All’affievolirsi delle luci, a sipario aperto, entra in scena Sergio Rubini dando disposizioni ad alcuni tecnici su come devono essere disposte le scenografie. Sembra di assistere a una prova, e di una prova si tratta, dirà Rubini rivolgendosi al pubblico in sala. La messinscena traspone, infatti, sul palcoscenico, le riprese del film “Dobbiamo parlare” presentato a ottobre alla Festa del Cinema di Roma e adesso nelle sale.
Dopo questo prologo inizia l’azione, nel salotto di un appartamento signorile abitato da una coppia di intellettuali, lui, Vanni, cinquantenne scrittore di best seller vincitore di uno Strega, lei, Linda, trentenne affascinata dal suo mentore. Progressisti e impegnati, vivono controcorrente e in reciproca sintonia in una casa piena di libri, con l’unica compagnia di un pesciolino rosso in una boule.
Mentre si accingono a uscire per incontrarsi con l’editore, irrompe in casa Costanza, moglie del cardiochirurgo Alfredo. Le due coppie sono inseparabili, dividono le serate e le vacanze, tanto che per riuscire a ritagliarsi questa serata libera, i padroni di casa hanno dovuto inventare un pretesto. Costanza è un fiume in piena, ha appena scoperto il tradimento del marito contro il quale rovescia tutto il suo livore. Ecco che arriva Alfredo, e la serata si caratterizza come il momento della resa dei conti. Per tutti, sia per la coppia in crisi, sia per quella apparentemente affiatata, in un “carnage” all’italiana.
Alfredo, detto “Il Prof.” è un cardiochirurgo di fama che ha operato illustri personaggi, adulato, sposato in seconde nozze con Costanza che ha già una figlia, offre alla famiglia una vita agiata.
Antropologicamente e socialmente diverse, le due coppie, tuttavia sono simbioticamente legate, condividendo il tempo libero e le confidenze.
Questa circostanza inaspettata scatena dinamiche di rivalsa e contrapposizione facendo affiorare le motivazioni profonde e inconfessate che alimentano i rapporti reciproci: opportunismo, ostentazione, patrimoni contesi, avvocati, conti bancari, testamenti in una girandola di sotterfugi e tradimenti orientati esclusivamente a sostenere l’immagine sociale nella coppia borghese. L’altra, testimone suo malgrado dell’inaspettato redde rationem, è equilibrata e coesa ma, come in un effetto specchio, inizia ad analizzare la propria relazione e a srotolare tutto il groviglio del non detto, comprese le rinunce di Linda per favorire l’ascesa letteraria di Vanni.
Alla fine, i primi si riconciliano per mantenere ipocritamente lo status sociale, mentre i secondi dovranno prendere atto dell’insanabile frattura. Perché l’amore non basta.
Sergio Rubini, autore insieme a Carla Cavalluzzi e Diego De Silva, è regista e interprete di Vanni, misurato e credibile nel ruolo dell’intellettuale di sinistra poco esibizionista. Isabella Ragonese è brillante e dolente al contempo. Maria Pia Calzone sostiene la parte di Costanza, travolgente e totalizzante nella furia iconoclasta contro il marito, mostro sacro della chirurgia, che sbrana come una leonessa. Fabrizio Bentivoglio è bravissimo, spara battute a raffica con una voce inaspettatamente bassa e cavernosa, suscitando continue risate. Tuttavia disorienta la scelta degli autori e del regista di farlo esprimere con un’accentuata cadenza romana da bullo di periferia, non proprio rispondente ad un professionista d’alto rango.
In questo guazzabuglio, il pesce rosso esprime di tanto in tanto qualche considerazione sui comportamenti umani.