Ah! …Il Teatro di strada… Questo va detto lasciando un attimo di silenzio fra il sospiro (Ah) e la frase. È in quell’attimo di vuoto che chi ha avuto la fortuna, la possibilità, la necessità, l’ardire, il dovere di fare teatro di strada vede affollarsi davanti ai propri occhi immagini, situazioni, colori ed odori che ti portano in alto. Come quando pensi ad un periodo felice della tua vita ed il tuo cuore gongola. Perché ti ricordi soprattutto le cose belle, le emozioni provate, i luoghi viste e le persone incontrate. Perché non è da tutti scendere sulla pubblica via ad affrontare un pubblico che non sta fermo, ha fretta di andare da un’altra parte ed è già stato bloccato da decine di altri come te che chiedono attenzione. Ed è davvero come dice il grande Leo Bassi nel suo decalogo, una delle più importanti avventure umane che siano rimaste agli uomini, sia sugli altri che su se stessi. Scusate l’entusiasmo ma leggere questo libro di Paolo Stratta dal titolo semplice “Il Teatro di Strada in Italia” con sottotitolo intrigante “Una piccola Tribù corsara: dalle piazze alle piste del circo”, è come tornare indietro alle letture di un certo Salgari. Di quando si voleva partire verso Mompracem ed arruolarsi con Sandokan. Che è poi, più o meno, quello che è successo a chi è partito da Torino alla ricerca di qualcos’altro che non fosse la Fiat. C’è anche nel libro, a mio avviso, la storia di questa città a partire dagli anni ’70. Ci sono i personaggi mitici come Gian Renzo Morteo, e chi ha avuto la fortuna di ascoltare le sue lezioni, non può avere dimenticato come il suo interesse verso un certo teatro di ricerca, fatto di entusiasmo e cialtroneria, un teatro povero sotto tutti gli aspetti, anche quello culturale, fosse maggiore rispetto al Teatro con la “t” maiuscola, quello di giro, delle grandi produzioni, dei nomi altisonanti ed affermati. Ed è con queste idee che si partiva chi per Parigi e chi, più modestamente per Bologna, alla ricerca del proprio clown, delle Osterie fuori porta, di Grotowski, del Dams prima che arrivasse anche a Torino.
Nel libro di Stratta, che tra l’altro è nato come tesi di Laurea proprio al Dams di Bologna, ci trovi tutto quello che dovrebbe conoscere ogni giovane teatrante che vuole provare l’ebbrezza della strada, ed è in continua evoluzione. Infatti sotto gli occhi ho la seconda edizione che è molto più voluminosa della precedente, ed immagino ne seguirà una terza perché questo tipo di Teatro non è mai fermo. Ci sono le varie scuole di pensiero, fra le tante mi piace ricordare Augusto Boal brasiliano che ha creato il Teatro dell’Oppresso ricollegandosi a Freire con la pedagogia degli Oppressi, il Living Theatre con Julian Beck, l’Odin Theatre ed Eugenio Barba, i vari festival italiani e stranieri, i consigli anche pratici per muoversi nella strada, al di là di quale tipo di azione proporrai.
Ritengo che tutti dovrebbero provare almeno una volta cosa significa andare in strada e proporre qualcosa che può essere una storia, un gioco di abilità, un pezzo cantato, suonato, o che altro. E ti rendi conto di come la frase “La strada è maestra di vita” contenga una grande verità. È lì dove davvero sei te stesso e devi fare i conti con quello che sai davvero fare in quel momento, senza fronzoli, giustificazioni o “Lei non sa chi sono io”. Insomma …. “Ah! ….. Il Teatro di strada…”