Mercoledì 17 febbraio al Politeama Rossetti è andata in scena una delle commedie più significative e sagaci di Carlo Goldoni: I Rusteghi. Il capolavoro viene rappresentato dalla compagnia del Teatro Stabile del Veneto con la regia di Giuseppe Emiliani. L’allestimento è ospite fino domenica 21 febbraio della stagione Prosa del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Come sempre con Goldoni si intrecciano riflessione e divertimento, risate e ragionamenti. I Rusteghi sono l’involuzione del buon borghese, la versione “selvatica” dell’uomo, l’autore scrisse la commedia nel 1760 ma la grandezza del suo narrare l’ha resa eterna in quanto sempre estremamente attuale. Il continuo litigare tra uomo e donna, l’affermazione della forza a discapito del gentil sesso e il poter credere di gestire le vite degli altri sono tematiche che Goldoni ha messo in scena molte volte ma in questa commedia ne fa l’apoteosi. Alessandro Albertin interpreta Canciano, Alberto Fasoli è Maurizio, Piergiorgio Fasolo recita il mercante Simon, Stefania Felicioli è Felice la moglie di Canciano, Cecilia La Monaca interpreta Margarita seconda moglie di Lunardo, Michele Maccagno è il conte Riccardo, Maria Grazia Mandruzzato è Marina la moglie di Simon, Margherita Mannino è la giovane Lucietta figliuola di Lunardo, Giancarlo Previati interpreta il duro Lunardo, Francesco Wolf è Felippetto figliuolo di Maurizio. Gli attori sono bravi e convincenti, non perdono mai il ritmo del tempo drammaturgico, rendono al meglio quelle “maschere di figure umane” di cui Goldoni era maestro. I protagonisti maschili sono la rappresentazione di quattro modi diversi di essere “rusteghi”, quello che li differenzia è il contesto familiare in cui si trovano a rappresentare la propria autorità. Anche la scelta cromatica degli abiti è studiata alla perfezione tutti e quattro vestono di scuro con qualche differenza ma il “tetro” è dentro e fuori di loro. Figura differente e colorata, nella personalità e nell’abbigliamento, è il conte Riccardo, un forestiero invitato dalla Siora Felice a passare il tempo del carnevale a Venezia. Una classica figura di cicisbeo che rallegra le signore con il proprio brio. Le donne invece sono, al contrario dei protagonisti maschili, molto diverse caratterialmente tra loro. Mentre i quattro rusteghi si potrebbero definire quattro sfaccettature di una stessa pietra, le donne sono complesse ed estremamente differenti nell’approccio alla tanto ostentata autorità maschile. Margherita è succube del marito ed insieme alla figliastra Lucietta è completamente soggiogata alla sua volontà, Marina è più spavalda nella sua opposizione al consorte ma non arriva alla forza di Siora Felice che non si lascia sottomettere da nessuna delle figure maschili. E’ proprio Felice che risolve l’intrigo e scioglie i nodi della commedia, ed è con le sue battute che rivela al pubblico l’inutilità della tirannide il cui atteggiamento rivela solo un fantoccio insignificante e non una vera forza.
«Il gioco mutevole dei personaggi e tra i personaggi è affidato soprattutto al linguaggio, alla grande energia verbale» commenta il regista Giuseppe Emiliani. «Non c’è nei Rusteghi una sola battuta sbagliata. Famosa è “la renga” finale di Siora Felice, quasi portavoce dell’autore: bella, elegante, più ricca delle altre donne per retaggio famigliare, sa parlare con proprietà ed è abile a dominare il marito e i suoi temibili compari. La sua forza sta nel possesso pieno dello strumento della retorica.»
La regia è di Giuseppe Emiliani, la scenografia è una creazione di Federico Cautero, Stefano Nicolao firma i costumi, il disegno luci è di Enrico Berardi, mentre le musiche sono composte da Massimiliano Forza, con gli arrangiamenti di Fabio Valdemarin.
Particolarmente apprezzato l’allestimento tradizionale e la scenografia mobile che regala allo spettatore attimi di sublime in cui sembra di essere al cospetto dei quadri di Vermeer.