Melodramma in 4 atti di Giuseppe Verdi
Libretto di Francesco Maria Piave, tratto da Alvaro o la forza del destino di Ángel de Saavedra
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Personaggi e interpreti:
Il marchese di Calatrava: Carlo Cigni
Donna Lenora: Hui He
Don Carlo di Vargas: Dalibor Jenis
Don Alvaro: Walter Fraccaro
Preziosilla: Chiara Amarù
Padre Guardiano: Simon Lim
Fra Melitone: Gezim Myshketa
Curra: Milena Josipovic
Mastro Trabuco: Francesco Pittari
Un alcade / un chirurgo: Gianluca Lentini
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Direttore d’orchestra: Omer Meir Wellber
Regia: Pier Francesco Maestrini
Scene: Juan Guillermo Nova
Costumi: Luca Dall’Alpi
Coreografia: Renato Zanella
Primi ballerini: Alessia Gelmetti, Teresa Strisciulli, Amaya Ugarteche, Evghenj Kurtsev, Antonio Russo
Direttore del corpo di ballo: Renato Zanella
Direttore allestimenti scenici: Giuseppe de Filippi Venezia
Maestro del Coro: Vito Lombardi
Allestimento Slovene National Opera and Ballet
Orchestra, coro, corpo di ballo e tecnici dell’Arena di Verona
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L’allestimento scaligero ha reso giustizia alla grandezza e alla complessità di quest’opera – che alterna potenti scene corali, momenti di profonda introspezione e scene più triviali con balletti e scherzi – grazie alla splendida esecuzione dell’orchestra areniana, diretta dal maestro Omer Meir Wellber, che riesce a rendere la forza drammatica e la potenza della partitura anche nei momenti meno intensi, aiutato anche dalla bravura del coro e da una regia che, pur restando tradizionalista, ha saputo innovare in senso contemporaneo.
Una produzione davvero ben riuscita e, a nostro parere, imperdibile per gli amanti di Verdi, considerando anche le (purtroppo) rare occasioni di vedere questo titolo in scena. La Fondazione Arena si riscatta così dopo i recenti problemi, portando a casa un successo di pubblico e diversi scrosci di applausi a scene aperte (forse perfino fastidiosi per le troppe interruzioni).
Molto interessante e azzeccata dal punto di vista drammaturgico la scelta di suonare la sinfonia al termine del primo atto, che diventa così una sorta di preludio ai fatti tragicamente sviluppati negli atti successivi. Proprio durante la sinfonia – che in un qualche modo riassume e anticipa musicalmente il consumarsi della tragedia – il teatro si è trasformato in un cinema, con proiezioni a metà tra il fotoromanzo e il film muto che, pur senza distaccarsi dal libretto originale, hanno completato la trama, ordendo alla perfezione le suggestioni ispirate, e allo stesso tempo completate, dalla musica.
Molto interessante anche la scenografia: grazie ad un gioco sapiente di trasparenze e proiezioni video su due piani (gli elementi architettonici in primo piano e quelli naturali sullo sfondo) ha reso alla perfezione le ambientazioni molto diverse dei quadri, donando all’insieme un aspetto di iper-realismo per nulla fastidioso: una cornice perfetta per il dramma, che sviluppa in sequenza scene narrative, mistiche, triviali e di una drammaticità oscura, quasi ermetica.
Un accenno particolare alla scelta della costruzione dell’enorme portale dell’abazia dove Donna Lenora si rifugia nel secondo atto: un portone che sembra fatto di pietra e scende sulla scena come un sipario, grazie ad un gioco di incastri, come a simboleggiare lo spessore del confine che divide il mondo dal luogo sacro, ma anche, forse, la caverna platonica entro la quale la protagonista compie il suo percorso di introspezione e redenzione mai portato a termine.
Molto suggestivi anche gli interni della basilica, con un Cristo in croce che mostra tutta la forza del martirio predestinato e il coro disposto a formare un cerchio di luce, un’aurea di santità attorno alla potente voce del Padre Guardiano, interpretato magistralmente da Simon Lim.
Molto belli anche i costumi di Luca Dall’Alpi, i quali, pur senza slanci creativi e senza distaccarsi dal periodo storico, conferiscono all’insieme delle scene (soprattutto quelle con il coro) una perfetta sintonia con la scenografia, la coreografia e la regia.
Perfetta la performance del coro dell’Arena, diretto dal maestro Vito Lombardi, che ha reso al meglio gli accenti, i crescendo e i pianissimo della partitura verdiana.
La Donna Lenora di Hui He ha una voce potente, un’intonazione perfetta e una sensibilità interpretativa che ha convinto fino alla fine, mentre purtroppo non si può dire lo stesso del Don Alvaro di Walter Fraccaro, che ha esibito una voce forte e sicura, ma ha sbavato leggermente l’intonazione soprattutto nel secondo atto e non ha reso un’interpretazione del tutto aderente alla complessità del personaggio.
Chiara Amarù, pur non avendo la potenza vocale dei due colleghi, ha regalato al pubblico una Preziosilla convincente, virtuosa e quasi perfetta, fatta salva qualche piccola sbavatura nei passaggi di registro tecnicamente più difficili.
Bravo senza riserve Dalibor Jenis nel ruolo di Don Carlo di Vargas: voce potente, interpretazione convincente e sicura. Molto bravi anche Gianluca Lentini, nel doppio ruolo di mulattiere e poi rivendugliolo, e Gezim Myshketa, nel ruolo di Fra Melitone.