Sipario aperto: una donna completamente nuda sul palco appollaiata su un alto sgabello nero con un microfono in mano sul quale biascica qualcosa di incomprensibile, gli occhi pesantemente truccati di nero, i capelli raccolti e un rossetto rosso fiammante sulle labbra.
Questa è la scena che si presenta agli spettatori bolognesi una volta entrati in sala al Teatro Duse. Lo spettacolo/performance in questione è “La merda”, testo provocatorio di Cristian Ceresoli interpretato da una straordinaria Silvia Gallerano. Prodotto da Frida Kahlo Productions con Richard Jordan Productions e Produzioni Fuorivia, la performance ha sbancato i più importanti botteghini europei e non solo (Londra, Berlino, Roma, Adelaide, Firenze, Vilnius, Edimburgo, Milano, Sao Paulo e Madrid), cogliendo larghi consensi dalla critica vincendo il Fringe First Award for Writing Excellence per la scrittura a Cristian Ceresoli, il The Stage Award for Acting Excellence per l’interpretazione a Silvia Gallerano e l’Arches Brick Award for Emerging Art registrando il tutto esaurito sia nel 2012 che nel ritorno al festival del 2013, oltre a ben quattro anni di permanenza nel West End di Londra.
Il testo viene definito dallo stesso regista e autore “brutale, disturbante e umano” e racconta per frammenti la storia di una ragazza timida e insicura disposta a tutto pur di realizzare il suo sogno. Fra le righe si legge una forte critica alla società di massa che standardizza interessi, passioni, ambizioni e perfino modi di vivere in un’epoca in cui “se non vai in tv non sei nessuno”.
Silvia Gallerano è un interprete carismatica e dalle mille coloriture timbriche, espressive e interpretative che riesce ora ad emozionare, ora a far sorridere anche grazie alla perfezione degli effetti audio.
Pur essendo un monologo lo spettatore non ha un attimo per distrarsi, perché le parole della donna conquistano e coinvolgono in un girone che culmina nel finale così inaspettato ma per certi versi necessario perché ci sia una rinascita, in primis dell’anima.
Una performance provocatoria quindi, ma anche necessaria per una riflessione che non si fermi alla superficiale “chiacchiera” da dopo teatro ma che trasformi il punto di vista dello spettatore nel vedere ed esperire le cose nella vita reale.