Il fascino inusuale dei concerti in un luogo deputato per l’opera e il balletto con l’assetto rinnovato della platea trasformata in una sala da concerto con il palco chiuso e l’orchestra che avanza di qualche fila, il prezzo particolarmente accattivante (posto unico in vendita a 20 euro, 10 euro per i giovani) contribuscono al sold out del secondo concerto della stagione sinfonica Specchi nel tempo, la rassegna in scena al Teatro dell’Opera di Roma ideata da Giorgio Battistelli.
Dopo il successo del primo appuntanento di novembre, il secondo concerto della rassegna che ha proposto il trittico Xenakis-Beethoven-Prokof’ev: sul podio, il giovane Alejo Pérez (che dal 22 gennaio sarà impegnato ne La Cenerentola di Rossini con la regia di Emma Dante) a dirigere l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma.
Ad aprire la serata, il pianista François-Frédéric Guy, specialista del romanticismo e di Beethoven, che esordisce all’Opera nel segno del repertorio consolidato con il Concerto per pianoforte e orchestra n.3 di Beethoven e si fa notare per esaltare con tocco aggressivo del pianoforte (e verve interpretativa) la classicità di un concerto luminoso e brillante in cui trova spazio tutta la dolcezza sussurrata del Largo.
La logica del concerto, come annunciato, resta inalterata nel proporre un ponte musicale, un ideale specchio nel tempo fra passato e presente passando dal repertorio consolidato dell’Ottocento (Beethoven), alla musica contemporanea (Xenakis) fino al Novecento (di Prokof’ev).
In realtà solo dieci anni dividono Metastaseis (scritta nel 1954) di Xenakis dalla Quinta di Prokof’ev (1944), ma tra di loro sembra essersi uno spazio siderale, uno spazio parallelo a prima vista (e ascolto) quasi inspiegabile.
Metastaseis di Iannis Xenakis, compositore greco che lavora nello studio parigino di Le Corbusier, affascinato dallo studio delle proporzioni del corpo umano, traccia in poco più di sette minuti una linea immaginaria che va dall’ordine al disordine all’ordine: un piccolo big bang sonoro inaugura una serie di glissando con gli archi per dare vita a una composizione quasi matematica che si chiuderà in un nuovo, avanzato ordine ipnotico. Chiusura della serata affidata alla Quinta Sinfonia di Prokoviev: scritta per celebrare l’uscita dalla Seconda Guerra Mondiale della Russia, appartiene al periodo più luminoso della carriera del compositore russo: Pérez ne esalta l’energia e pieno ottimismo, l’enfasi gioiosa fra i toni quasi assordanti fra cui spicca la vivacità dell’Allegro Marcato che esplode in una fanfara ca enfatizzata dall’Orchestra.
È proprio questo il fascino della rassegna che mette praticamente in linea, l’una dopo l’alta, tre composizioni che mostrano come la musica si specchi in sé stessa con l’intenzione di educare il pubblico all’ascolto e possibilmente di acquisirne di nuovo.
“Ciascun concerto è basato sulla sequenza di una trasmissione del sapere musicale da un’epoca all’altra e fra una generazione e l’altra, dall’Ottocento al Novecento e di qui al tempo presente – aveva spiegato Giorgio Battistelli sulle intenzioni della rassegna sinfonica – I concerti intendono seguire una traiettoria che vuole mettere in comunicazione fra loro mondi musicali diversi per epoca e per linguaggi, per comporre il disegno del cammino nel quale, tra continuità e discontinuità, la ricerca musicale si è svolta nell’arco di due secoli”
Essenziale, ma completa, la presentazione di introduzione al concerto a cura del filosofo e musicologo Stefano Catucci.
Prossimo appuntamento, domenica 31 gennaio 2016: musiche di Franco Donatoni, Ludwig van Beethoven e Jean Sibelius, sul podio, Tito Ceccherini, al pianoforte Sunwook Kim.