Opéra-comique in quattro atti
Musica di Georges Bizet
Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
Personaggi e interpreti:
Don José: Demos Flemotomos
Escamillo: Charles Rice/Martin Achrainer (20.02)
Remendado: Thomas Tischler
Dancaïro: Grga Peroš
Zuniga: Martin Summer
Moralès: Nikos Kotenidis
Carmen: Eve-Maud Hubeaux
Micaëla: Mari Moriya (13.02)/Elsa Benoit
Frasquita: Ivana Zdravkova
Mercédès: Christiane Döcker
Lillas Pastia: Michael Schober
Pastore: John Patrick Platzer
Danzatori: Laura Homar, Claudia Petschenig, Nadine Rotter, Daniel Kopp, Zör Lung Li
Maestro concertatore e direttore: Lorenzo Viotti/Günter Wallner (13/20.02)
Regia: Cesare Lievi
Scene: Josef Frommwieser
Costumi: Marina Luxardo
Luci: Cesare Agoni
Coreografie: Conchita Navarro Y Font
Drammaturgia: Rebecca Graitl
Kärntner Sinfonieorchester
Chor und Extrachor des Stadttheaters Klagenfurt
Maestro del coro: Günter Wallner
Kinder der Singschule Carinthia
Maestri del coro: Apostolos Kallos, Krassimir Tassev
Statisterie des Stadttheaters Klagenfurt
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Vado a Klagenfurt per il giovane Lorenzo Viotti che dirige Carmen, ma la sfortuna mi perseguita. Come a Vienna non potei ascoltare la prevista Anja Harteros nel Rosenkavalier del 19 dicembre 2015, così il 13 febbraio 2016 Günter Wallner ha sostituito Viotti. La versione proposta è quella con i dialoghi parlati, scelta interessante se almeno si fossero sentiti. Sarà per il posto laterale assegnatomi in seconda fila di balconata che m’impediva la visuale d’un quarto di scena, per la dizione, per un lacunoso studio della pronuncia o per il volume basso d’emissione, sta di fatto che ardua è stata la comprensione del recitato.
Cesare Lievi, regista che si destreggia tra prosa e lirica, dissemina simbolismi. Se superflue mi paiono le danze nel primo entr’acte e nella bisca di Pastia su coreografie di Conchita Navarro Y Font, più consona mi sembra una Carmen che al posto delle nacchere si accompagna con un piatto rotto, le due metà d’un amore incerto e tragico. La Carmen di Lievi infatti non è la classica sigaraia che alla fine cerca in tutti i modi di sottrarsi a Don Josè, ma donna sensuale e conscia della sua carica autodistruttiva che si consegna rassegnata all’aguzzino, morendo col sorriso sulle labbra. Originale la sfilata delle marionette durante l’ingresso nell’arena nel quarto atto, accenno plausibile ad antichi rituali tauromachici. Forzato è l’impianto scenico di Josef Frommwieser che ambienta l’opera all’interno d’un’unica stanza, trasformata tramite pareti scorrevoli in commissariato, piazza, bisca e dirupo montuoso, sempre tra tre mura con tavoli e sedie rovesciate – allusione al sovvertimento del potere compiuto dal fascino di Carmen? Surreale il finale in cui Don José urla Vous pouvez m’arrêter senza le guardie in scena, ma con Micaëla che scopre il misfatto. I costumi di Marina Luxardo sono vari e curati, alcuni di bel raso traslucido.
Günter Wallner dirige la Kärntner Sinfonieorchester e lo fa rivestendo l’opera d’un forte accento teutonico. Manca infatti la leggerezza di Bizet, mentre abbondano scelte agogiche e timbriche che colorano la matrice musicale francese di tinte wagneriane – si sentano ad esempio il finale primo e i corni nel secondo entr’acte.
Nelle vesti di Carmen Eve-Maud Hubeaux. Le manca quel bel timbro brunito che fa di certe frasi puro erotismo perché il registro grave non è poi così pieno, mentre si ritrova a suo agio nell’acuto. Rimane comunque attrice credibile che ben ha inteso le indicazione del regista sul personaggio. Mari Moriya, Micaëla sostituta di Elsa Benoit alla recita del 13 febbraio, possiede un’ottima tecnica che le permette di padroneggiare piani e acuti sicuri, vista anche l’apprezzabile estensione, ma sporadicamente cade in intonazione e dizione. Demos Flemotomos risolve il ruolo di Don José con un canto poco vissuto, monocorde. La voce rivela tracce di gola, falsetto in Doux souvenirs de pays e spinta in acuto nel Carmen, je t’aime! de La fleur. Debole l’Escamillo di Charles Rice che sebbene possieda il physique du rôle, dovrebbe migliorare nel fraseggio. Tra i comprimari si distinguono la Frasquita di Ivana Zdravkova, soprano dall’acuto facile e dal canto sapiente, e la Mercédès di Christiane Döcker. Entrambe si rivelano ben affiatate con Thomas Tischler e Grga Peroš, rispettivamente Remendado e Dancaïro d’ottimo livello, come dimostra il quintetto del secondo atto. Completano il cast Martin Summer, Zuniga, e Nikos Kotenidis, Moralès. Nei ruoli parlati Michael Schober, Lillas Pastia, e John Patrick Platzer, pastore.
Il Chor und Extrachor des Stadttheaters Klagenfurt, preparato dallo stesso Wallner, viene coperto sovente dall’orchestra a causa dei volumi scelti dal direttore, dimostra disomogeneità tra i registri e difetti di pronuncia. Lo stesso dicasi delle voci bianche della Singschule Carinthia.
Applausi calorosi per tutti al termine della recita.