erano presenti ad assistere alla rappresentazione.
Il merito dell’ottima riuscita va sicuramente alla bravura degli attori: Lalo Cibelli (spassosissimo nel ruolo di Napoloni), Camillo Grassi, Franco Silvestri, Gigi Palla, Gennaro Cuomo, Nico di Crescenzo, Pamela Scarponi, Alessandro Aiello e alle coreografie di Daniela Schiavone. La voce cristallina di Tosca incanta ad ogni nota e commuove e Venturiello regge con naturalezza e grande credibilità il confronto con il grande Charlie Chaplin, senza perdersi in inutili imitazioni ma trovando la propria cifra stilistica. Sono fondamentali nello spettacolo le scene di Alessandro Chiti, molto semplici ma d’effetto, che attraverso un piccolo spostamento ci consentono di trovarci ora nel ghetto, ora nel quartier generale di Hynkel. Ci riportano nell’atmosfera degli anni 40 anche i costumi Sabrina Chiocchio e aiutano a emozionarci le luci Umile Vainieri
Lo spettacolo una volta apprezzato risulta essere un’altra perla in questa stagione 2015/2016 del teatro Carcano, che si sta rivelando molto entusiasmante.