Un ricordo in bianco e nero della vita e dei pensieri di una donna riservata e tenace, arguta e ironica: Rita Levi Montalcini.
Il racconto teatrale per voce, immagini e musica ci fa incontrare una protagonista della storia del Novecento, attraverso la lettura scenica di Giulia Lazzarini, spettacolo in prima nazionale che si inserisce nel progetto “La scena alle donne”.
L’allestimento, con la regia e l’installazione scenica di Valeria Patera, si sviluppa sul testo della stessa Patera e di Andrea Grignolio che attinge alla biografia e soprattutto alle lettere inviate alla famiglia nel corso del soggiorno negli Stati Uniti.
Nell’immaginario collettivo la ricercatrice è un’icona di stile e austerità, dal carteggio con i familiari emerge, invece, uno spirito ricco di verve e di senso dell’umorismo. Dall’incontro tra un’attrice sensibile e delicata e una scienziata che ha onorato il Paese con il Nobel per gli studi sul fattore di accrescimento della fibra nervosa, si delinea un ritratto sorprendentemente amabile.
Le parole di Rita, legate da un filo emozionale non cronologico esaltato dall’interpretazione della Lazzarini, fanno affiorare aneddoti, pensieri, aforismi, riflessioni, agganci familiari, sentimenti, sensazioni, nostalgie, venature di spigliata e sagace ironia.
Cresciuta in una famiglia ebraica, pregna di affetti e di cultura, riceve un’educazione improntata ad accentuata severità, soprattutto per la visione paterna della donna dedita alla famiglia. Contravvenendo a questi modelli, studia medicina e si applica nella ricerca. Emigrata in Belgio a seguito delle leggi razziali, al ritorno a Torino impianta un laboratorio domestico in camera da letto per proseguire gli studi. Nel 1947 si trasferisce negli Stati Uniti avviando un costante epistolario con la famiglia e la sorella gemella Paola.
Giulia Lazzarini ne ha recitato ampi stralci, alternati a videoclips di ricordi domestici, opere dei pittori preferiti, immagini al microscopio filmate con l’istologo Giuseppe Levi, passaggi musicali che spaziano da Bach a Beethoven e Mozart, dei quali lei stessa descrive le architetture sonore o la grazia armoniosa.
Si tratteggia il profilo di una personalità di estremo rigore privato, animata da un’inesauribile sete di conoscenza, attanagliata da una struggente compassione verso l’umanità sofferente (rinunciò ad esercitare la professione medica non riuscendo a frapporre il necessario distacco con la sofferenza dei pazienti), dotata di spiccato umorismo, aliena dalla malinconia, proiettata in una visione positiva della vita, appassionata dell’arte e della musica.
All’amore per la ricerca ha sempre associato l’empatia per le persone e i giovani, ai quali ha rivolto frequenti moniti: “dico ai giovani: non pensate a voi stessi, pensate agli altri. Pensate al futuro che vi aspetta, pensate a quello che potete fare, e non temete niente. Non temete le difficoltà: io ne ho passate molte, e le ho attraversate senza paura, con totale indifferenza alla mia persona”, oppure “auguro ai giovani la stessa fortuna che mi ha condotto a disinteressarmi della mia persona, avendo sempre una grande attenzione nei confronti di tutto ciò che mi circonda, a tutto quanto il mondo della scienza, senza trascurare i valori della società”. Per concludere con “guardate all’umanità e buttate tutto il resto”.